Sì al test, ma... nei limiti oggettivi che lo caratterizzano
Maurizio Tiriticco - 26-04-2013
Ho letto con interesse il documento dei quattro insegnanti del "Gritti", ma ancora una volta rilevo che l'analisi che si fa della prova test non è corretta! Leggo tra l'altro: "Nella pratica quotidiana, l'esperienza ci suggerisce che non solo ciò che verifichiamo attraverso un test è un tassello minimo, diremmo quasi minimale, del sapere di uno studente, ma che dobbiamo per forza ricorrere a delle 'domande aperte' (orali o scritte) se vogliamo verificare se è in grado di compiere analisi e sintesi rispetto a ciò che apprende, nonché se è dotato di senso critico". Attenzione! La questione non è nel minimo o nel massimo! Non si tratta della "quantità" dei saperi, ma della "qualità" della elaborazione/produzione di processi cognitivi.
Lo ripeto per la centesima volta! E per tutti! Il test non è solo un pezzo di carta da crocettare! E' anzitutto una modalità di produrre "pensiero". E' opportuno acquisire una serie di dati (bicicletta, Filippo, correre...) perché si possa comprendere una informazione (Filippo corre con la sua bicicletta; Filippo è stato investito da una bicicletta; ecc.). Se non avessimo certezza dei dati che utilizziamo quando comunichiamo (non so chi sia Filippo, non so che cosa sia una bicicletta), la comunicazione interpersonale non esisterebbe! Altro conto, invece, è esprimere un "giudizio di valore" sul bambino Filippo Rossi (è un imprudente! No! E' sfortunato! Ecc.), oppure sulla bicicletta (è un mezzo stupendo! No! E' pericoloso! Ecc.) o ancora sulla pedalata di Filippo Rossi (è un campione! Non sa pedalare! Ecc.). La zona test, quindi, costituisce il primo livello delle nostre acquisizioni cognitive. Se ho sete, cerco un bicchier d'acqua; se ho fame, un panino! E così via! Altro conto è la considerazione che facciamo dell'oggetto: uno vuole l'acqua del rubinetto, un altro l'acqua minerale gasata, un altro la vuole naturale; chi la vuole bella ghiacciata, chi a temperatura ambiente! Il panino è cattivo! Il panino è ottimo! Assistiamo al medesimo film, abbiamo letto lo stesso libro! Ma i giudizi che esprimiamo sono molteplici! Quel vestito e bellissimo ed è a buon mercato! Per un altro, lo stesso vestito è fuori moda e costa l'iradiddio!
La zona test è quella della condivisione che potremmo definire agnostica, avaloriale: la bicicletta, il panino, il vestito; invece, la zona della manifestazione di un giudizio è quella della differenziazione: quella bicicletta e non un'altra; quel panino e non un altro! E' la zona che io amo chiamare reattiva. Le famose macchie di Rorschach sono in effetti dei reattivi: nella medesima macchia un soggetto sereno e ottimista "reagisce" e può "vedere" una farfalla; invece, un soggetto disturbato e angosciato "reagisce" diversamente e "vede" un drago pronto ad assalirlo. I Promessi sposi sono un romanzo meraviglioso! No! Sono una gran pizza! La Divina Commedia nel Seicento era considerata un poema fumoso; invece, nel nostro Romanticismo fu considerato il poema che noi tutti apprezziamo. Il regalo che abbiamo fatto, che ci è piaciuto molto e che è costato tanto, non viene affatto apprezzato dal destinatario! E poi, quanto si discute dopo avere visto il medesimo film!
