Di preside elettivo non si discute nemmeno, è un tabù?
Vincenzo Pascuzzi - 11-02-2013
Francesca Puglisi (Pd), intervistata l'8 febbraio scorso, riconosceva la maggiore utilità del dialogo e del confronto rispetto al metodo autoritario e verticistico. Queste le sue parole:
«L'idea chiave è, prima di tutto, di metodo politico: la scuola ha subìto tagli, insulti e riforme calate dall'alto. Se vogliamo restituire centralità al sistema nazionale di istruzione, allora non possiamo che ripartire dalla condivisione. Qualsiasi legge, prima di divenire tale, dovrà essere una proposta discussa e condivisa dalla più larga parte del mondo della scuola. I partiti devono fare un passo indietro per poterne fare uno avanti: più umiltà nel confronto con i vari soggetti che lavorano e vivono nella scuola, più capacità di ascolto, e anche più lungimiranza, più capacità di guardare oltre».

Anche l'attuale ministro, ora dimissionario, Francesco Profumo, all'atto della sua nomina, aveva dichiarato e promesso qualcosa di simile: "Voglio essere il ministro dell'ascolto e del dialogo ....". Propositi poi disattesi nei 13 mesi in cui è stato titolare a Viale Trastevere.

Non sappiamo se Puglisi aspiri e-o abbia delle chance per diventare il prossimo ministro dell'istruzione. Però il proposito dell'operare con confronti e decisioni condivise sembra essere già dimenticato nella attuale fase pre-elettorale.

Infatti, in un'altra recente intervista, Puglisi ha dichiarato che l'eventualità o l'ipotesi del preside elettivo "non è panacea" e non è lo strumento che possa appianare i conflitti nelle scuole. Letteralmente concordiamo in quanto "panacea" indica una pianta (mitica) con proprietà terapeutiche e in grado di guarire tutti i malanni.

Non esiste un tale vegetale e non ha senso cercarlo. Però esiste una questione sul ruolo e la funzione del preside e si dovrebbe almeno poterne parlare, discutere e confrontarsi. Perché troncare a priori queste possibilità? Quando esistono sicuri casi di presidi dittatorelli ("sceriffi") che eccedono, forzano normative e leggi, abusano o fanno mobbing? E quando sappiamo che i concorsi a preside (come pure gli altri concorsi) sono permeabili a raccomandazioni e irregolarità, oggetto di troppo numerose controversie legali, e richiedono anche anni e anni per essere faticosamente portati a termine?

Del resto vengono eletti i presidi delle facoltà universitarie, perché non si potrebbero eleggere quelli delle scuole?

E i presidi vengono eletti tranquillamente anche in altre nazioni europee (Germania e Gran Bretagna).

Sulla questione influisce anche un aspetto importante, finora ignorato o lasciato in ombra, che è quello dei costi dei concorsi. Infatti i concorsi vengono gestiti con costi a piè di lista: non abbiamo preventivi da monitorare, tanto meno consuntivi. Di sicuro l'elezione sarebbe più rapida, più trasparente ed economica rispetto al concorso. Non sarebbe la panacea, che non esiste, ma alcune volte potrebbe bastare o una semplice aspirina o una tachipirina.

Sulla posizione di Puglisi (di preside elettivo non ne parliamo nemmeno quasi fosse un tabù!) troviamo anche altri commentatori di problematiche scolastiche.

Una ventina di giorni fa, Eugenio Tibaldi (ora preside, ma anni addietro collega di Marco Rossi-Doria alla scuola "Pasquale Scura" quando iniziava il progetto "Chance") titolava un suo articolo "La baggianata del preside elettivo".

Ed è di oggi il titolo di Enrico Maranzana "Eleggere direttamente i dirigenti scolastici: una proposta oscena" a una sua nota sulla questione.

Mi pare che inserire già nei titoli termini impropri come "baggianata" e "proposta oscena" non sia una modalità corretta e costruttiva e forse potrebbe nascondere un argomentare non del tutto solido e completo.

Sia chiaro, non ho nulla di preconcetto a sfavore di Puglisi, Tibaldi, Maranzana, ma credo che non siano utili proprio a nessuno posizioni preconcette e di assoluta chiusura.

