Le parole violentate
Cosimo De Nitto - 15-11-2011
La società consumistica consuma anche le parole. Le usura, ne cambia il significato veicolando messaggi altri, che suscitano emozioni e sentimenti, i quali spesso poco riguardano il significato originario, che ne risulta a volte stravolto e comunque molto piegato nel senso.
In questo periodo parole molto consumate sono: "spread" e "sacrifici".
Queste due parole si sono disancorate dal loro significato originario abbastanza neutro, tecnico addirittura, e si sono caricate di senso altro, a forte connotazione sociale e di principio.
Parole-mantra, si potrebbe dire, che evocano sentimenti e immagini ancestrali, di paura e di rabbia.
Paura che quel poco che si ha diventi niente e non consenta di sopravvivere oggi; paura per ciò che accadrà ai propri figli.
Rabbia perché si ha la convinzione che i "sacrifici", ormai sinonimo di ingiustizia, discrimineranno ancor più chi possiede ricchezza, mezzi e privilegi e chi, al contrario, non ne possiede e insieme a quel poco che ha dovrà rinunciare anche a quei diritti che si è faticosamente conquistato nel tempo.
Lo "Spread" è divenuto il "Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola" di manzoniana memoria. Una entità superiore, del tutto oggettiva, al di sopra delle umane cose, che ha già deciso (dal latino de-ciduo, cioè tagliare via, mozzare) chi atterrerà e chi susciterà, chi affannerà e chi consolerà.
Il giorno in cui la ragione tornerà ad illuminare le menti si capirà che non di un vero Dio si tratta ma di un feticcio costruito da quell'1% dell'umanità contro quel 99% di cui parlano gli indignati. E allora cambierà ancora il senso della vita e con essa il senso delle parole alle quali, anche ad esse, sarà resa quella giustizia che oggi manca, in quanto la violenza sull'umanità è accompagnata, e spesso giustificata, dalla violenza sulle parole.

Tags: Spread, sacrifici


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