Se poi pensiamo alle prove di verifica di un apprendimento, è indubbio che il primo gradino del "nuovo conoscere" è quello che riguarda i dati: la Prima guerra mondiale è scoppiata nel 1914; Giacomo Leopardi ha scritto La ginestra; tre per tre fa nove! Il fascismo è stato un movimento politico... ma! I giudizi dati dall'antifascista e dal nostalgico sono diametralmente opposti. Nell'espressione 3x = 12, x è eguale 4! E guai a chi dice 5! Però... se si assegna un tema, non attenderò risposte tutte eguali! Nel caso dell'espressione aritmetica, la risposta attesa è una soltanto! Nel caso del tema le risposte attese sono tutte diverse! Se il rubinetto versa un litro al minuto, in 5 minuti avrà versato 5 litri. Ma, se debbo arredare un bagno, avrò da scegliere tra mille rubinetti e mille vasche. Nel primo caso, ho a che fare con l'unica conseguenza logica. Nel secondo ho a che fare con una situazione problematica: quale spazio ho a disposizione; dove sono gli attacchi; dove le uscite delle acque reflue, e così via.
Ciò detto, non capisco le posizioni antitest! La nostra giornata si articola per 12 ore tra situazioni test e situazioni reattive. Al supermercato ci sono prodotti che costano quello che costano! Per alcuni clienti saranno a buon mercato, per altri cari! La stessa cravatta può piacere alla donatrice, per nulla al destinatario. Tutti noi indossiamo scarpe, calze, camicie, e così via (zona test)! E' estremamente difficile trovare in giro due camicie identiche (se non nel negozio che le vende).
E si dà pure il caso che molti insegnanti che rifiutano il test come strumenti del demonio, quando interrogano, fanno sfilze di domande di questo genere! Quand'è scoppiata la guerra x? Qual è la capitale del Paese y? Quand' è nato il poeta z? Non ho nulla da obiettare! E' la vita stessa, quella di tutti i giorni che ci impegna in operazioni test e in operazioni reattive. Mille acquirenti acquistano mille copie del Corriere della Sera, ma è certo che non ci saranno due acquirenti che leggeranno gli stessi "pezzi"!
In conclusione, la zona operativa test è quella che ci garantisce il primo livello della... sopravvivenza quotidiana: possiamo chiamarla così! Con la chiave apro la porta di casa, poi apro il rubinetto per lavarmi le mani, accendo il gas per cucinare il pranzo. Tutte zone test, ma... se ho perduto le chiavi di casa? Se manca l'acqua? Se c'è lo sciopero dell'azienda del gas? E' allora che si mettono in moto le operazioni reattive: si tratta di risolvere dei problemi!
Tornando alla scuola, l'apprendimento è una continua e progressiva conquista di dati certi, oggettivi, assolutamente necessari per ulteriori apprendimenti più significativi. La zona test e la zona reattiva del cervello dei nostri alunni (e di noi tutti anche) sono in continuo movimento! E a fasi alterne! E' necessario "apprendere a memoria" l'alfabeto, le tabelline, la numerazione, i primi meccanismi del sommare e del sottrarre, del produrre pensieri orali e scritti in cui l'informazione sia la risultante di una parte nominale e di una parte verbale. Se non possedessimo "dati certi", non potremmo mai andare a trovare un amico che abita in Corso Vittorio 86; o prendere il tram n.13 che porta lì! Nelle nostre operazioni mentali è un continuo andirivieni tra operazioni test e operazioni reattive! Le prime condizionano le seconde. Le prime sono eguali per tutti; nelle seconde ci differenziamo! Guai se non fosse così! Saremmo tutti dei robot! Miliardi di calcolatrici ci diranno sempre che 2 più due dà 4! Ma ciascuno di noi può dire 5 o 6 o ciò che vuole! Le operazioni test sono operazioni convergenti. Le operazioni reattive sono divergenti... possono negare il reale!
Ne consegue che i test - quelli scolastici - non vanno affatto demonizzati. Basta soltanto accettare il fatto che ci permettono di rilevare se dati condivisi e eguali per tutti sono stati acquisiti o meno. Si tratta, quindi, di strumenti "poveri", ma che costituiscono i mattoni con cui ciascuno di noi può costruire operazioni reattive, "ricche", complesse, personalizzate, se si vuole. Due architetti progetteranno due ville diverse, ma guai a loro se non posseggono dati e conoscenze comuni e condivise di aritmetica, geometria, ecc.
