breve di cronaca
Un nuovo mestiere: addestratore per i quiz Invalsi
A scuola di bugie - 09-02-2013
Una volta insegnavo, ora faccio l'addestratore di giovani concorrenti per i quiz dell'Invalsi.


Capita a volte di incontrare e conoscere una nuova persona che, per curiosità, mi chiede: "Ma che lavoro fai?". Allora io rispondo, in modo ironico e quasi insolente: "Una volta insegnavo, ora faccio l'addestratore di giovani concorrenti per i quiz dell'Invalsi".

Ebbene, la mia risposta, ancorché sarcastica e provocatoria, non è affatto distante dalla realtà, anzi. Il guaio peggiore è che, ovunque mi sia trovato, ovverosia in qualunque ambiente scolastico abbia avuto l'occasione di prestare servizio, ho avuto modo di ravvisare un numero sempre crescente di colleghi e colleghe a cui sembra addirittura piacere questa "mansione professionale". O, perlomeno, sembra accolta supinamente.

Mi riferisco anzitutto all'obbligo di preparazione degli studenti ai quiz predisposti, ma soprattutto imposti e calati dall'alto, dall'istituto Invalsi. Un carrozzone di stampo assistenzialistico e clientelistico, assolutamente inutile e costoso, gradito soprattutto ai funzionari ministeriali, ai burocrati e ai capi d'istituto, in particolare ad un certo tipo di dirigenti scolastici, cinici e affaristi, paternalistici ed opportunisti, arrivisti e carrieristi.

Penso altresì alle attribuzioni, indubbiamente necessarie, connesse alla vigilanza degli alunni, nonché alle mansioni di "parcheggiatore" per giovani disoccupati permanenti o, peggio ancora, ad una sorta di "ufficio di collocamento" al servizio di giovani "precari cronici". Purtroppo, l'azione educativa è, per mille ragioni, sempre più avvilita, mortificata e sacrificata nelle sue prerogative, a partire da chi governa (male) la scuola.

Non che io nutra sentimenti di nostalgia per un prototipo di scuola concepita in maniera tradizionalistica, ossia in forme cattedratiche e professorali, come uno strumento di indottrinamento e trasmissione unilaterale (che presuppone un atteggiamento ricettivo assolutamente passivo da parte dell'allievo) di un sapere squisitamente nozionistico, formato da cumuli di contenuti disciplinari aridi, accademici e pedanti, attraverso metodologie didattiche che sono di stampo esclusivamente astratto e verbalistico. Anzi.

Penso, al contrario, ad una professione sociale che sia altamente edificante e gratificante sotto ogni punto di vista, culturale, morale, affettivo e via discorrendo, tanto per i docenti quanto per i discenti, ad un esercizio intellettuale di autentica democrazia diretta, di confronto critico e dialettico tra i soggetti che sono i principali protagonisti del rapporto di insegnamento/apprendimento. Un processo interattivo e consapevole che, nella migliore delle ipotesi, dovrebbe svolgere un compito altamente formativo a 360 gradi, ovvero una funzione di carattere creativo con finalità educative.

Non a caso, il concetto di educazione discende dall'etimo latino e-ducere, che significa letteralmente trarre fuori e si riferisce ad un ruolo professionale che persegue lo scopo primario della formazione integrale, e non equivale all'atto dell'indottrinare o del riempire la testa di nozioni, bensì al compito di aprire e liberare la mente. In ultima analisi, l'impegno educativo consiste in un'opera di emancipazione globale dei giovani, anzitutto sul versante della coscienza civile e politica, nel senso più nobile del termine.


Lucio Garofalo
3 febbraio 2013


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 Elisabetta Cerasi    - 10-02-2013
Sono un'insegnante di scuola primaria, prevalente sulla mia classe col cosiddetto "blocco forte" (italiano e matematica), e l'articolo potrei averlo scritto io: parola per parola. Che amarezza che queste competenti sensibilità vaghino nei purgatori della precarietà anzicchè arricchire la scuola pubblica con la portata del loro spessore di formatori...
Un saluto, Signor Garofalo, e tanto di cappello.

 Giovanna Garzini    - 10-02-2013
assolutamente in accordo. giovanna garzini (37 anni di insegnamento...ben portati)

 Stefano    - 10-02-2013
Purtroppo tutti noi docenti stiamo diventando o diventeremo, nel futuro prossimo, addestratori per i quiz invalsi. Il meccanismo è ormai attivato e anche le ultime prove concorsuali confermano che la casta, che ci domina, si sta attrezzando per inocularci il veleno dall'interno.Nella mia scuola gli studenti riescono ancora a resistere, ma i/le docenti obbediscono tutti/e ai comandi del DS: i quiz sono obbligatori, ci conviene farli, si fanno! E, guai!, a entrare nel merito, tentare di discutere la pertinenza degli stessi: ipse dixit!
Docente quasi disperato di un liceo classico di montesacro - Roma.

 V.P.    - 10-02-2013
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