La scuola come strumento di fascistizzazione
Giuseppe Aragno - 13-03-2015
Quando si parla di scuola del futuro, bisognerebbe anzitutto tornare al passato e ricordare almeno ciò che scrissero i docenti su un foglio stampato alla macchia, ai primi del '45, allorché, saliti in armi sui monti partigiani per abbattere il nazifascismo, si costituirono in Comitato di Liberazione Nazionale Scuola e affidarono al futuro le speranze della generazione da cui nacquero la repubblica, la Costituzione oggi stravolta e un'idea di scuola che Renzi attacca alla radice.
La carta è povera, sottile, trasparente come un velo, ma contiene i principi fondanti della scuola repubblicana: «L'istruzione è la vera liberatrice dell'uomo», spiegano i docenti; «chi teme il popolo, vuole il gregge, la folla da sfruttare; [...] tarpa le ali al libero insegnamento, lo soggioga, lo vuole dominare e produce perciò una costituzione sociale, fondata solo sulla potenza del denaro». E' una «condanna postuma» dei tempi che viviamo. Durante il fascismo ricorda il giornale, il docente «fu asservito colla miseria; ridotto a una vita stentata, che mortifica e, alla fine, immiserisce anche i più arditi: la professione fu angustia, conformismo e rinuncia. E l'insegnamento fu come la classe dominante imponeva; la gioventù crebbe, informata a principi falsi a ideologie assurde e funeste [...] e l'attuale catastrofe è l'ineluttabile risultato». A che fu ridotto l'insegnamento? - si chiedono i partigiani - e ancora una volta la risposta conduce al presente: «a strettezze mortificanti, alla lezione privata e, con essa, alla triste rete di transazioni, di mercimonio, che avvilì insegnanti ed insegnamento: come si desiderava». E' una profetica descrizione della condizione docente nella scuola di Renzi, ma sarebbe sterile, se gli insegnanti non disegnassero la scuola per cui rischiano la vita: «Nell'ordinamento sociale che sta sorgendo, l'insegnante dovrà rivestire l'autorità e la dignità più alta; sarà il maestro di vita e d'umanità. E la condizione sociale ed economica dovrà rendere possibile questa funzione, dovrà essere tale da permettere libero svolgimento, indipendenza, possibilità di coltivarsi, di procedere, di essere tramite di idee, di pensiero, di progresso per elevare noi stessi e i giovani a noi affidati verso mete sempre più alte di progresso, di libertà, di umanità».
E' questa la scuola che Renzi distrugge. A difenderla si muovono, però, minoranze che ne fanno parte, bersaglio facile dei «riformatori»: forze conservatrici, timore del cambiamento, interessi corporativi. E intanto, sul web, le scaramucce tra bande di tifosi, gli eserciti di poveri in guerra tra loro e il vento del qualunquismo che, seminato per anni a piene mani, scatena tempeste in un mondo che sarà pure «globalizzato», ma soffoca nei rapporti autistici della pagine facebook.
Mentre la nascita di un fronte unico appare impossibile e non è facile cogliere l'intento di attacco generalizzato alle classi subalterne celato dietro la distruzione della scuola pubblica. Finché non inseriremo le decisioni dei proconsoli di Bruxelles nella cornice ideologica che li tiene uniti, non cancelleremo la sensazione di colpi menati alla cieca o di decisioni errate su problemi reali, che reali non sono: oggi il debito, domani gli sprechi, poi il «merito» e via così.
Eppure le tessere spaiate si unirebbero in un mosaico logico e conseguente, se solo provassimo a leggerle per ciò che di fatto sono ovunque, in fabbrica come a scuola: strumenti di fascistizzazione della società. E' questo il filo rosso che unisce l'insieme dei provvedimenti pensati da chi governa l'Europa, dopo averne svuotato le Istituzioni di ogni carattere democratico. Anni fa, quando la popolazione era ancora abituata a riflettere, studiare e a far tesoro dell'esperienza, l'avremmo capito: il fascismo è il regime politico del capitale finanziario. Pietro Grifone scrisse in proposito un saggio illuminate, mentre era al confino politico e sin dai primi anni della Repubblica, Calamandrei individuò nella scuola pubblica il bersaglio privilegiato di un attacco del Capitale rivolto non al diritto allo studio, ma all'impianto complessivo della Costituzione: colpire la scuola, per colpire l'intelligenza critica delle masse, anima di una battaglia per la democrazia. Prima ancora che l'Europa pensasse di unirsi, del resto, nel Manifesto di Ventotene, Rossi, Colorni e Spinelli lo videro chiaro: i rischi per l'«Europa dei popoli» non venivano solo dai nazionalismi, ma dagli uomini del grande capitale, pronti a presentarsi come europeisti convinti ma decisi, in realtà, a governare a proprio favore e con ogni mezzo il processo di unificazione.
