Una terribile violenza
Patrizia Rapanà - 03-05-2013
A cosa è ridotta la scuola, ha scritto ieri sul "Fatto Quotidiano" Eleonora Carrano, gli italiani lo hanno potuto capire "alle recenti elezioni dello scorso febbraio, [...] qualunque fosse la loro estrazione sociale". Per buona parte dei docenti lo spettacolo è abituale e quasi non ci si bada più: crepe e erba maligna nei cortili, muri stinti pieni di macchie e graffiti, ai piani bassi finestre protette da grate arrugginite. La sicurezza messa a repentaglio da pareti infiltrate e cadenti. Uno spettacolo indecente che fa a pugni con le chiacchiere e le promesse di governi incapaci, ministri impreparati e bugiardi,
Ho sentito il discorso di Letta quando ha chiesto la fiducia al Parlamento. Sembravano le parole di un uomo che non mette piede in una scuola statale da decenni. Chiacchiere, formule prive di agganci con la realtà: "La società della conoscenza e dell'integrazione si costruisce sui banchi di scuola e nelle università", ha detto il Presidente di un governo che nessun leader di partito aveva proposto agli elettori durante la campagna elettorale. Chiedeva la fiducia per un governo sostenuto dai deputati di Monti e aveva la faccia tosta di promettere che avrebbe "ridato entusiasmo e mezzi idonei agli educatori che in tante classi volgono il disagio in speranza". Lui parlava e io mi chiedevo perché di quell'entusiasmo e di quel disagio non si fosse preoccupato quando sosteneva le scelte di Profumo, mi domandavo fino a che punto si può pensare di prendere in giro i docenti gli studenti e i cittadini senza renderne conto e senza pagarla come fanno tutti. "Dobbiamo ridurre il ritardo rispetto all'Europa nelle percentuali di laureati e nella dispersione scolastica. In Italia c'è una nuova questione sociale, segnata dall'aumento delle disuguaglianze. Solo il 10% dei giovani italiani con il padre non diplomato riesce a laurearsi, mentre sono il 40% in Gran Bretagna, il 35% in Francia, il 33% in Spagna. Bisogna finalmente dare piena attuazione all'art. 34 della Costituzione, per il quale i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi". Così diceva il nuovo Presidente del Consiglio, mentre chiedeva la fiducia per un governo sostenuto dal partito dell'on. Maria Stella Gelmini, che della nuova questione sociale, dell'Europa, dei figli della povera gente che non riescono a laurearsi non si é mai interessata e anzi ha preso sempre provvedimenti ingiusti che favorivano la disuguaglianza. Mi chiedevo se quell'uomo che parlava in Parlamento si rendesse conto di ciò che stava combinando, se gli fosse passato per la testa, mentre scriveva quel suo penoso discorso che probabilmente il suo partito non avrebbe preso nemmeno un voto, se prima delle elezioni avesse confessato che era sua intenzione vincere per fare un governo con la Gelmini e gli amici di Profumo. Non avevo mai sentito quanto sia assurda, arrogante e antidemocratica questa maniera di fare politica che ti impedisce di parlare coi politici, che è chiusa in una scatola magica, tutta luci, colori e promesse e non risponde mai direttamente dei suoi peccati, dei suoi errori e dei suoi tradimenti a chi sta dall'altra parte, alla gente che ascolta e subisce impotente.
Non so cosa passi per la testa di una persona ridotta in miseria dalle chiacchiere, dagli errori e dalle menzogne dei politici, quando, vinto dalla disperazione uno giunge a fare a se stesso e a chi gli vuole bene la terribile violenza che chiamiamo suicidio. Quello che so è che le parole di quell'uomo estraneo alla vita di chi lavora, di quell'uomo che non incontrerò mai dal medico della mutua, nella pensioncina delle mie sempre più brevi vacanze, nel calvario che tocca ad un figlio laureato quando consuma le scarpe alla ricerca di un lavoro che non trova e non c'è dopo anni di studi, le parole di quell'uomo suonavano come una violentissima provocazione per la mia disperazione. Erano le parole di un marziano che prendeva in giro la mia umanità, che metteva alla prova il mio convinto e sperimentato rifiuto della violenza.

Tags: Enrico Letta, Presidente del Consiglio, suicidio, violenza


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