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Un futuro per la ricerca?
Il 10 settembre 2002, centinaia di scienziati si sono riuniti in assemblea
nella sede romana del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), per
discutere della riorganizzazione della ricerca scientifica minacciata dalla
ministra Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti.
In realta', da buona specialista di Risk Management (secondo il sito web del
Ministero), Donna Letizia aveva avuto la cautela di mantenere segreto il suo
progetto di riforma, tanto da affidarlo ad una societa' di consulenze
privata senza interpellare i ricercatori interessati. Dopo indiscrezioni e
documenti "fantasma" pubblicati in estate, si e' capito il motivo di tanta
prudenza: la riorganizzazione morattiana e' in realtà una privatizzazione in
grande stile della gia' fragile ricerca scientifica italiana (una delle più
povere in Europa), destinata a creare forti malumori nei laboratori.
Le maggiori novita' riguardano proprio il CNR, il maggior ente pubblico di
ricerca: secondo la riforma, il finanziamento privato dovrebbe sostituire
quello pubblico, trasformando il CNR in un'agenzia di consulenze alle
imprese nei progetti di ricerca e sviluppo. Inoltre, molti enti minori,
dall'Agenzia Spaziale Italiana all'Istituto nazionale di Diritto Agrario,
verrebbero accorpati o cancellati del tutto.
Finora, la mobilitazione degli scienziati si e' limitata ad appelli pubblici
e ad un'azione di lobby presso commissioni parlamentari e governative.
Niente girotondi, per ora: troppo "di sinistra", la corporazione potrebbe
dividersi. Si spera che, di fronte ad una levata di scudi della sgarruppata
elite intellettuale del Paese, la Ministra dai quattro nomi faccia
dietrofront. I professori, guidati dall'ex-senatore PCI Carlo Bernardini,
sono riusciti a farsi ascoltare il 3 ottobre dalla Commissione Cultura del
Senato e a ridurre i tagli dal 10 al 2%
Mentre bussano a palazzo, gli scienziati potrebbero tentare di farsi
ascoltare dai cittadini, finora poco interessati da un'eventuale
privatizzazione dei laboratori scientifici. La scienza e il sapere non sono
più percepiti come un bene comune, come la pensione o la salute. Come dar
loro torto, visto che la ricerca pubblica si e' appiattita sulle priorita' e
sui metodi della ricerca privata?
Oggi, infatti, l'innovazione tecnologica e' solo uno strumento per conferire
"competitivita'" alle imprese italiane sul mercato internazionale. Anche
nelle universita' pubbliche, lo scopo ultimo della ricerca, e la misura del
suo valore, e' diventato il brevetto: conta solo la scoperta su cui far
pagare un diritto di accesso. E se visitate un laboratorio pubblico,
incontrerete soprattutto personale precario, appeso fino a quarant'anni alle
borse di studio a scadenza annuale. Lavoratori immateriali in affitto, che
la Moratti vorrebbe regalare alle imprese.
L'opposizione alla riforma e' sacrosanta, dunque. Ma adesso la vertenza
corporativa potrebbe trasformarsi in una lotta piu' ampia sulla costituzione
del sapere come nuova "res publica". In effetti, la lotta contro il brevetto
e per il diritto ad un "sapere di cittadinanza" e' un patrimonio del
movimento da tempi non sospetti. Le manifestazioni contro le biotecnologie
liberiste, o contro i brevetti delle multinazionali su farmaci e software,
rivendicano anche una "liberazione" del progresso tecnologico, alla portata
di tutti e non ostaggio di poche multinazionali. Anche i lavoratori
immateriali, per lo piu' precari, si sono accorti che il brevetto interrompe
la produzione orizzontale di saperi a mezzo di saperi, e ne fanno un loro
"articolo 18".
Il dibattito sulla ricerca, dunque, rischia di sfuggire alle lobby e alle
commissioni parlamentari, diventando un nuovo terreno di lotta
"generalizzata". Altrimenti, contro Moratti, non rimarra' che Moretti.

(da www.e-laser.org
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(Pre)Giudizi, Dati di Fatto, Questioni Aperte
CNR centrale (Roma, P.le Aldo Moro)
(Aula Convegni)
27-11-2001 (Ore 14)
Documentazione congressuale



Le Ragioni

Nelle ultime settimane, è tornata al centro dell’attenzione la ricerca pubblica, specialmente il CNR, primo Ente Pubblico
di Ricerca italiano. Da un lato, mentre il Governo boccia il Piano Triennale del CNR, la nuova Legge Finanziaria
prevede tagli consistenti a tutto il comparto ricerca e il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego per tutto il 2002
(cui fanno eccezione scuola e Università ma non gli EPR). Dall’altro, si ripropone sulla stampa, anche da parte di figure
con diretta responsabilità istituzionale, il dibattito sulla ricerca pubblica, sul suo valore e sulla sua utilità, e vengono
avanzate alcune proposte per la trasformazione degli EPR e persino l’“abolizione” del CNR.
Appare evidente la necessità di un quadro aggiornato della situazione, di ulteriori riflessioni e approfondimenti sui
modelli di sviluppo della ricerca scientifica nel nostro Paese, di analisi quanto più possibile documentate (e non
preconcette) delle attuali istituzioni della ricerca tanto pubblica che privata e del loro operato.
Intendiamo offrire una sede CNR, nonché dati e contributi tecnici, al dibattito e al confronto su questi temi fra le diverse
forze politico-istituzionali e le relative opinioni, interpretazioni ed analisi.

Le Domande

· Come valutare la ricerca pubblica e in particolare il Cnr, sia rispetto ad altre istituzioni della ricerca in Italia, sia
rispetto ad analoghe istituzioni in altri paesi (Max Planck, CNRS, British Councils, ecc.)?
· Ricerca di base e ricerca applicata: quale impatto sul trasferimento e sullo sviluppo economico?
· Ricerca pubblica e ricerca privata: Che cosa è meglio, per quali settori e con quali finalità? E’ preferibile un
modello omogeneo o uno misto?
· Che cosa significa privatizzare la ricerca? Quali modelli (fondazioni, SpA, ecc.), e quali le loro conseguenze sulla
produttività della ricerca?
· Fondazioni e ricerca pubblica: quali differenze e quali analogie? Qual è il rispettivo impatto sulla produttività
scientifica e sul trasferimento?

Le risposte nel DOSSIER, che fa luce sullo stato dell'arte.
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