breve di cronaca
Carrozza: più soldi alla scuola o lascio
La Stampa - 24-05-2013
Il ministro dell'Istruzione preme:
"Così non posso più continuare".
E sulle polemiche di Bologna: intesa con paritarie, non contro la pubblica.



«O ci sono margini per un reinvestimento nella scuola pubblica oppure devo smettere di fare il ministro dell'Istruzione». Maria Chiara Carrozza mette subito le carte in tavola. «L'investimento - ha affermato - è necessario per il futuro del Paese, non ci sono altre strade disponibili. Siamo in una situazione drammatica, dobbiamo mettere in sicurezza le nostre scuole, dobbiamo metterle in grado di proteggere i nostri bambini. Abbiamo bisogno prima di tutto di un investimento nell'edilizia scolastica e poi abbiamo bisogno di più insegnanti».

Il ministro, che già ieri a Palermo, rispondendo alle domande degli studenti nell'aula bunker dell'Ucciardone, aveva indicato come priorità l'edilizia scolastica e la valorizzazione degli insegnanti, oggi è tornata a battere lo stesso tasto. «Credo che il futuro del nostro Paese si possa giocare - ha detto - con un esercito di nuovi insegnanti, che davvero ci permettano di migliorare la qualità del nostro servizio». Una necessità imposta anche dai numeri. «Sono rimasta colpita - ha spiegato Maria Chiara Carrozza - dal rapporto Istat che ci dice che siamo il Paese con la quota più alta in Europa di giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non partecipano ad attività formative, questo per me è un dramma, che non mi fa dormire la notte. Dobbiamo lavorare su questo, altrimenti come facciamo a parlare di crescita».

Il ministro si è quindi soffermata ancora una volta sulla questione dei finanziamenti alle paritarie, salita vistosamente alla ribalta dopo le polemiche degli ultimi giorni sul cosiddetto Referendum di Bologna sui fondi alle private dell'infanzia, in programma domenica. «Le scuole paritarie coprono una parte degli studenti italiani e offrono un servizio pubblico. Se togliessimo questi soldi metteremmo in grave difficoltà - ha avvertito la titolare del dicastero di viale Trastevere - questi istituti e molti bambini non avrebbero accesso alla scuola. Sarebbe davvero un disastro. Tra l'altro - ha fatto notare - i 500 milioni circa di finanziamento alle scuole paritarie sono una parte dei 40 miliardi di spesa per la scuola pubblica. Sono una piccola parte, che però copre laddove il sistema delle scuole statali non riesce ad arrivare. Soprattutto sulla scuola dell'infanzia sulla quale siamo deboli e sulla quale dovremmo tornare a investire».

Riferendosi specificatamente al referendum di Bologna, il ministro ha quindi ribadito la sua posizione, espressa stamani anche in un post sul suo profilo Facebook. «Sto dalla parte dello Stato, dei bambini e del servizio pubblico. Il dibattito è ampio e credo che i promotori del referendum avessero un obiettivo più a lungo termine, anche in relazione al fatto che la scuola pubblica è stata tagliata troppo. Il dibattito mette l'attenzione sulla scuola e quindi a me piace che se ne parli. Magari - ha concluso - poi dobbiamo anche pensare a chi deve riuscire a coprire il servizio».

Non sono mancate le reazioni alle parole del ministro sui fondi. Il senatore Andrea Marcucci (Pd), presidente della commissione Istruzione pubblica a Palazzo Madama, dà ragione a Carrozza: «fa bene a porre in termini ultimativi la questione degli investimenti per la scuola pubblica. Mi auguro che tutto il Consiglio dei ministri ne sia consapevole, e che si appresti ad affrontare in tempi rapidi il problema. La formazione deve essere una priorità». Plaude anche l'Anci: «completamente d'accordo» si dichiara Alessandro Cattaneo, sindaco di Pavia e presidente reggente dell'associazione dei comuni, che segnala come «prioritaria» l'individuazione di risorse per l'edilizia scolastica, «vera emergenza nazionale, ma più in generale su tutto il versante dell'istruzione». Di segno contrario il commento di Paolo Ferrero, segretario del Prc: «il ministro si dimetta pure, non è difendendo la scuola privata che si comincia a reinvestire nel pubblico». Mentre Nicola Fratoianni, di Sel, dà ragione al ministro ma aggiunge che non basta dire di no a nuovi tagli, «è necessario e urgente rifinanziare la formazione pubblica».

  discussione chiusa  condividi pdf

 Giuseppe Aragno    - 24-05-2013
Non sarà sempre vero, non tutti lo fanno, ma c'è un sentimento umano che muove davvero la storia, quando "muovere" significa andare avanti e progredire. Maria Chiara Carrozza, s'è data il tempo per capire, poi s'è mossa: «O ci sono margini per un reinvestimento nella scuola pubblica oppure devo smettere di fare il ministro dell'Istruzione». Si cominciano finalmente "a mettere le carte in tavola, scrive la Stampa di Torino, ed è la prima buona notizia dopo anni di vergogna. Una notizia buona che non riguarda solo la scuola, perché conferma un antico e sano principio. Non accade più, ci abbiamo perso l'abitudine, ma di norma le cose un tempo andavano spesso così; nessun pregiudizio ideologico e tutti i compromessi possibili, tranne uno: quello che ti rende complice di una vergogna. Si può fare una mossa sbagliata per senso di responsabilità, si può tacere talvolta per non rendere più complessa una situazione già quasi compromessa, ma alla fine non c'è scampo: se è onesta, una persona che ha passione e tiene al suo buon nome, non sta al gioco, se capisce che la vogliono "usareì". E' qui il punto, questo c'è di nuovo dopo due decenni e non si tratta di poco: dignità.
Nessuno può dire come finirà, nessuno sa se lo sforzo che sta compiendo produrrà un risultato, ma è lecito registrare e giusto far festa. Qualcosa si è mossa. Dopo un'impressionante bonaccia, un alito di vento può apparire burrasca, questo è vero, ma non meno vero è che un minimo urto nel cuore d'una faglia produce un terremoto. Maria Chiara Carrozza ha lanciato un segnale: senza scuola un Paese affonda. A queste condizioni, una donna perbene rompe gli indugi e nonostante le terribili pressioni, minaccia le dimissioni. Diamole tempo. Dovranno darle ascolto. Letta è avvisato: non sempre la dignità si vende ai chi vende fumo, usando un buon nome.