E' quanto accade sotto i nostri occhi impotenti, dopo che il filo della memoria storica è stato spezzato e la vicenda del Novecento stravolta, per imporre un anticomunismo acritico e viscerale, con gli strumenti di quel revisionismo maligno che, con precoce e lucida «intelligenza» dei suoi fini reali, Gaetano Arfè definì «sovversivismo storiografico». In questo clima, chi prova a resistere giunge allo scontro in condizioni di forte isolamento. Isolata è la lotta per la scuola, isolati e divisi sono nel Paese i sindacati conflittuali, divisi e isolati si sta rispetto agli altri Paesi. Sola è la Grecia, soli i lavoratori, soli i precari, soli, solissimi i giovani.
La fascistizzazione di Istituzioni e società avanza, invece, spedita, capitalizzando una sconfitta della sinistra che, prima di essere politica, è culturale. Ci sono mille ragioni per diffidare dei 5 Stelle, ma occorre prendere atto: sono loro, i cosiddetti «grillini», a parlare di Europa nazista. Esagerano? Sia allora la sinistra a spiegare in modo convincente il processo di imbarbarimento di una Europa in cui un mostro che genericamente chiamiamo «postdemocrazia», impone una dottrina economica che è l'equivalente europeo dell'integralismo assassino. Non sarà nazismo, ma di ferocia nazista sanno le stragi nel Mediterraneo, l'altissima mortalità infantile che rende la Grecia colonia e la riduzione in servitù di lavoratori e precari. La precarizzazione scientificamente pianificata del futuro di intere generazioni. A tutto questo è estraneo l'attacco alla scuola? Non è così. Ce l'hanno spiegato sin dal '45 i docenti in armi, mentre combattevano una barbarie partita non a caso dall'asservimento della scuola.
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 Lucia Leone    - 14-03-2015
Salve, sono una maestra di scuola elementare e ho 45 anni. Ho letto con interesse il suo articolo e mi trova d'accordo, soprattutto sul riconoscimento dato al movimento 5 stelle riguardo ai pericoli di "fascistizzazione" dei Paesi europei, già messa in atto da diversi anni da istituzioni europee e non. Seguo Beppe Grillo dal 2007 e non lo ringrazierò mai abbastanza per il lavoro di divulgazione di informazione oltre-sistema, che continua oggi attraverso i portavoce 5stelle in parlamento. Consiglio vivamente la visione del video "L'ALBA DI UNA NUOVA EUROPA" , dove giornalisti, studiosi, professori europei e dell'America Latina, con parlamentari del Mov5Stelle (che hanno organizzato il convegno) di una nuova Europa dei popoli del Sud. Quali altri politici se ne interessano? Conosciamoli e sosteniamoli, al di là di pregiudizi ma basandosi sui fatti che testimoniano la loro buonafede e il rispetto del patto di programma stipulato con gli elettori (unici in parlamento a tagliarsi lo stipendio e a versarlo su un fondo del Mise che offre microcredito a piccole imprese video) Gli eletti del M5S sono al momento l'unica speranza di un vero cambiamento. Una "svolta buona", davvero ... per così dire :D . Grazie e saluti.

 Giuseppe Aragno    - 15-03-2015
Cara Lucia Leone, grazie del commento e dell'interesse. I 5 Stelle meritano rispetto e ho scritto quello che penso con onestà intellettuale. "Fuoriregistro", del resto, è una rivista libera e aperta al confronto e quando può, nei limiti delle sue forze, prova a far circolare le notizie che il baraccone mediatico nasconde o stravolge. Lei col suo commento completa l'informazione che ieri è stata qui pubblicata in "Grandangolo".