3 - Una morte di molti poveri
Nino Vessella - 21-10-2002
Questa è la situazione che c'è ancora nella nostra società. Vi sono amici dei poveri che sono nel primo gruppo e quelli che si trovano nel secondo.
La situazione attuale tende a mostrare che fra questi due gruppi di amici dei poveri, un gruppo ha maggior forza dell'altro.
Mgole e i figli erano stati colpiti dallo stupore, non sapevano cosa fare. Quando l'ammalato emise un rumore trasalirono.
'Vostro padre muore,' disse, 'mettete le mani sul suo petto.'
Quando lo toccarono, cominciò ad aprire lentamente gli occhi. Si vedeva chiaramente che li apriva con difficoltà' per poter compiere il lavoro che gli era stato assegnato dagli anziani - il testamento. Cercò di aprire la bocca, dopo improvvisamente chiuse di nuovo gli occhi.
'Smussa! Chiama i vicini!' disse Mgole con preoccupazione.
Il silenzio dominò la stanza quando uscì Smussa. I restanti non erano certi se tutto fosse finito o no. Dopo breve tempo Smussa ritornò con due vicini. Il petto dell'ammalato ancora saliva e scendeva. Quando i vicini lo videro borbottarono mostrando i segni della rassegnazione. Tutti ora stavano guardando il letto. Soltanto Mgole stava in piedi vicino al letto con una mano alla guancia. Il silenzio che seguì fece scoppiare a piangere Mgole. Le sue prime lacrime gocciolarono, ma le seguenti si riversarono in abbondanza e scesero lungo il naso e la bocca.
All'improvviso l'ammalato emise un forte sospiro/rumore che fece trasalire i presenti. Un vicino si alzò subito per chiudere i suoi occhi pensando che fosse arrivata la fine dei dolori. Ma quando fu in piedi vide gli occhi dell'ammalato un po’ come se stessero guardando. L'ammalato ora provò ad aprire la bocca, e con difficoltà, le parole che i suoi figli stavano aspettando, cominciarono ad uscirgli.
'Figli miei, mu... muoio. Sono nato povero, sono morto povero. Non so cosa erediterete. Non ho niente da lasciarvi eccetto la mia povertà. Per lavorare, ho lavorato. Non sono stato un fannullone. Ho lavorato la terra dalla mia infanzia fino ad oggi; ma la mia situazione è stata sempre la stessa. C'è qualcosa che non va bene nella nostra società. Ma io non la conosco. Quello che so è che io sono povero. Sono nato nudo e sarò seppellito nudo in questo mio piccolo lenzuolo. Sono solo i poveri che conoscono il significato della morte dei poveri.'
Qui si riposò un po’, cercò di passare la lingua sulle labbra per ridurne la aridità. I presenti erano in silenzio ad ascoltare l'ammalato mentre diceva parole che non erano a loro estranee: quasi ogni uomo morto in questo villaggio è morto lamentandosi della sua povertà.
'Figli miei, quando moriamo noi poveri gli Uomini dicono che noi abbiamo leccato la polvere, figli miei. Noi lecchiamo la polvere. Quelli che muoiono sono gli Uomini. Gli Uomini benestanti che si lasciano dietro delle cose.'
In quel momento il suo magro cane, entrato senza che i presenti lo avessero potuto scoprire, cominciò a leccare le piaghe purulenti dei piedi dell'ammalato. I presenti lo colpirono. L'ammalato sentì e trasalì: fu come se colpissero lui stesso. Infine disse:
'Lasciatelo. Lasciate questo cane, figli miei. Non potete distruggere la vostra rabbia con il cane. Morire, morire, muoio. Lasciate che mi lecchi. Noi poveri che cosa possiamo possedere se non un cane; soltanto un cane è sotto di noi assieme all'erba che calpestiamo tutti i giorni di Dio. Lasciate che i cani ci lecchino mentre noi lecchiamo i piedi di quelli che sono sopra di noi.'
In quel momento le grida di una civetta cominciarono a sentirsi sul tetto della casa. Coloro che stavano dentro cominciarono ad essere molto turbati. Fu allora che l'ammalato emise un lungo respiro e poi disse:
'Vado, i miei padri mi chiamano; ho detto abbastanza per un uomo con orecchie che vogliono ascoltare. Figli miei, portate questo tronco della vita di povertà, portatelo sulle spalle; cercate di gettarlo per terra. Se non ci riuscite provate di nuovo e di nuovo ancora. Ma non disperate e non uccidetevi.'