Ben vengano allora mille prove test per accertare che ci siano i "mattoni mentali" perché si possa andare oltre. E' impossibile apprezzare "La ginestra", se non si hanno le coordinate di base a tutti comuni che caratterizzano la vita e l'esperienza leopardiane. O il canto secondo del Paradiso dantesco, se non si hanno le coordinate concettuali della cosmologia medioevale. E si tratta di coordinate che rinviano a dati oggettivi che per un alunno - o per qualsiasi altro soggetto - è necessario avere acquisito. L'accertamento della presenza di questi dati è una semplice operazione misurativa: il dato c'è o non c'è. E' chiaro che un "sistema di istruzione" (educare e formare sono altre cose) non può limitarsi a operazioni misurative, necessarie, ma non sufficienti. Quando si sollecitano operazioni divergenti, pensiero critico, riflessioni personali, capacità di discuterle e... di modificarle anche, entriamo in un altro mondo: quello delle operazioni divergenti sulle quali, allora, si esprimono altri giudizi, che attengono alla valutazione, che è un altro mondo! Il documento del Gritti afferma correttamente che il "valutare non coincide con il misurare". Misurare è relativamente facile: Napoleone è morto il 5 maggio del 1821! Ma valutare la sua opera è estremamente complesso.
Se tutto ciò che ho scritto fino adesso è vero - e lo è! - è anche vero che le prove test mi danno l'opportunità di disporre di dati importanti circa l'evoluzione dell'apprendimento di un alunno - o di un qualsiasi soggetto - ma solo in relazione a operazioni convergenti (l'acquisizione di dati comuni e condivisi, necessari per andare oltre in processi cognitivi più elaborati). Ma dovrò anche dire che si tratta di prove necessarie, ma non sufficienti a verificare se il soggetto è capace di procedere verso operazioni "altre", più elaborate, "divergenti".
Di qui il grande equivoco delle tanto temute prove Invalsi. Si tratta di prove che non vanno - né lo potrebbero fare - oltre a pure e semplici rilevazioni misurative: proprio per il fatto che sono prove eguali per tutta la platea del campione. Pertanto, non possono in alcun modo essere proposte o barattate come prove capaci di darci il gradiente delle competenze di analisi, di sintesi e di valutazione. Com'è noto, per l'ormai superato (per davvero?) Bloom, si tratta pur sempre di operazioni cognitive superiori, produttive, che vanno ben al di là delle più semplici operazioni di primo livello: contatto/acquisizione/conoscenza, comprensione, applicazione.
Giustamente - dice il documento del Gritti - non dobbiamo enfatizzare! Non dobbiamo barattare per esaustive prove che esaustive non sono affatto! Misurare non è valutare! Quindi piantiamola di parlare di valutazione di sistema! Che è altra cosa e che andrà realizzata e - chissà quando? - con ben altri strumenti!
Concludendo: non è affatto detto che una prova Invalsi sia in grado di dare il coefficiente di produttività di una classe di alunni. Può dirci soltanto se il pensiero convergente di un alunno è in grado di operare correttamente su determinati dati. E non potremmo mai dire che un alunno "non conosce", se non ricorda la data della battaglia di Zama. Perché può darsi che sappia tutto dell'importanza delle guerre puniche, ma non ricordare quel fatidico 202 a.C.! Potremmo allora dargli zero in storia? E poi gli elefanti schierati da Annibale saranno stati veramente 80? Una data! Un numero! Sono sufficienti per promuovere o per bocciare?
Voglio sperare che il nuovo ministro faccia un po' di chiarezza sui compiti dell'Invalsi e sui limiti "oggettivi" delle prove "imposte" alle scuole! Mah!!! Ormai sono anni che mi auguro la nomina di un ministro di alto profilo, all'altezza di una situazione difficile e complessa! Ma non sono mai ascoltato!!! Vogliamo sperare? Mah!!!

