Scuola e pedagogia della condivisione
Fabio Cardini - 13-04-2012
Riscoprire l'intelligenza del cuore

Negli ultimi dieci anni è stato possibile portare avanti nelle scuole italiane diverse ricerche sui processi di apprendimento degli studenti e introdurre nuove metodologie di insegnamento che hanno permesso a docenti ed educatori impegnati nelle aule di individuare alcuni fattori decisivi di un buon apprendimento e di un clima positivo in classe.
Come hanno suggerito le attente valutazioni dello studioso della condivisione Andrea Braggio, è stato inoltre possibile fare maggiormente luce sulle radici affettive della relazione pedagogica nella scuola e sui due principali atteggiamenti rilevabili fra gli studenti nei quotidiani processi di apprendimento. Tali processi dipendono dal modo in cui lo studente si rapporta con ciò che lo circonda e con cui entra in contatto nella scuola. Il primo è rappresentato dalla modalità esistenziale dell'avere, mentre il secondo dalla modalità esistenziale dell'essere.
Nello scritto Avere o essere? lo psicoanalista tedesco Erich Fromm descrive come gli studenti che fanno propria la modalità esistenziale dell'avere assistono a una lezione «udendo le parole dell'insegnante, afferrandone la struttura logica e il significato e facendo del loro meglio per trascrivere ognuna delle parole stesse nel loro quaderno d'appunti, in modo da poter poi mandare a memoria le annotazioni e quindi superare la prova di un esame». Il contenuto non diviene però parte di loro stessi, «del loro personale sistema di pensiero, arricchendolo e dilatandolo; al contrario, essi trasformano le parole che odono in agglomerati di idee cristallizzate o in complesse teorie che comunque immagazzinano passivamente». Si tratta senza dubbio di un atteggiamento superficiale assai diffuso, che evita di mettersi in discussione e arricchirsi interiormente. Gli studenti che fanno propria la modalità dell'avere mantengono ciò che "hanno appreso", registrandolo esattamente nella propria memoria oppure conservandone accuratamente le annotazioni, ma rimanendo estranei rispetto a quanto viene loro insegnato. Essi non producono né creano qualcosa di nuovo, non sono parte attiva nel processo di acquisizione del sapere. Mostrano la tendenza «a sentirsi turbati da nuovi pensieri o idee su questo o quell'argomento, e ciò perché il nuovo mette in questione l'insieme cristallizzato di informazioni che già possiedono. In effetti, per una persona agli occhi della quale l'avere costituisce la forma principale di relazione con il mondo, idee che non possano venire facilmente incamerate (o registrate per iscritto) sono preoccupanti, al pari di qualsiasi altra cosa che cresca e si trasformi, e che pertanto sia incontrollabile».
Il processo di apprendimento è diverso per quegli studenti che fanno propria la modalità di rapporto con il mondo incentrata sull'essere. Essi non sono passivi recipienti di parole e idee, ma «ascoltano, odono e, cosa della massima importanza, ricevono e rispondono in maniera attiva, produttiva. Ciò che ascoltano stimola gli autonomi processi di elaborazione mentale, provocando in loro il sorgere di nuove domande, di nuove idee, di nuove prospettive. Il loro ascoltare è un processo vitale». Questa seconda modalità esistenziale si richiama all'ascolto come a un processo vitale, coinvolgente, non è acquisire semplicemente conoscenze, un bagaglio da portare a casa e mandare a mente. In riferimento a ciò, Erich Fromm aggiunge: «questa modalità di apprendimento può imporsi solo qualora l'insegnante offra argomenti stimolanti: vuote chiacchiere non possono trovare, come risposta, la modalità dell'essere». L'insegnante deve dunque porsi come compito quello di dedicarsi alla crescita e alla formazione degli studenti, organizzando anche contenuti stimolanti, ricchi di sfide e sorprese, senza rinunciare a offrire numerose strategie di metodo di studio. Egli sa entusiasmare, suscitare curiosità e desidera far amare la disciplina che insegna, senza mai dare per scontati gli allievi ai quali si rivolge. Saper insegnare vuol dire saper motivare e trasmettere la propria motivazione.
