Contrariamente a quanto riferito dagli organi di (dis)informazione di massa lo "
storico" accordo -
in pejus! -
siglato il 31 maggio 2013 dalle tre maggiori sigle sindacali (FIOM compresa) non "
accomuna" il mondo del lavoro privato a quello pubblico ma - se possibile - lo peggiora ulteriormente. La "
ratio" della, cosiddetta, "
esigibilità" - necessaria ai padroni per rendere immediatamente operativi contratti peggiorativi in tutti i comparti del mondo del lavoro - infatti, inibisce persino il diritto di sciopero ovvero un diritto soggettivo inalienabile sancito dalla Costituzione e, ora, "
violentato" per norma pattizia. Il che
tradotto in italiano significa che a maggioranza "semplice" si cancella un diritto individuale contro il quale - individualmente - sarà necessario ribellarsi.
Non staremo qui a fare la cronistoria di tutti i - progressivi e perdenti - accordi al ribasso siglati negli ultimi 25 anni dal sindacalismo che - a questo punto - non esitiamo a definire
"padronale" limitandoci a constatare che - con quest'accordo - è stato compiuto l'ultimo e definitivo atto di imperio ai danni della classe lavoratrice iniziato nel lontano 1990 con la promulgazione - su imput confederale - della legge 146/90 finalizzata alla "
regolamentazione" - in funzione antioperaia - del diritto di sciopero nei servizi pubblici.
Una "
regolamentazione" imposta dai confederali per impedire altre "
fughe a sinistra" di consistenti frange di lavoratori pubblici (organizzati nei
Comitati di
BASe) che - nella scuola ad esempio - avevano strappato, nel 1988, con lo sciopero degli scrutini ad oltranza (che benpensanti e chierici del sindacalismo perbenista definirono "
selvaggio") un aumento salariale di 500mila delle vecchie lire.
Ai lavoratori chiediamo una risposta adeguata che sia conforme alla gravità del momento e che associ un messaggio chiaro ed inequivocabile indirizzato ai vertici confederali: sommergiamoli di revoche!
Dal momento che i vertici confederali stanno sempre più assumendo atteggiamenti, lessico e comportamenti "
padronali" l'unica "
arma" rimasta ai lavoratori è quella che - da sempre - fa più male ai padroni: colpirli nel portafogli! Tanto più grande ed immediato sarà il "
danno economico" subito tanto più in fretta riusciremo a fargli fare ... retromarcia!
Alla, variegata, galassia del sindacalismo di base, conflittuale o comunque "aggettivato" rivolgiamo un appello: è inutile rivolgersi al "Capo" dello Stato, alla magistratura (la vicenda Marchionne/Pomigliano docet!) o a qualche altro "salvatore della patria" (a cominciare da ... Giorgio Cremaschi) perché non "
si caverà un ragno dal buco".
E' il momento dell'assunzione di responsabilità e della disobbedienza civile pagandone - se necessario - lo scotto perché - come predicava, negli anni '60 -
don Lorenzo Milani:
"ribellarsi ad una legge - sbagliata - dello Stato è giusto!"
U.S.I.-A.I.T. Puglia