Le indicazioni nazionali: un’interpretazione “autentica”
Grazia Perrone - 01-04-2003
Il titolo che ho scelto non è affatto una metafora iperbolica ma corrisponde esattamente a quanto riportato dal mensile Tuttoscuola (n. 430 – marzo 2003) il quale – a proposito dei contenuti dei futuri programmi di insegnamento nella scuola riformata – fornisce l’interpretazione di colui che – a torto o a ragione – viene indicato come l’ispiratore del processo riformatore in corso. Ovvero del prof. Giuseppe Bertagna.
In questa nota l’autore dopo aver premesso che le “contese” dialettiche (érides) tra soggetti sociali si possono ricondurre a due “tipologie” sociologiche di cui

· una si manifesta in forma di invidia ostile e negativa basata sulla phthònos nella quale ogni mezzo è lecito dal momento che ogni soggetto “in campo” (…)”cerca la vittoria, svilendo l’avversario, inventando ogni sorta di imputazione contro di lui, a prescindere dal merito delle cose che propone (…)”

· l’altra, invece, ha una valenza positiva basata sempre sull’invidia (questa volta emulativa) nella quale si guarda all’altro soggetto non per screditarlo e/o distruggerlo ma per essere e fare meglio di lui nel (…)”comprendere la natura delle cose in discussione e per trovare soluzioni migliori agli stessi problemi che ambedue gli interlocutori riconoscono (…)”;

prosegue la sua analisi dialettica rilevando come la riformulazione del titolo V, parte seconda, della Costituzione abbia profondamente mutato l’assetto istituzionale delle competenze amministrative fra i diversi livelli di governo locale con ricadute significative sul piano degli assetti organizzativi delle amministrazioni statali, regionali, provinciali e comunali.

Partendo da queste premesse il prof. Bertagna indica le direttrici strutturali lungo le quali si articolerà la riforma “targata” Moratti nel rispetto del (riformato) principio costituzionale di sussidiarietà - in tema di iscrizioni anticipate alla scuola dell’infanzia e primaria – e di partecipazione protagonistica della famiglia sia al processo educativo che a quello di programmazione dell’attività didattica della scuola e che potrei riassumere nella “realizzazione/coniugazione” dei seguenti principi giuridici costituzionali:


· sussidiarietà verticale e orizzontale (art. 118 Costituzione);

· equità (art. 118, c. 1; art. 117, c. 2);

· solidarietà (art. 119);

· responsabilità (artt. 2 e 118).


Limitatamente al primo principio (sussidiarietà) riporto integralmente e senza commento il passo formulato nella nota in oggetto con la speranza di suscitare un dibattito sereno e non ideologizzato.


Le indicazioni e il principio di sussidiarietà

di Giuseppe Bertagna



(…)”Le Indicazioni nazionali presuppongono che l’ente più lontano dall’alunno (lo Stato) non deve e non può fare ciò che solo l’ente che gli è più vicino può e deve fare. Nel caso specifico, se il centro avesse definito gli standard di prestazione degli allievi non avrebbe potuto farlo in maniera astratta, appunto media, senza tener conto delle capacità potenziali e delle competenze reali di ogni singolo allievo, della storia personale di ciascuno e del contesto sociale e ambientale in cui si sviluppa. A questo punto, ogni richiamo alla “personalizzazione”, a dire il vero molto insistito nella riforma Moratti, sarebbe stato mistificante e giaculatorio. Per questo le Indicazioni, dopo aver precisato il compito e la natura degli obiettivi specifici di apprendimento, scrivono che il ‘cuore’ del processo educativo si ritrova nel compito delle istituzioni scolastiche e dei docenti di individuare gli obiettivi formativi adatti e significativi per i singoli allievi che si affidano al loro peculiare servizio educativo, compresi quelli in situazione di handicap, e di prospettare le Unità di Apprendimento (U.A.) necessarie a raggiungerli e a trasformarli, così, in reali competenze di ciascuno.


