breve di cronaca
“Clandestini in palestra: ancora nuove prigioni”
Nigrizia - 02-12-2002



Diritti violati, carceri improvvisate, misure di repressione affidate alla discrezionalità. Siamo nel Belpaese, la nazione dove ci si dovrebbe coricare con l’orgoglio di essere italiani. Se non fosse per le cronache degli ultimi mesi nonché per le denunce e gli appelli che rivelano situazioni allarmanti.

“Clandestini in palestra: ancora nuove prigioni”

questo il titolo di una testimonianza di Fulvio Vassallo Paleologo, referente del Consorzio italiano di solidarietà (Ics) per la Sicilia. «Dal Friuli alla Sicilia coloro che varcano irregolarmente le frontiere, quando non possono essere respinti immediatamente indietro vengono internati sempre più spesso in luoghi improvvisati, come palestre, ospedali dismessi, semplici magazzini – denuncia Paleologo il 12 febbraio – e lì trattenuti per giorni e giorni senza ricevere alcun provvedimento come il decreto di espulsione o di respingimento, senza alcun contatto con l’esterno o con avvocati di fiducia».

Una settimana più tardi, Ics e Medici senza frontiere denunciano «gravi violazioni del diritto di asilo in Puglia». 97 richiedenti asilo curdi dalla Turchia, 48 dall’Iraq, due dal Pakistan, uno dal Bangladesh, due dall’Afghanistan risultano trasferiti dal centro di prima accoglienza L’Orizzonte, nei pressi di Lecce, al vicino centro di permanenza temporanea Regina Pacis, dove si trovano tutti coloro che, sprovvisti del permesso di soggiorno, sono in attesa del rimpatrio. L’espulsione diretta, sottolineano Ics ed Msf, si porrebbe in violazione dell’articolo 33 della Convenzione di Ginevra e dell’articolo 19 della legge 268/98 (Turco-Napolitano), che stabilisce il divieto di rimpatrio verso un territorio dove esista il pericolo per la vita e la sicurezza della persona. Ics e Msf, pertanto, «chiedono alle autorità italiane di adoperarsi per il rigoroso rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, e per il rispetto dei diritti basilari dei richiedenti asilo trattenuti presso il centro Regina Pacis».

Non si sa ancora il numero esatto delle nigeriane, 160 o 170, che hanno “festeggiato” l’8 marzo in patria a dispetto del rischio di essere perseguite dalla shari’a, legge islamica, interpretata in maniera rigida in alcuni stati nigeriani (la condanna a morte per lapidazione di Safiya, ritenuta colpevole di adulterio nello stato di Sokoto, ha fatto il giro del mondo). Tutto ha avuto inizio con una retata in otto province italiane che ha portato tra l’altro all’arresto di un gruppo di ragazze nigeriane e al loro internamento nel centro di permanenza di Trapani. Anche in questo caso ecco denunce sul mancato rispetto dei diritti umani: «Una parte sono riuscite ad entrare in contatto con gli avvocati e hanno potuto fare la domanda d’asilo – ha affermato Dino Frisullo dell’associazione Senzaconfine –, altre sono state rispedite via senza poter parlare con nessuno. Abbiamo fatto di tutto per impedire i rimpatri, ma non c’è stato nulla da fare».

Il dramma dei clandestini è legato quindi a doppio filo ai Centri di permanenza temporanea (Cpt). Attualmente sono una dozzina in Italia, restano una questione spinosa non solo sul fronte giuridico (i giuristi dell’Asgi-Associazione studi giuridici sull’immigrazione, da anni ne denunciano l’incostituzionalità) ma anche per le condizioni di vita all’interno, per il sistema d’entrata e per le possibilità d’uscita. Che risultano variare da un centro all’altro, mentre la Carta dei diritti e dei doveri, istituita nel 1999, è quasi un lontano ricordo anche per chi opera per la tutela dei diritti umani. «Il regolamento non è rispettato – afferma riferendosi al Cpt di Milano l’avvocato Pietro Massarotto, delle associazioni Sos Espulsioni e Naga –, le condizioni di vita sono a metà tra un ospedale psichiatrico e un carcere modernista». Fulvio Vassallo parla di «clandestini marchiati con un numero sul polso (Lampedusa ed Agrigento)» e di «un numero appiccicato sui vestiti (Catania)».

Fin qui il presente. Domani potrebbe essere peggio per irregolari, clandestini e richiedenti asilo. La nuova legge Bossi-Fini prevede tra l’altro, come regola generale, l’espulsione immediata mediante accompagnamento alla frontiera, e, in caso di difficoltà nell’identificazione del soggetto espulso, l’estensione del periodo massimo di trattenimento nei Cpt. Non a caso si prevede di costruirne altri dieci.

Secondo alcuni le forze dell’ordine hanno messo in pratica la Bossi-Fini prima dell’entrata in vigore. Altri si preparano a dar battaglia: «Abbiamo intenzione di aprire un libro bianco per raccogliere le notizie sulle violazioni», afferma Lorenzo Trucco presidente dell’Asgi. «Con Amnesty International, Ics, ed Msf vogliamo dare il via a una campagna sul diritto all’asilo in Italia – anticipa Gianfranco Schiavone di Ics –. L’obiettivo è la tutela delle persone, avere la garanzia che i diritti siano realmente rispettati». Anche il rispetto dei diritti umani può farci coricare con un certo orgoglio.

Silvia Marceglia

per approfondimenti: Se questa è umanità : parliamone
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