Roma, Ricorrenza della Liberazione 2013
Maurizio Tiriticco

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 stefanodestefano    - 26-04-2013
C’è qualcosa che non capisco. Cerco di spiegarmi: se il test riguarda “la condivisione che potremmo definire agnostica, avaloriale: la bicicletta, il panino, il vestito” e non “la zona della manifestazione di un giudizio ….. quella della differenziazione: quella bicicletta e non un'altra; quel panino e non un altro”, allora questa “zona” dovrà essere definita, chiarita per tutti gli ordini di scuola e, naturalmente, dovrà costituire la base sulla quale si innesteranno gli interventi didattici dei docenti i quali terranno nella dovuta considerazione le diversità personali, ambientali, sociologiche degli allievi. Un’operazione del genere dovrà essere realizzata con la massima cura, perché ciò che è comune non può essere lasciato all’intuizione del singolo. Perciò, una prima domanda è: esistono riferimenti del genere, per ogni ordine di scuola e per ogni ambito disciplinare o, se volete, in relazione alle competenze che dovranno essere acquisite alla conclusione dei diversi percorsi didattici?
Secondo problema: la descrizione del prof. Tiriticco riguarda una serie di rilevazioni con le quali ogni docente, dalla prima elementare alla quinta superiore, dovrebbe confrontarsi. Quando, alla fine dell’anno, scrutiniamo i nostri studenti che cosa facciamo se non valutare sia l’acquisizione di questa “zona comune” che anche il suo sviluppo negli ambiti della creatività e della soggettività? Infatti il prof. Tiriticco si preoccupa di affermare che “molti insegnanti che rifiutano il test come strumenti del demonio, quando interrogano, fanno sfilze di domande di questo genere! Quand'è scoppiata la guerra x? Qual è la capitale del Paese y? Quand' è nato il poeta z? “ E su questo precisa :”Non ho nulla da obiettare!”. E’ evidente che questa operazione non avrà la precisione di una macchina contabile ma avrà pur sempre un proprio valore, se si porrà come conclusione di un percorso didattico/formativo progettato in rapporto alle caratteristiche della società della quale è espressione.
Concludo: ma, se questi sono gli elementi della cosiddetta “valutazione di sistema”, c’è qualcuno che sa spiegarmi perché le valutazioni prodotte dalle scuole non vanno bene? E, ammesso che non vadano bene, perché spendiamo soldi nell’Invalsi, che coinvolge tutte le scuole magari per scoprire l’acqua calda, e non nel migliorare il modo di lavorare/valutare dei docenti?

 Francesco Martino    - 28-04-2013
Vi invio una parte dell'appello conto i Test Invalsi, che sta raccogliendo firme di intellettuali e docenti dal sito
http://www.cobas-scuola.it

APPELLO CONTRO LA SCUOLA-QUIZ
Cobas Scuola 15/04/2013 23:05
NO ALL'INVALSI, NO AL SISTEMA DI (S)VALUTAZIONE

Dal 7 al 16 maggio prossimi nella scuola italiana, dalle elementari alle superiori, si ripeterà il distruttivo rito dei quiz-Invalsi, imposti come presunta misura della qualità del lavoro dei docenti e degli studenti e come valutazione, velleitaria e strumentale, del livello di istruzione fornita dai singoli istituti. In strutture inadeguate e in classi sovraffollate il MIUR (Ministero Istruzione, Università, Ricerca) cercherà di accelerare ulteriormente il percorso verso una distruttiva scuola-quiz, in un quadro generale di progressivo immiserimento dell'istruzione pubblica del nostro paese, che peserà come un macigno sulle future generazioni. La politica continua di tagli agli investimenti nella scuola e nell’Università dell’ultimo ventennio non poteva che determinare la situazione patologica attuale, che spiana la strada alle "proposte" private. Ma, mentre si minavano le condizioni strutturali della scuola pubblica, si è imposta anche nel nostro paese un'idea di scuola tutta schiacciata sulla presunta “valutazione”, secondo i catastrofici criteri della scuola-azienda, finalizzata a fornire l’istruzione come se fosse una qualsiasi merce in compra-vendita.