Dopo queste parole l'ammalato chiuse di nuovo gli occhi. I presenti restarono in silenzio aspettarono altre parole. Ma l'ammalato emise un lungo respiro e poi seguì un rumore/sospiro spaventoso. Questo rumore/respiro continuò a lungo. I presenti stavano in silenzio - in attesa della morte.
Quando questo rumore finì, l'ammalato cominciò a respirare affannosamente e i suoi occhi, che ora mostravano l'arrivo della morte, adesso non si muovevano e le palpebre non battevano. Ma ancora respirava affannosamente. L'anima ancora tormentava il corpo. I presenti ora cominciarono a capire che i suoi sensi si erano persi. L'ammalato continuò a respirare in questo modo per molto tempo. Alla fine i due vicini furono presi dalla sonnolenza, vacillarono e sobbalzarono quando furono per cadere. Mgole e i figli erano ancora svegli. Ora i loro occhi erano rossi e il pianto a singhiozzi di Mgole le fece gonfiare le vene del collo.
Al mattino presto, quando gli uccelli cominciarono a cantare e ad accogliere gli abitanti del villaggio nelle preoccupazioni quotidiane, l'ammalato raggiunse la riva della sua vita. Questa mattina questi uccelli stavano anche cantando all'ammalato i loro ultimi canti. Il respiro ora non si sentiva e il cuore non mostrava segni di vita. I vicini scacciarono la loro sonnolenza scuotendo le loro teste e si occuparono del compito che li aveva portati lì.
Immediatamente, l'ammalato si irrigidì, i piedi e le mani tremarono come un uccello caduto in un fuoco preparato da un uomo sconosciuto. Lentamente il suo corpo cominciò a cedere, poi improvvisamente sussultò un po’, i vicini gli chiusero gli occhi e la bocca, poi il suo collo cadde verso sinistra.
In quel momento i pipistrelli cominciarono ad uscire attraverso la finestra; un pipistrello passò vicino alla lampada ad olio e le sue ali la spensero. Si fece buio. Uno dei vicini prese il corpo dell'ammalato. Era freddo. Poi disse le parole attese.
'È morto.' Proprio allora si sentì un forte pianto da Mgole. Questo pianto era un segnale sufficiente per i compaesani che lo sentirono. Quando continuò il pianto, capirono. Msusa e Kalenga non piansero ad alta voce, ma molte lacrime uscirono dai loro occhi.
Fu così che il povero Lugola morì. Una morte di molti poveri.
La mattina i compaesani si erano già radunati a casa del Defunto. Sette giovani furono scelti per scavare la tomba lì sul monte. 'Solo i poveri conoscono il significato della morte di un povero.' Molti stavano in silenzio. Quelli che chiacchieravano parlavano sottovoce. Ma tutti stavano in piedi, con i colli in attesa di essere colpiti domani o dopodomani dall'ascia della povertà - in attesa della morte.
Nella casa, il cadavere veniva preparato per la sepoltura. Dopo essere stato lavato, fu chiuso nel suo lenzuolo logoro con i pidocchi che cercavano ancora di succhiare il suo sangue coagulato; poi fu chiuso nella coperta con cui il Defunto era solito coprirsi. I capi della coperta furono annodati ad un palo - alla testa e ai piedi. Era il momento di portare il cadavere alla sepoltura. Erano circa le dieci quando due uomini, uno davanti l'altro dietro, si videro uscire dalla casa del defunto con il cadavere dondolante sotto quel palo. Il peso del cadavere fece piegare il palo, mentre i portatori camminavano.
Il corteo per andare alla tomba ebbe inizio.
Il cadavere piegato come un arco, continuava a dondolare come una culla dei bambini dei ricchi. Non arrivarono lontano, subito un capo della coperta si sciolse e il cadavere cadde per terra. I compaesani lo attorniarono subito e lo riannodarono con più attenzione. Mgole cadde per terra quando vide quello che era accaduto. Dopo breve tempo si fermò e per il resto del cammino fu aiutata da due uomini. Mgole pianse. Le lacrime le scesero fino al petto e bagnarono il suo seno secco lasciato nudo a dondolare e saltellare sul petto a piangere la condizione di povertà.