Tags: francesca puglisi, preside elettivo, panacea, eugenio tibaldi, tabù


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 Gian Paolo Trevisani    - 17-02-2013
Concordo pienamente con l'autore e credo che sul ruolo e sui perché della dirigenza scolastica sia indispensabile iniziare una discussione e un confronto approfondito. A tale scopo inserisco di seguito un intervento del sottoscritto pubblicato qualche tempo fa su Fuoriregistro.

" A che cosa serve la scuola in generale, a che cosa serve la nostra scuola così come è concepita dalle diverse parti sociali del nostro paese (ognuno la pensa in maniera anche molto diversa dall’altro). Qual è il suo ruolo sociale, politico, economico. A che cosa servono e che cosa fanno i vari operatori scolastici: in particolare il personale docente e il personale amministrativo; si va da un’alta considerazione a una pessima considerazione. L’investimento economico fatto nelle scuole dà un tornaconto? I cittadini che escono dalla scuola sono preparati in maniera adeguata? E così via, le domande possono essere altre centinaia. Ciò che non emerge quasi mai nella discussione sulla scuola è il ruolo del dirigente scolastico. Proviamo a farci anche in questo caso alcune domande: serve? a cosa serve?
Nella scuola la funzione di indirizzo è svolta dal Consiglio di Istituto, la funzione didattica è svolta dal Collegio dei docenti, la funzione amministrativa è svolta dal Direttore dei servizi generali e amministrativi. Se ne deduce che il D.S. dovrebbe avere un ruolo di coordinatore e di gestore di una molteplicità di risorse.
Se questo è il suo ruolo, perché anche l’ultimo concorso per dirigente scolastico – a causa di una struttura medievale - ha selezionato persone sulla esclusiva base di conoscenze e non su quella più coerente di competenze?
Se questo è il suo ruolo, perché in moltissime scuole vige un clima di competizione e non di collaborazione? Perché in molte scuola le divisioni e le contrapposizioni, gli egoismi e l’arroganza, le antipatie e le insofferenze la fanno da padrone?
Se questo è il suo ruolo perché spesso si atteggia a padrone?
Se il dirigente scolastico è indispensabile perché migliaia di scuole sono senza?"

 Franco Dore    - 17-02-2013
Il problema esiste, è posto correttamente senza avere nulla di osceno o comunque improponibile. Chi lo ritiene tale è perchè confonde l'autonomia scolastica con il dirigente scolastico.
Una discussione laica sul tema non può non riflettere anzitutto sul fatto che in altri Paesi quel sistema scolastico lo adotta.
In Italia occorre riflettere sul concetto di autonomia (dei comuni, delle amministrazioni militari, delle amministrazioni giudiziarie e infine di quelle scolastiche). Se si accetta l'idea di autonomia, ad esempio dei comuni, si ragiona su un modello che vede un consiglio comunale ELETTO insieme ad un sindaco ELETTO e di un segretario generale che ha compiti amministrativi delicati e ben distinti.
Se si va a guardare una organizzazione fortemente gerarchica come quella militare, l'Ufficiale decisore responsabile è NOMINATO, ma ogni quattro anni viene sotituito e inviato in altra sede.
In modo simile agisce l''amministrazione giudiziaria.
L'università elegge un rettore.
Come si vede il tema è certamente delicato e va approfondito senza banalizzazioni. Nel sistema scolastico occorre affrontare senza meno l'aggiornamento normativo sul ruolo degli organi collegiali (i decreti delegati risalgono al 1974) e al loro adeguamento al contesto attuale che ha visto una fioritura normativa straordinaria e spesso contraddittoria sopratutto in questo ultimo periodo. Si rifletta sulle competenze in materia di dimensionamento scolastico, di indirizzi di studio, di dotazioni organiche di personale e di efficacia del sistema di istruzione in rapporto all'istruzione universitaria e all'ingresso in produzione.
Il lavoro è complesso, non va sottaciuto; nemmeno però va consentito ad alcuno che si introducano artatamente elementi di inutile complicazione. (un motore che funziona è complesso, un archivio disordinato è complicato). La scuola non è di parte politica e al suo riordino sono chiamati tutti perchè rappresenta il nostro futuro tra 15 anni.