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Psicologia e antropologia del ceto politico
Giovanni Lamagna - 31-10-2012
La persona che rientra nella categoria del "ceto politico" ha alcune caratteristiche psicologiche e, potremmo dire, antropologiche specifiche, particolari, che lo distinguono da tutti gli altri ceti.
Provo ad individuarne alcune:
- è una persona di solito piuttosto chiusa ai rapporti con persone che non fanno parte del suo stesso ceto, che tende a parlare, a "comunicare" solo con le persone del suo stesso ceto o, addirittura, solo con quelli del suo cerchio ristretto, della sua "componente" o "corrente"; che guarda gli "altri" (cioè quelli che non fanno parte del ceto politico) come se appartenessero ad un altra "specie" animale; con una vaga puzza sotto al naso, con un certo senso di superiorità; anche quando questo senso di superiorità non poggia su niente di concreto, su nessuna qualità speciale; in effetti il senso di superiorità le deriva evidentemente dal fatto di appartenere ad un ceto che lei considera di per sé superiore; non è un caso allora che a questo ceto è stato affibbiato negli ultimi tempi il termine "casta";
- la chiusura diventa addirittura diffidenza e sospettosità di fronte a chi si avvicina all'organizzazione da neofita e prova a dare un contributo di idee e di azioni concrete all'organizzazione di cui il ceto politico è quadro militante e in alcuni casi dirigente; evidentemente la partecipazione (anche quando è del tutto priva di "secondi fini", ma è dettata solo dalla passione politica, anzi, forse, proprio perché è dettata solo dalla passione politica) viene vissuta come una minaccia al ruolo acquisito, al piccolo o grande potere raggiunto da chi è "ceto politico"; per cui tale partecipazione, lungi dall'essere incoraggiata, viene in molti casi scoraggiata, se non proprio osteggiata;
- la chiusura o la diffidenza abituali dell'appartenente al ceto politico si sciolgono, però, improvvisamente, come di incanto, se chi si avvicina ad un'organizzazione politica è disposto ad accettare subito gerarchie di ruoli, se non di potere, già consolidate; la chiusura e la diffidenza abituali si trasformano anzi in vere e proprie manifestazioni di accoglienza e di interessamento alla tua persona (telefonate, inviti a riunioni, anche conviviali...), in occasione di scadenze elettorali, quando il ceto politico è impegnato a ricercare il voto per sé (direttamente) o per qualcuno a cui è collegato in qualche cordata (oggi io appoggio te, domani tu appoggerai me);
- la persona che fa parte del ceto politico spesso non ha un lavoro; e in molti casi non lo cerca e non lo ha mai cercato; perché ha sempre "lavorato", fin da giovane, in ruoli politici (nell'apparato tecnico dell'organizzazione, come funzionario di partito, in qualche carica elettiva); ha fatto (potremmo dire) un investimento nella carriera politica; ritiene perciò di avere diritto a dei riconoscimenti, dal momento che da anni fa "lavoro politico"; ha maturato, si dice con un linguaggio tipico; "legittime ambizioni"; che devono trovare col tempo soddisfazioni sempre più elevate; altrimenti il "politico" scalpita, sgomita, fa "lotta politica"; ma mica per qualche nobile causa, a favore e per conto dei cittadini di cui è rappresentante o anche solo del partito di cui è "ceto"; no, la sua "lotta politica" mira a salire qualche altro gradino della scala degli onori, che è il suo vero e principale (se non unico) obiettivo;
- chi entra a far parte del "ceto politico", in genere, non si è mai posta la domanda: ma ne ho la predisposizione? ne ho le qualità e le competenze? sarò in grado di corrispondere alla domanda che implicitamente i cittadini (che non fanno parte del ceto politico) ripongono in chi di quel ceto fa parte? No, chi entra a far parte del ceto politico lo fa a partire da una sua ambizione personale, che in genere non ha mai confrontato (per averne conferma o meno) con i cittadini, che pur dice di voler rappresentare; di solito la legittimazione gli viene da coloro che già da prima di lui fanno parte del ceto politico, cioè i "chierici" o i "presbiteri" della politica; è come i preti, che affermano di avere la vocazione, senza aver mai avuto alcuna legittimazione, alcuna "nomina", dalla comunità di cui sono chiamati a diventare "pastori";
- colui che fa parte del ceto politico, in genere, non si espone mai troppo in un dibattito, in una discussione, quando si tratta di prendere una determinata decisione; sta sempre ben attento, prima di parlare e di assumere una posizione, a quello che dice o fa il suo capo cordata, colui che lo precede nella gerarchia dell'organizzazione politica e a cui si è "legato" col progetto di seguirne le orme, di essere tirato su nell'ascesa politica, come si fa in montagna da chi sta più su di noi con la corda; per cui non sviluppa, in genere, un grande acume politico; le sue affermazioni il più delle volte sono banali, opache,quasi sempre scontate, non dicono mai nulla di nuovo e di originale;
- spesso il personale politico è apatico, amorfo, non coltiva grandi passioni ed entusiasmi, fa politica per mestiere e il mestiere dopo un po' stanca, toglie energia, vitalità, smalto e freschezza; il "politico" spesso è un "burocrate"; dovrebbe incoraggiare gli altri (quelli che "politici" non sono), dare loro motivi e ragioni di impegno, ma spesso non riesce a motivare neanche se stesso, figuriamoci se riesce a farlo con gli altri
- siccome i suoi destini economici sono legati alla professione politica è disposto in genere a qualsiasi compromesso, pur di conservare la posizione acquisita; per cui spesso, alla mancanza di entusiasmo e di passione, si unisce anche un certo buon grado di cinismo e di spregiudicatezza; assume o approva, ad esempio, posizioni e scelte che non condivide, ma fa finta di condividere, per non "mettersi contro" quelli che contano più di lui e che gli garantiscono il "posto" e gli "promettono" la agognata carriera; (anche qui) ricorda quei preti che hanno perso la "vocazione" (ammesso che l'abbiano mai avuta) e che continuano a fare i preti, perché, non avendo "né arte né parte", non saprebbero dove andare a "sbattere" per sbarcare il lunario;
- per concludere, il ceto che forma l'apparato di una organizzazione politica si trova a incarnare, in genere, questo paradosso: dovrebbe essere il cuore pulsante dell'organizzazione, funzionale alla sua efficienza, alla sua vitalità, alla sua crescita , mentre, invece, il più delle volte ne è un freno, un appesantimento, una zavorra.


Tags: politica, ceto politico, casta, organizzazione


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