HANNO SOTTOSCRITTO L'APPELLO
ANDREA ADDOBBATI Ricercatore storia moderna Università di Pisa
GIUSEPPE ARAGNO - Storico - Facoltà di Scienze Politiche "Università Federico II", Napoli
LIA BARELLI Prof.ssa Associata Corso di Laurea in Scienze dell' architettura e della Città Università La Sapienza di Roma

PAOLO BARRUCCI Prof. Associato Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali Università di Firenze
CESARE BERMANI Scrittore, storico e studioso delle tradizioni popolari
CRISTINA CASSINA Ricercatrice Dipartimento di Storia; Facoltà di Lettere e Filosofia Università di Pisa

MATTEO D’AMBROSIO Semiologo, già Professore di Storia della Critica letteraria alla Federico II, Presidente del Comitato Dante Napoli.
PAOLO LIVERANI Prof. Associato dipartimento Dipartimento di Scienze dell'Antichità (SAGAS), Facoltà di Lettere e Filosofia Università di Firenze

ROMANO LUPERINI Prof. Ordinario Letteratura italiana moderna e contemporanea Università di Siena, professore aggiunto all'Università di Toronto (Canada)

GIANNI MARCONATO Psicologo, Formatore, Senior Learning Consultant
SALOMONE “MONI” OVADIA attore teatrale, drammaturgo, scrittore, compositore e cantante italiano.

MARIASERENA PETERLIN, Insegnante, Scrittrice, Blogger, Roma
GIANNI PIAZZA ricercatore, docente di Scienza Politica, facoltà di Scienze Politiche Università di Catania
LUIGI PICCIONI Ricercatore, Dipartimento di Economia e Statistica,Università della Calabria

ROBERTO RENZETTI, Docente di Fisica Generale presso l'Università Roma Tre, Saggista
LICINIA RICOTTILLI Professore ordinario di Lingua e letteratura latina presso Università di Verona
RENATE SCHULER-OLIVO Lettrice Università degli Studi di Udine
LUCIANO CANFORA Filologo, professore ordinario di Filologia greca e latina presso l'Università di Bari e coordinatore scientifico della Scuola Superiore di Studi Storici di San Marino

GUIDO VISCONTI scienziato e saggista, Prof. Ordinario di Fisica del Sistema Terra Università degli Studi dell'Aquila, membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei, già consulente NASA (Agenzia spaziale USA), Direttore del CETEMPS
CINZIA VISMARA Prof.ssa Associata Archeologia classica Università di Cassino e Lazio meridionale
PASQUALE VOZA Prof. ordinario di Letteratura italiana nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bari

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 Cosimo De Nitto    - 28-04-2013
Sulle premesse teoriche che sono alla base dell'articolo di Maurizio Tiriticco ho molte perplessità mentre le critiche alle prove INVALSI sono condivisibili.
Sulle premesse circa la "oggettività".
La divisione che fa Tiriticco tra "zona test" e "zona reattiva", o, in termini figurati, tra "mattoni" della conoscenza e "costrutto" come elaborazione, è troppo netta, tagliata con l'ascia, sembrano quasi due "cose" indipendenti l'una dall'altra, facilmente individuabili e facilmente "trattabili". Se si dà un'occhiatina a ciò che vanno scoprendo le neuroscienze ci accorgiamo che questo dualismo, ereditato da visioni filosofiche ottocentesche e primo novecento, viene messo sempre più in crisi.
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Il cervello è un emulatore della realtà (Rodolpho Llinas)

Possiamo chiederci quanti neuroni ci siano approssimativamente all'interno del cervello. La risposta è 10 alla decima, o 10 000 000 000. E' un numero enorme! Eppure, questo sistema funziona come un singolo evento funzionale: la coscienza.

Ci possiamo chiedere quanti neuroni siano dedicati alla vista, all'udito o al tatto. In verità, molto pochi: la maggior parte dei neuroni del cervello non si occupa del mondo esterno. Queste e altre considerazioni ci fanno ritenere che il cervello sia, fondamentalmente, un sistema chiuso.

