breve di cronaca
Devianza minorile: giustizia a scuola
La Stampa - 25-09-2001
Il caso Sora: professori in trincea
Giustizia a scuola

di Tilde Giani Gallino

Accade oggi a Sora (Frosinone), ma potrebbe accadere in qualsiasi altra città del paese, che un ragazzo implicato in un omicidio, reclami, tramite il suo legale ed il proprio padre, il diritto di riprendere gli studi. Il ragazzo in questione, Giuseppe, faceva parte del gruppo di minorenni che a maggio ha ucciso a colpi di pietra una signora novantenne per rubarle i risparmi. Trascorsi quattro mesi in una comunità di recupero il ragazzo, che ha 15 anni e che al momento dell'omicidio aveva il ruolo di «palo», è tornato infatti in libertà, con l'obbligo di frequentare la scuola, come prevede la legge.

Sul fronte opposto vi è una intera scuola (preside, professori, 700 studenti e i loro familiari). Preside e professori appaiono per parte loro non del tutto contrari ma, giustamente, perplessi di fronte alla richiesta e chiedono che sia dato loro il tempo di preparare gli studenti e le famiglie. Aggiungono, i professori, che Giuseppe è già stato bocciato, che alla sua età dovrà frequentare ancora la seconda media, e quindi si troverà in una classe con ragazzini di dodici o tredici anni, che si tratta di un ragazzo violento, incontrollabile, dedito a furti. E probabilmente si domandano anche se debba essere davvero e solo la scuola a risolvere tutti i problemi della devianza minorile.

Non crediamo che si tratti di un fenomeno di poco conto. Da tempo ormai, i professori non si confrontano più soltanto con il compito di insegnare ai giovani un insieme di discipline, di terminare l'opera di educarli e di farne dei buoni cittadini, di comune accordo con le loro famiglie. Gli insegnanti lamentano spesso di dover insegnare, non a tutti, ma certo a molti ragazzi, i rudimenti dell'educazione e di un comportamento civile, che un tempo veniva appreso precocemente in famiglia. Sono ad esempio sempre più comuni fenomeni come quello del bullismo scolastico, che vede come protagonisti ragazzi più grandi che scelgono oculatamente le loro vittime, destinate a ricevere minacce, e subire aggressioni fisiche, anche gravi.

Simili episodi si vanno diffondendo sia in rapporto alla quantità, sia in rapporto all'età sempre più bassa degli aguzzini e delle vittime. E non è rara neppure la sopraffazione o la violenza di tipo sessuale. Per contro, è anche vero che gli Istituti cosiddetti correzionali per minorenni raramente sono serviti a correggere e tantomeno ad educare qualcuno.

Giusto quindi, evitare di tenere i giovani minorenni in carcere, e dare loro la possibilità di un reinserimento. La domanda è piuttosto: quali sono le strutture più adatte per recuperarli? Può esserlo la scuola, come sembrano pensare i Tribunali per i minorenni? O dobbiamo piuttosto fare - tutti insieme - uno sforzo di fantasia, e inventare (e sovvenzionare) istituzioni più adatte ai tempi, dove anche chi ha commesso un reato trovi un ambiente favorevole e le motivazioni convenienti per il proprio recupero?

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