Queste persone erano abituate a seppellire i cadaveri su un monte molto noto; perché si sapeva che in passato, durante il colonialismo, era venuto uno specialista a misurare la terra e dopo aver visto che gran parte di questo villaggio aveva minerali di valore, fu loro ordinato di seppellire i propri cadaveri lì sul monte. L'Indipendenza ruppe i loro piani; perciò gli abitanti di questo villaggio si coprivano di povertà, mangiavano povertà, ma camminavano su una ricchezza di cui il Commissario del Distretto non ne sapeva niente.
Il corteo cominciò ora a salire questo monte e il cadavere ancora dondolava sotto il palo poggiato sulle spalle di due persone. Quando salirono il monte, il corteo era lungo, perché la strada per arrivare alla tomba era stretta. Le persone furono obbligate a mettersi in fila, una dietro l'altra. Perciò se guardi da lontano il corteo vedrai come un serpente che si attorciglia strisciando lentamente verso la cima.
Quando furono arrivati sulla cima trovarono la tomba già scavata. Poiché c'era ghiaia e molte pietre lì sulla montagna, la tomba era poco profonda; questa era la profondità di molte tombe di queste persone. Il cadavere fu deposto vicino alla tomba, poi un anziano del villaggio fece un breve discorso.
'Amici miei. Noi tutti abbiamo conosciuto Lugola che per molto tempo è stato il nostro presidente nelle assemblee.
Oggi è qui che giace per terra e fra poco prenderemo le zappe per coprirlo di terra. Dopo lo lasceremo qui sulla montagna e la sera chiuderemo le porte delle nostre case sapendo che nessuno busserà più. Ora è qui coricato, reclamando le nostre lacrime. Se avessi il potere di risuscitare gli uomini, risusciterei i nostri amici poveri che abbiamo seppellito su questa montagna giorno dopo giorno. Saremmo molti e avremmo una forte voce che aiuterebbe a cacciar via questa ristrettezza che abbiamo ora. Imploriamo il potere, il potere non l'abbiamo; imploriamo aiuto, non l’otteniamo; imploriamo cambiamenti, non li vediamo. L'Unione di Lotta di poveri uomini è di poco conto, ma l'Unione delle Loro Idee ha una forza come i proiettili. Fratelli miei, ora mettiamo a giacere il nostro amico, che riposi.'
Dopo questo breve discorso il cadavere fu calato nella tomba. Quando quelli che ricevettero il cadavere uscirono dalla fossa, i suoi familiari per primi vi gettarono la terra; poi i compaesani presero le zappe e la riempirono. Non passò molto tempo e vi fu un altro monticello fra i molti che coprono le ossa di questi poveri. La gente allora cominciò a scendere dalla montagna lentamente come era salita, le teste erano piegate e parlavano sottovoce - in attesa della morte.
Il cane del Defunto restò lì vicino alla tomba. All'inizio si era accoccolato e poi raspò la tomba con le unghie. Quando fu stanco si distese sul fossetto con la tomba. Giacque lì giorno e notte per tre giorni sperando che il suo protettore lasciasse questa casa dalla porta che non si apriva.
Invece gli abitanti del villaggio, arrivati a casa della vedova il giorno della sepoltura, fecero le condoglianze a Mgole ed ai suoi figli, dopo restarono un po’ e si dispersero uno alla volta. E dopo tre giorni tornarono di nuovo alla loro preoccupazione di ogni giorno - la povertà.
Questa fu la morte di Lugola. La morte del presidente di un'associazione di povertà. Fu solo una morte fra le molte morti che avvenivano giorno e notte nel villaggio Mkalala.
Tutti noi sappiamo che moriamo, ma sono molte le persone che muoiono in situazione di povertà mentre poche sono raggianti di salute e allevano uomini in grandi case e in grandi campi, c'è una falla nella struttura di questa società, anche se le sue città sono grandi ed hanno alte costruzione che toccano il cielo.
La gente povera moriva nel villaggio di Mkalala giorno e notte. Coloro che potevano riscattarsi e cercare un modo per risolvere i loro problemi hanno dimenticato ogni cosa quando sono scesi dal monte con i loro piatti sulla testa. Quando sono usciti dal monte - il luogo dove le ossa dei loro padri venivano seppelliti – hanno incominciato a dimenarsi e a cercare i modi di far schiudere le uova della ricchezza, e hanno dimenticato che in ogni sasso delle fondamenta delle grandi case c’erano le ossa dei loro poveri padri. Perciò sono persone di molte parole e teorie senza capo né coda.