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olindo - 13-03-2016 |
E' incredibile, i dirigenti che percepiscono il doppio di un insegnante, con 25 anni di esperienza, si immaginano vittime della riforma. L'esperienza e la professionalità degli insegnanti fanno vivere alla scuola qualità e crescita culturale. I dirigenti non avendo contatti con gli alunni hanno dimenticato la durezza dell'insegnamento, mal pagato e senza protezione. Sappiamo tutti che qualsiasi problema in classe coinvolge il docente, i genitori si rivolgono a loro, per chiedere informazioni, che a volte non condividono, convinti che i propri figlioli o figliole siano mal valutati e poco valorizzati. I dirigenti dovrebbero protestare assieme all'intero corpo insegnate e ATA, cercando di pensare una scuola per tutti e rispettosa delle diversità. |
scritti politici - 18-03-2016 |
La mobilitazione dei DS ricorda (ci sono delle analogie, fatte le ovvie debite distinzioni) la marcia dei quarantamila quadri della Fiat nel 1980. La realtà non presenta tutte la lungimiranza espressa in alcuni commenti, anzi. Si vede che siamo stati sfortunati o che tra molti DS le 'vocazioni' scarseggiano. Certo, la parificazione alla dirigenza pubblica è un bell'obiettivo in termini stipendiali e di riconoscimento ulteriore e non si fa certo male a pensare che la sostanziale acquiescenza durante la discussione e votazione della 2994 fosse non solo interessata, ma tattica. Così si prospetterebbe un bel filotto: padroni del campo e con stipendio dirigenziale. Ovviamente, è del tutto secondario che il senso primario della scuola stia soprattutto nel lavoro e nella presenza dei docenti, ai quali possiamo concedere pure qualche misero euro di aumento e la riffa dei bonus, la riduzione della libertà d'insegnamento, il dileggio quotidiano, l'appellativo di contrastivi e chi più ne ha più ne metta. Insomma, cari dirigenti, le intenzioni saranno buone, chissà, ma la richiesta di appoggio da parte dei docenti e degli altri lavoratori della scuola appare oltremodo tardiva e insincera. E poi, guardiamo la realtà: ne avete così tanto di appoggio (ancorché espresso in forme passive) nella quotidianità scolastica. Le divisioni non vi mancano. |
Lucio Garofalo - 21-03-2016 |
Nella mia carriera professionale mi sono imbattuto soprattutto in due tipologie di dirigenti. La prima categoria, forse la più diffusa nel mondo della scuola, è quella del preside “hitleriano”, o dispotico, che tratta l’istituzione in modo autocratico e verticistico, scambiando l’autonomia scolastica per una tirannide individuale e stimando i rapporti interpersonali in termini di supremazia e subordinazione. Questa figura di preside non ama affatto le norme e le procedure democratiche, scavalca gli organi collegiali ed assume ogni decisione in maniera arbitraria e discrezionale senza consultare quasi mai nessuno. Costui si pone sempre in modo arrogante, protervo ed autoritario, dimostra (intenzionalmente, oppure istintivamente) un cipiglio severo e spietato per intimorire e mettere in soggezione gli altri. Abusa spesso dei propri poteri e tende a commettere facilmente angherie e soprusi verso i sottoposti, trattati alla stregua di sudditi privi di ogni diritto ed ogni libertà, con i quali si comporta in modo inclemente. La seconda tipologia, probabilmente la più pericolosa, è quella del dirigente affarista e demagogo, che spesso si confonde e si sovrappone, o coincide, con il tipo assolutista. Tale soggetto concepisce anzitutto la scuola come una sorta di proprietà privata, la sfrutta per scopi di lucro e prestigio personale, per cui la gestisce in modo da trasformarla nel più breve tempo possibile in un vero e proprio progettificio scolastico. In tal senso si adopera per reperire ogni finanziamento economico aggiuntivo messo a disposizione delle scuole, da cui attinge elargendo i fondi senza un giusto criterio, applicando logiche clientelari e paternalistiche per premiare di solito una cerchia oligarchica che è composta dallo "staff dirigenziale". Da un simile assetto politico-gestionale scaturisce un carrozzone progettuale ed assistenzialistico carico di una pletora abnorme di iniziative didattiche a dir poco eccedenti, che non hanno alcuna ricaduta o incidenza positiva sulla formazione educativa e culturale degli studenti. Una simile sovrabbondanza di sovvenzioni e di contributi finanziari, in realtà serve a beneficiare una minoranza assai ristretta che supporta il dirigente. Ma esiste un’altra tipologia, quella del preside umano, con pregi e difetti. È indubbiamente un esemplare assai raro, ma è l’unico che ispiri la mia simpatia, la mia stima ed approvazione più sincera. Infine, qualcuno mi risponda sul potere di nomina diretta dei docenti a totale discrezione ed arbitrio dei dirigenti scolastici. Come previsto nel disegno di legge varato dal governo in materia di scuola. Non mi sembra sia il miglior antidoto contro le pratiche clientelari, già diffuse nel mondo della scuola. È ovvio che un simile fenomeno si potrà acuire. In sostanza, la legge 107/2015 ha sterzato bruscamente in una direzione aziendalista e neoliberista, stravolgendo l'architettura istituzionale della "autonomia scolastica". Una grottesca, inquietante caricatura di sceriffo (o una sottospecie burocratica di "manager privato") detiene il potere di assegnare, tramite meccanismi di nomina diretta, la sede e la cattedra di insegnamento in base a criteri arbitrari e discrezionali, oltre a decidere addirittura cosa e come insegnare. In altri termini, la tanto bistrattata "libertà didattica" è destinata a farsi benedire in maniera definitiva. |