Come sapete, i colori in realtà non esistono indipendentemente da noi, ma sono l'interpretazione che il nostro cervello fa di particolari informazioni provenienti dalla retina. Anche i suoni non esistono, ma sono la nostra interpretazione delle vibrazioni dell'aria. Analogamente, il tatto è qualcosa che noi produciamo in seguito alla deformazione della pelle. Tutto questo ci dice che il nostro cervello è un emulatore della realtà, qualcosa che si è evoluto nel tempo per "imitare" ciò che esiste al di fuori di noi, o, in altre parole, per costruire una storia. Ma gli elementi di questa storia esistono da prima della nostra nascita, poiché nessuno ci insegna a vedere i colori, né a sentire il dolore o le altre sensazioni. Queste facoltà nascono con noi, proprio come il naso, le orecchie e il corpo. Noi siamo come una coscienza equipaggiata con un sistema di sensazioni! Il nostro cervello è, dunque, un emulatore che genera una realtà e che ne verifica l'affidabilità servendosi delle sensazioni.
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Maurizio Tiriticco ha due certezze ferree che io non ho. La certezza dei DATI (informazioni di base, mattoncini della conoscenza ecc.) e la certezza che questi siano appresi una volta per tutte. Sulla certezza dei dati ho fatto rispondere a Rodolpho Llinas, per quanto riguarda la certezza dell'apprendimento che renderebbe utile il test, sia pure non quello INVALSI, mi limiterei a questo ragionamento. Oggi faccio il test oggettivo e verifico il possesso dei mattoncini della conoscenza dell'allievo. Gli do 10, è stato perfetto, ha apposto le crocette giuste. Passata una settimana gli faccio delle domande che riguardano la materia testata la settimana precedente e l'alunno spesso sbaglia le risposte, se lo "interrogo" dopo le vacanze non risponde a niente, sembra un marziano sceso sulla terra che non ha mai avuto a che fare con quelle conoscenze. E' un dramma ricorrente per chi insegna. Che fare? Cosa pensare? Che fine fa tutta l'affidabilità oggettiva del test, se l'alunno va fuori di test(a)?
Intendiamoci, io non mi iscrivo al partito dei NoTest per principio preso (a livello di classe e in momenti che l'insegnante decide in base alle sue libere scelte didattiche, non certo per l'INVALSI verso il quale sono contrarissimo), ma non mi iscrivo nemmeno alla setta degli adoranti fedeli che si immolerebbero per difendere la loro assoluta certezza e affidabilità. Personalmente li ho usati in circostanze in cui mi serviva raccogliere qualche informazione di massima in tempi rapidi, ma non mi sono mai affidato ad essi per costruire certezze certe e soprattutto non ho mai affidato ad essi le chiavi della mia valutazione degli alunni, che è cosa assai più complessa, "drammatica", lunga molto di più di quanto possa esserlo un test. Dirò così, ricordando Benedetto Vertecchi, essi sono un'istantanea, non sono il film, non sono il film della storia intrecciata di lavoro, pensiero, relazioni tra insegnanti e alunni, una storia aiutata, favorita, resa più fruttuosa dalla valutazione (formativa).

 Pier Luigi Lunerti    - 28-04-2013
Sono un insegnante che opera da anni nella Scuola e sono nettamente contrario alla logica dei test e al corpo estraneo Invalsi nella Scuola Pubblica Italiana.

 Piero Cappello    - 28-04-2013
Penso che la nomina del nuovo Ministro della Pubblica Istruzione - Prof.ssa Carrozza - potrà apportare un notevole contributo a che si sciolga una volta per tutte l'eterno dilemma nella valutazione scolastica che in questi ultimi dieci anni ha avvelenato le discussioni dei Consigli di Classe e dei Collegi dei Docenti.
Mi trovo pienamente concorde con i concetti espressi dall'emerito Ispettore Maurizio Tiriticco che per decenni ha rappresentato un faro di chiarezza nella scuola italiana.