Traduzione: le Indicazioni nazionali dettano gli “obiettivi specifici di apprendimento” riferiti alle competenze da promuovere negli allievi italiani; è compito dei docenti che hanno in carico i singoli allievi, e quindi che sono loro vicini, tuttavia, considerare gli obiettivi specifici di apprendimento prescritti nelle Indicazioni come materiali e come bussola per formulare gli obiettivi formativi; tuttavia, poiché il proseguimento degli obiettivi formativi deve essere verificato alla fine delle Unità di Apprendimento, la cui somma va a costituire i Piani di Studio Personalizzati, gli obiettivi formativi stessi devono per forza essere accompagnati anche dalla precisa definizione degli standard di prestazione attesi dagli allievi che si hanno concretamente dinanzi.

Che poi tali standard di prestazione siano formulati dai docenti a priori, ovvero prima dello svolgimento concreto delle U.A. (secondo le vecchie abitudini comportamentistiche della cosiddetta programmazione curricolare che abbiamo ereditato), o piuttosto in maniera fenomenologica, assestandoli riflessivamente, in un continuo interscambio tra a priori e a posteriori, tra progetto ed esperienza, tra intenzionalità del docente (insegnamento) e dello studente (apprendimento), nel corso dello svolgimento stesso dell’U.A. (come, invece, sembrerebbe suggerire l’insieme delle Raccomandazioni ministeriali per l’attuazione delle Indicazioni) è questione giustamente, a mio avviso, rimessa alla libertà di insegnamento e all’autonomia professionale del corpo docente; in ogni caso, è questione meno importante della circostanza di dover comunque prevedere gli standard di prestazione in qualsiasi U.A.

Viceversa, infatti, in base a che cosa gli insegnanti potrebbero valutare e, a partire dalla scuola secondaria di I grado, esercitare le gravi responsabilità loro riconosciute dalla legge delega (art. 3, c. 1, punto a), discrezionalmente alla fine di ogni anno (decidere se ‘promuovere’ o ‘bocciare’ un allievo) e obbligatoriamente alla fine dei bienni (disporre la ripetenza del secondo anno del biennio quando si constatasse che l’allievo presenta più di una insufficienza nello stesso settore educativo e didattico già sanzionato l’anno precedente)? (…)”



NOTA: L’ampio stralcio riportato in questa nota è tratto da un lungo articolo – firmato dal prof. Giuseppe Bertagna – pubblicato sul n. 430 del mensile Tuttoscuola (pagg. 26/33).


interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 Osvaldo Roman    - 04-04-2003
La chiarissima spiegazione non spiega proprio nulla se non il fatto che :

Le Indicazioni nazionali sono un pezzo di carta, redatto da estensori anonimi, privo di qualsiasi valore giuridico fuori dal contesto della sperimentazione in atto che le assume come quadro di riferimento.
2) Le Raccomandazioni non sono assunte neppure come quadro di riferimento e pertanto praticamente non esistono.
Le scuole devono attendere i decreti delegati della legge delega.
4) Le indicazioni programmatiche rispettose dell'autonomia scolastica e della libertà di insegnamento ,in base all'articolo 7 della stessa legge delega, potranno essere formulate solo dopo l'emanazione dei decreti delegati.
Quindi come dire:" calma e gesso". Le scuole vi osservano!

 ilaria ricciotti    - 17-04-2003
Il comento di Osvaldo Oman a questo articolo mi vede in perfetta sintonia con quanto lui esplicita. Se noi non condividiamo questa riforma non è perchè siamo "invidiosi" che sia stata partorita dal polo delle libertà, ma perchè ci teniamo troppo ai ragazzi. a tutti i ragazzi, ricchi e poveri, ed alla scuola che si sta cucinando per loro e non vogliamo che questo nuovo cibo si incolli talmente tanto nella pentola, da non poter più essere utilizzata,neanche se useremo i migliori detersivi per ripulirla.