Noto studioso delle dinamiche educative e relazionali incentrate sul valore della condivisione, lo psicologo Mario Polito elenca nell'opera Educare il cuore alcune utili strategie per creare negli studenti attenzione e motivazione: interagire con gli allievi e stimolare la loro partecipazione; richiamare le conoscenze che gli studenti già possiedono per agganciare meglio le nuove informazioni; interessarsi a come studiano per suggerire loro strategie più efficaci; curare il dosaggio dei contenuti per evitare il sovraccarico mentale e facilitare la padronanza dell'essenziale; presentare in modo avvincente i contenuti della disciplina insegnata, utilizzando schemi, mappe e immagini; trovare connessioni con le altre materie e gli altri colleghi; stimolare la loro sensazione di competenza e coltivare la loro autostima, sottolineare il vantaggio e l'utilità formativa di ciò che stanno apprendendo; collegare lo studio con la vita e con l'esperienza concreta degli studenti; gratificare i loro sforzi e risultati; avere fiducia nelle loro potenzialità e trattarli come persone responsabili.
L'insegnante ha un ruolo determinante nel processo di apprendimento degli studenti, processo che cresce all'interno di un legame che è insieme cognitivo e affettivo, basato cioè sulla trasmissione di contenuti ricchi di emozioni e sulla stima e la fiducia, sulla percezione che l'adulto è interessato sinceramente all'allievo. Il docente non si prefigge come scopo quello di portare semplicemente avanti la didattica, ma è mosso dall'idea che un buon insegnamento è qualcosa da costruire continuativamente assieme agli studenti ed è sempre unito a un attento sistema educativo nel quale la relazione affettiva con gli allievi occupa un posto di primo piano. Porre al centro la relazione affettiva significa saper ascoltare in modo empatico e comunicare in modo autentico, coinvolgendosi e partecipando al percorso formativo di ciascuno. Significa sviluppare e curare quelle competenze motivazionali che nella pedagogia della condivisione trovano espressione in quella che si è soliti chiamare intelligenza del cuore.
Proprio a partire da queste considerazioni, la pedagogia della condivisione insiste sull'impegno e sul desiderio di prendersi cura della crescita e autorealizzazione dell'altro. Questa disponibilità essenzialmente affettiva suggerisce di cercare il bene dell'altro, di credere nel suo futuro, di aiutarlo a sviluppare le sue risorse e a coltivare i suoi talenti in un clima classe sereno e collaborativo. Molti studenti sanno per esperienza che studiano meglio e apprendono in modo più efficace quando vengono stimolati dal docente in un apprendimento che tiene viva la curiosità e tiene conto della modalità dell'essere. Ciò si verifica quando l'insegnante mette cura in ciò che insegna e nel modo in cui insegna la sua disciplina. Gli studenti si impegnano di più quando il docente è esigente ma comprensivo, giusto ma accogliente, fa rispettare le regole in classe ma è capace di mettersi in discussione. Un insegnante comprensivo incoraggia lo studente demoralizzato, stimola chi si ferma o si tira indietro di fronte alle difficoltà, coltiva la stima e la motivazione, valorizza l'impegno e lo sforzo. Egli partecipa insomma con entusiasmo al successo formativo di ognuno, ha cura di coltivare se stesso e la relazione con i suoi allievi.
Luogo di ricerca e di frequenti sperimentazioni, la scuola ha sovente messo in luce il fatto che se uno studente sente di poter fare affidamento su un docente sensibile e rispettoso della sua persona, che ha sviluppato nel tempo l'intelligenza del cuore, si lancia più positivamente nell'avventura della conoscenza. Tale studente si permette inoltre di commettere errori quando è certo che insegnanti ed educatori lo correggono con dolcezza, senza minare la sua autostima. Se non è sicuro di questo punto di sostegno, può facilmente evitare le normali difficoltà dei processi di apprendimento e ritirarsi dalle sfide con rassegnazione e passività. Come ha fatto notare il filosofo Andrea Braggio, quando emerge questo malessere emotivo in uno studente, malessere generatore di isolamento affettivo, emarginazione, noia e demotivazione, il problema non riguarda solo lo studente in questione, ma anche il docente. L'insuccesso del primo è anche sempre l'insuccesso del secondo, per quanto un insegnante possa arrivare anche a non ammetterlo. Braggio aggiunge inoltre come l'allievo sia in grado di affrontare meglio le difficoltà in aula se interiorizza la figura positiva dei docenti e degli educatori che lo accompagnano nel suo percorso scolastico. Si tratta di figure fondamentali che hanno il dovere di sostenere lo studente, di ascoltarlo e incoraggiarlo. Esiste infatti una sorta di priorità emotiva sulla dimensione cognitiva. L'intelligenza procede in modo assai raffinato e può operare senza ostacoli se il cuore si è aperto al desiderio di conoscere. Le chiavi dell'intelligenza sono senza dubbio nel cuore, dal quale possono emergere l'entusiasmo e la motivazione ad apprendere. La pedagogia della condivisione mette inoltre in guardia sul fatto che il pensiero non è staccato dalle valutazioni emotive e che anche le considerazioni emotive, sovente trascurate nelle aule scolastiche, possono avere valore conoscitivo e incidere in maniera considerevole nei processi decisionali. Coscienti o meno di questo, sia gli studenti che gli insegnanti si orientano verso una direzione non solo valutando in modo razionale i dati disponibili, ma anche le risonanze emotive che essi suscitano. Quando vengono operate delle scelte, i puri dati conoscitivi non sono sufficienti, e quelli emotivi, proprio perché rappresentano i criteri di valutazione, di gerarchia e priorità, non possono essere elusi. Lo psicologo Mario Polito descrive questo stato di cose quando afferma che «uno studente si dispone verso lo studio, ad esempio, della statistica, non soltanto riattivando le conoscenze matematiche che possiede, ma evocando anche un vissuto emotivo positivo o negativo rispetto a questa materia. Egli penserà: "Questa materia mi servirà se dovrò fare una ricerca scientificamente corretta". Oppure: "Questa materia non mi servirà a niente. Perché studiarla?».
