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Non tutti gli alunni sono uguali. Valorizziamo gli studenti più bravi"
Così il titolo di un articolo di R. Abravanel sul Corriere della Sera.
Qualche riflessione.
Non tutti gli alunni sono uguali afferma la prima parte del titolo. E questa sarebbe una notizia, o piuttosto un'affermazione polemica nei confronti di chi (chi?) ha bisogno di sentirsi sparare sul muso una verità che lo stesso Abravanel riconosce universalmente riconosciuta in quanto "Tutti i sistemi educativi del mondo riconoscono che gli studenti non sono tutti eguali, nel senso che hanno diverse attitudini e capacità..."? Tutto il mondo dunque riconosce le diversità e allora chi non le riconoscerebbe? C'è qualcuno che non fa parte del "mondo"? Forse i comunisti, gli egualitaristi, i sessantottini trinaricuti? Ma se proprio essi combattono contro le disuguaglianze, le differenziazioni le discriminazioni ciò vuol dire che gli alunni non sono tutti uguali nemmeno per loro. Gli egualitaristi infatti non dicono che gli alunni sono tutti uguali come persone o come capacità ("Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni" - Marx) dicono solo che l'eguaglianza giuridica (Costituzione) deve sostanziarsi nell'eguaglianza delle opportunità e delle possibilità da fornire, queste sì, in forma e sostanza uguale per tutti indistintamente, affinché ciascuno possa godere di una piena cittadinanza.
Quindi che bisogno c'era di titolare "Non tutti gli alunni sono uguali"? Forse la risposta è nel fatto che per Abravanel ci sono alcuni alunni che sono "più uguali" degli altri e ai quali va il suo cuore e il suo pensiero. Che le cose stiano così è confermato dalla seconda parte del titolo "Valorizziamo gli studenti più bravi" (affermazione apodittica).
Dunque la prima parte del titolo, non rivolta a nessuno, perché tutti si è d'accordo, è un abbaiare alla luna, è un'ovvietà, è come dire che l'acqua calda è calda, talmente è scontata, tautologica. La prima parte del titolo, in verità, serve solo come pre-testo universale a supporto di una verità questa sì ideologica e assolutamente parziale (gli studenti più bravi sono solo parte dell'universo gruppo-classe).
Che Abravanel non abbia presenti i bisogni, le capacità, i diritti di tutti e di ciascuno, ce ne eravamo accorti non da oggi. Che la sua "meritocrazia" sia la negazione e il capovolgimento totale della lettera e dello spirito della Costituzione, anche di questo ci eravamo accorti.
La scuola deve pensare a tutti gli alunni "ugualmente", "indistintamente", deve cogliere e premiare gli sforzi e il lavoro di tutti per migliorarsi, ciascuno muovendo dalle proprie condizioni di partenza, che non possono essere causa di esclusione, separazione, ghettizzazione per alcuni e causa di riconoscimenti, premi, pre-destinazioni fortunate per altri.
Tutto il resto della trattazione è solo con-fusione dei concetti di "differenziazione" e di "flessibilità" da Abravanel usati come sinonimi riferiti a oggetti diversi tra loro come gli indirizzi di studio, l'organizzazione scolastica, le modalità dell'azione didattica.
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