Diritti e rovesci su trame instabili
Francesco di Lorenzo - 11-07-2015
È indubbio che ci sia qualche cosa da chiarire, anche tra chi si oppone giustamente alla Buonascuola. In giro c'è un po' di nebbia e confusione, come minimo. E in tutto ciò emerge addirittura chi si diverte a confondere le idee facendo il gioco sporco. Infatti, su un giornale online si chiede esplicitamente di togliere dal decreto legge sulla scuola il riferimento alla teoria del gender (così chiamata e più che mai alla ribalta), perché in contrasto con i valori della famiglia e perché, secondo i sostenitori, non avrebbe nessun legame con la scuola. Come dire che una delle poche cose buone della riforma viene strumentalizzata o tendenzialmente mandata al macero, col risultato di rendere ancor più torbide le acque. In che modo? Chiamando fascisti quelli che sono d'accordo e che l'appoggiano. La qual cosa è veramente il massimo. Ora, che Renzi stia vendendo aria fritta è sotto gli occhi di tutti. Ma che si mistifichino le cose, alzando polveroni inutili, è da criminali e non giova praticamente a nessuno. È sacrosanto, invece, in questa opposizione indistinta e quasi unanime alla riforma, che salti fuori il bisogno di differenziarsi contemporaneamente da Salvini e da Meloni, perché questi due non possono avere la stessa idea di scuola di tanti di noi. Insomma, se portiamo acqua al mulino dell'ambiguità, non facciamo un buon servizio a nessuno e confondere chi la scuola di tutti l'ha sempre avversata, fingendo che adesso stiamo tutti dalla stessa parte, nasconde qualcosa che non va. Urgono, invece, sono necessarie, altre forme di opposizione, magari più creative, magari meno semplici. E urge ricordare che sono almeno 15 anni che la scuola per pochi - tra merito e valutazione, tra quiz e Bes - miete comodamente le sue vittime, guarda caso sempre le stesse.

E subito arriva la conferma. Sono usciti i risultati delle amate prove Invalsi. I titoli, che fanno sempre effetto e che si potevano anche leggere una ventina di anni fa, dicono che ci sono due Italie, che la scuola del sud è più arretrata di quella del nord, certo con le dovute differenze e varie altre amenità. Domanda: se queste cose le sappiamo da tantissimo tempo, invece di propinare i quiz che ci danno sempre la stessa risposta, non sarebbe più utile escogitare qualche sistema per cercare una soluzione? Misurare la febbre cento volte e dimenticare di dare la medicina? I vari sottosegretari meridionali e di sinistra, hanno qualcosa da dire? Oppure aspettano ogni anno i risultati dei quiz Invalsi e poi invocano qualche santo che faccia il miracolo? Ecco, il miracolo. Probabilmente dovranno essere miscredenti e sfigati, perché nessun santo li ascolta.

Su Internazionale la notizia che in Cina, precisamente a Xinxian, ottocento ragazzi della scuola media locale hanno sostenuto gli esami finali all'aperto. Cioè fuori dalle consuete aule.
Tutti i banchetti ben allineati e disposti tra gli alberi, con i controllori ogni pochi metri.
Il preside della scuola che ha promosso l'iniziativa, tra l'altro non è l'unico, ha detto che così si riduce il rischio della copiatura, ma non si riesce a capire bene perché. Sarà un problema di aria o di chissà che.
Certo che da noi sarebbe impossibile, ma sarebbe anche opportuno. Opportuno perché con gli edifici scolastici che ci ritroviamo, risolveremmo almeno l'eventuale rischio di farci male; Impossibile, perché trovare aree, vicino alle scuole, con alberi e spazi liberi è una specie di utopia. E poi, il rischio di copiatura forse sarebbe maggiore. Il docente controllore sarebbe più rilassato e distratto dalla natura, verrebbe fuori il nostro animo sensibile. Su questo dai cinesi siamo diversi...

Sempre su Internazionale, l'ex ministro Tullio De Mauro ci informa che la 'flipped classroom', cioè la classe capovolta, che è in pratica un ribaltamento dei vecchi modi tradizionali di insegnamento, anche in Francia ha preso piede. La differenza però con la nostra esperienza è sul fatto che in Italia ci sono singoli insegnanti che la propongono e la sperimentano, mentre in Francia gli insegnanti che praticano tale didattica si sono già costituiti in associazione e hanno tenuto il loro primo congresso nazionale. E al congresso ha partecipato anche il ministro dell'istruzione. A quanto si è capito è stata una scelta del ministero partecipare al congresso che celebra una didattica così innovativa e particolare. Con tutto quello che ne deriva in termini di esempio e di propaganda.
Da noi, probabilmente la ministra Giannini non si sarebbe fatta vedere. Lei coltiva la buona scuola delle parole, quella dei fatti non è di sua competenza.

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