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Così son tutti?
Cosimo De Nitto - 22-02-2013
Campagna elettorale. Riflessioni a margine

La nozione "sono tutti così" (detta di politici, categorie di persone, etnie, abitanti di una certa regione, di un paese, di un colore della pelle ecc.) è un'espressione generica, priva di un significato aderente la realtà, perché priva di dimostrazione e con eccezioni talmente numerose che finiscono per costituire esse stesse la regola, la normalità. Nel linguaggio politico si usa definire questa espressione come qualunquista, un po' a ragione un po' a torto. Tralascio l'origine storica e una discussione sul termine. Espressione che normalmente si contrappone criticamente e segna i limiti del "son tutti così" (i politici, ladri, mentitori, corrotti e corruttori, privilegiati, delinquenti ecc.) è l'espressione metaforica "fare di tutte le erbe un fascio". Se nel campo delle scienze sociali le generalizzazioni sono viste come fumo negli occhi dagli studiosi perché mistificano la realtà, ne danno una visione banalmente semplificata e non rispondente al vero, nel campo delle scienze fisiche e naturali sono la negazione stessa del principio scientifico. La scienza nasce infatti come processo di "analisi". L'analisi è una valutazione critica, solitamente condotta scomponendo l'oggetto (materiale o intellettuale) nelle sue parti costituenti, per poi descrivere tali parti e le loro relazioni col tutto. La parola analisi viene dal greco analyo, scompongo, divido, separo, esattamente l'opposto del "sono tutti così" o del fascio indistinto di erbe. Nelle erbe ci sono quelle mediche, ci sono quelle tossiche, ci sono quelle velenose. La vita stessa, da quella fisica a quella intellettuale, è tutta un processo di scomposizione e di ricomposizione. Scienza viene dal latine scire, sapere. Analisi scientifica vuol dire dunque distinguo (analizzo) dunque so, so perché distinguo. La generalizzazione, l'indistinto è χάος (caos), disordine, il σύμπαν (cosmo) è ordine, nelle cose e nella testa. Lo avevano capito i greci ancora non lo hanno capito molti italiani urlanti che lanciano anatemi, insulti, parolacce, volgarità che offendono prima e più che la morale pubblica, il buon senso, il ragionamento e il "civil costume", direbbe Leopardi. Si sarà pure in campagna elettorale, ma qui in Italia ci stiamo abituando e sembra che siamo in una campagna elettorale perpetua. Abbiamo assunto le modalità della campagna elettorale a modalità di pensiero, di relazione, di comunicazione, di cultura. O incultura?

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