Senso e storia
Andrea Tornago - 24-10-2009
Non è forse nemmeno il moderatismo il guaio più grande del Pd, nè il fatto di aver eliminato la sinistra, e neppure la sponda sconfinata che offre alla chiesa o il suo amore per le imprese. La catastrofe che rappresenta va al di là di qualsiasi faccenda politica e rivela uno sconquasso assai più profondo: ha portato in trionfo un modo di avvicinarsi alle cose, di rapportarsi agli eventi e alle sfide che ci chiamano, mostrandosi sempre indegno di ciò che accade. Walter Veltroni, in questo senso, non poteva essere segretario migliore.




Ma con Pierluigi Bersani ricompaiono per magia le parole senso e storia, e svanisce lo spaventoso mantra del futuro. E ciò che più di tutto stupisce, è che sembra una persona seria. Ha l'aria di uno che se gli dai uno schiaffo senza motivo, magari s'incazza.






L'aspetto politico di queste primarie, a pensarci bene, è il problema meno urgente. Dalle profondità cui ci ha relegato la nostra caduta, basterebbe anche solo un piccolo gesto di riscatto, un segno di risalita d'ordine puramente istintivo. Mi pare che l'espressione perplessa e un po' esasperata di Bersani, la sua voglia di parlare crudamente dell'Italia senza nascondere la gravità della crisi che viviamo, l'ironia con cui affonda il coltello nelle ferite e nelle contraddizioni del paese lasciando intendere che c'è lo spazio e l'energia per un colpo di reni, siano segnali sufficienti per farci sperare che diventi il segretario del Pd.

E questo è un augurio che dovrebbero condividere, con il necessario disincanto, tutti coloro che hanno sempre votato a sinistra. Un Pd guidato da Franceschini è, semplicemente, la fine dei giochi. Il paese non può più sopportare un uomo totalmente incapace di andare a segno, di indignarsi, di affrontare e gestire il conflitto che la situazione impone con urgenza. Al "lettone di Putin", al viagra e alle docce ghiacciate di Silvio Berlusconi serve una risposta di adeguata potenza sessuale. Lo squallore delle notti insonni di palazzo Grazioli non può restare l'unica immagine cui gli italiani devono aggrapparsi, loro malgrado, per scacciare lo spettro della depressione e dell'impotenza.







Per più di di sei mesi, grazie a la Repubblica e ai giornali di mezzo mondo, Silvio Berlusconi s'è dovuto muovere nel pieno di una tempesta politica e personale per la sua patetica convinzione di essere un tombeur des femmes. Come ricordano in molti, anche solo una piccola parte dello scandalo che l'ha investito avrebbe fatto cadere qualsiasi governo al mondo. Il motivo per cui il Presidente del Consiglio si trova ancora ben saldo alla cloche sta tutto nella folle risposta di Franceschini, per cui si trattava di rispettare la vita privata del premier, di non interessarsi al gossip, e di voler invece parlare dei "veri problemi degli italiani". Da questa inettitudine, da questo penoso spettacolo del calciatore che sbaglia la rete a porta vuota, da questa inconsistenza elevata a valore urge che il paese si smarchi una volta per tutte.

Anche perché Silvio Berlusconi è ormai un uomo finito. Le sue prestazioni sessuali che sono venute alla luce e che conosciamo nei dettagli richiamano spaventosamente all'attenzione del paese il suo vero lato osceno, la linea spettrale che attraversa la sua ascesa tra loggia P2, mafia, stragi, corruzioni e brogli. Le primarie del Pd ci chiamano a una partecipazione e a una scelta, per tentare di tenere aperto uno spiraglio. Alla sinistra penseremo in un altro momento. Bisogna intanto che almeno qualcuno ritrovi il coraggio di affrontare l'avversario, di ricordargli che non è il solo ad avere il popolo, di chiamarlo finalmente per nome. E purtroppo non è "il principale esponente dello schieramento avverso".



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