La Dad si configura come un metodo di insegnamento. Al momento, tale metodo è imposto dall'emergenza, ma va spiegato, al ministro, che il metodo non è lo strofinaccio steso sul recipiente in cui cresce l'impasto. Il metodo è il lievito dei contenuti; ne condiziona la selezione, la presentazione, la ricezione; ne regola l'intensità della partecipazione, la profondità della rielaborazione; ne misura e rivela il grado di torsione ideologica, legittimamente impressa dai docenti.A sua volta, poi, i lieviti sortiscono diversi effetti, a seconda dell'umidità dell'ambiente, della quantità e qualità degli altri ingredienti, della purezza dell'acqua...
Non spetta e non può spettare al ministro scegliere il metodo!
Il ministro deve gestire il sistema, assumere le responsabilità costituzionali e garantire le condizioni materiali per fare Scuola in libertà. Il ministro non deve entrare nelle aule e sostituirsi ai docenti assumendo che esista un unico metodo operativamente valido per tutte e tutti, e imponendolo ope legis, nella convinzione (illusoria e proterva) di ottenere un incremento delle "competenze" degli studenti.
È il momento di tirare fuori i matterelli dell'orgoglio professionale.
La valutazione uniformemente e unilateralmente positiva dell'esperienza della Dad, e la previsione di un massivo e coatto ricorso ad essa nei prossimi anni è un'invasione intollerabile del nostro campo. Più saremo gelosi della nostra autonomia e meno saremo vittime delle estreme conseguenze di quella introdotta dalla legge Bassanini.