Le emozioni ci accompagnano dunque quando studiamo, pensiamo e discutiamo, sia dentro che fuori dalle aule. Un insegnante competente deve porre la massima cura affinché il sistema emotivo e quello cognitivo degli allievi possano operare assieme in modo positivo, dando così vita a idee e progetti originali, a esperienze di vita scolastica creative e soddisfacenti. Questo è possibile là dove i docenti e gli educatori si prefiggono come obiettivo fondamentale quello di creare un clima classe incentrato sulla condivisione e il sostegno reciproco fra gli allievi, piuttosto che sulla selezione e la competizione fra i medesimi. È la riscoperta di quella che Andrea Braggio, richiamandosi allo stile di vita e alle modalità di relazione delle prime comunità cristiane, ha indicato con il termine greco koinonia, da intendersi come esperienza improntata alla cooperazione e all'unità del gruppo nel quale ci si trova a vivere e operare. Questa unità diviene possibile nel momento in cui si condivide un progetto comune con interesse, partecipazione, coinvolgimento, entusiasmo e fiducia, quando si persegue l'unità nella diversità, quando ci si viene incontro e ci si sostiene reciprocamente, quando ogni membro del gruppo si prende a cuore il benessere degli altri e considera il successo e le difficoltà degli altri come propri. Il concetto di koinonia si richiama a una solidarietà che ha una forte risonanza pratica. Essa richiede un impegno morale attivo, una determinazione ferma e perseverante di dedicarsi al bene comune, ossia al bene di tutti e di ciascuno: tutti siamo responsabili di tutti. Se in classe i docenti e gli educatori si pongono l'obiettivo di favorire e costruire assieme agli studenti comportamenti empatici e solidali, obiettivo da tessere giorno dopo giorno, è più probabile che venga a emergere quella coscienza etica cui fa riferimento il filosofo Paul Ricoeur, grazie alla quale riconosciamo i bisogni degli altri come nostri.


1. E. Fromm, Avere o essere?, RCS Libri, Milano 2007, pp. 208-209.
2. Ibidem.
3. Ibidem.
4. Ibidem.
5. Ibidem.
6. M. Polito, Attivare le risorse del gruppo classe, Erickson, Trento 2000.
7. M. Polito, Educare il cuore. L'intelligenza emotiva degli adolescenti a scuola, edizioni la meridiana, Bari 2005, p. 74.
8. M. Becciu, A.R. Colasanti, La promozione delle capacità personali. Teoria e prassi, Franco Angeli, Milano 2004.
9. G. Blandino, Le capacità relazionali. Prospettive psicodinamiche, Utet, Torino 1996.
10. A. De La Garanderie, I mezzi dell'apprendimento e il dialogo con l'alunno, Erickson, Trento 2003.
11. M. Baldini, Educare all'ascolto, La Scuola, Brescia 1988.
12. M. Polito, Educare il cuore. L'intelligenza emotiva degli adolescenti a scuola, edizioni la meridiana, Bari 2005, p. 72.
13. P. Ricoeur, Sé come un altro, Jacabook, Milano 2002.


Tags: pedagogia, condivisione, scuola, Andrea Braggio, Mario Polito, Paul Ricoeur


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