Armi di distruzione di massa a colazione
Angelo Baracca - 25-09-2002
Ecco l’annuncio mediatico che il mondo attendeva: a Bush, che qualche settimana fa aveva affermato che l’Iraq può costruirsi l’atomica in un amen se qualcuno gli fornirà il materiale fissile, fa eco ora il roboante dossier di Blair. Se si trattasse, come in effetti è, solo di aria fritta, andrebbe ancora bene: ma i nostri due “scoprono l’acqua calda”, condendola di un’ipocrisia raccapricciante! Prima di entrare nel merito delle loro affermazioni, sembra opportuno, per smascherare il bluff e mettere le cose con i piedi per terra, soffermarsi su quello che non dicono. La prima cosa che si guardano bene dallo spiegarci è, se anche Saddam avesse armi e missili, perché dovrebbe lanciarli su Israele o su Cipro, per venire poi cancellato dalla carta geografica! Probabilmente a Sharon non parrebbe il vero. Semmai Saddam potrebbe essere incoraggiato ad usarla proprio se risulterà che sarà fatto fuori comunque (insieme ai palestinesi).
Ma c’è un punto basilare dirimente delle vere intenzioni di Bush e Blair. Prendiamo per buona la nobilissima intenzione di liberare il mondo dalla minaccia costituita dalle armi nucleari e di distruzione di massa: ben venga, visto che oggi è davvero ben più reale che in tutti gli anni della Guerra Fredda. Ma questa minaccia non viene certo dall’Iraq. Gli Stati Uniti in primo luogo mantengono un arsenale nucleare micidiale, che stanno rinnovando completamente con testate più moderne, hanno armi chimiche e batteriologiche (anche le famose lettere all’antrace avevano origine interna), hanno boicottato la Convenzione sulle Armi Batteriologiche rifiutando la bozza di Protocollo per le Verifiche (per proteggere i segreti delle proprie industrie biotecnologiche), hanno preteso le dimissioni del Direttore dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche perché cercava di fare aderire proprio Saddam, la Nuclear Posture Review e la Defence Planning Guidance prevedono un “attacco nucleare preventivo”. Come eliminare allora queste minacce? Vogliamo … bombardare gli Stati Uniti? In realtà basterebbe molto meno: che i paesi del mondo, in primo luogo l’Europa, si sottraesse al ricatto americano. Per non parlare poi del brivido nucleare che ci danno India e Pakistan (ai quali la bomba l’ha fornita l’Occidente); e di come Sharon potrebbe essere felice di avere l’occasione di liberarsi di qualche paese arabo, anche con qualche bombetta nucleare.
Insomma, non è che l’Iraq non va bombardato se non ha armi di sterminio: non va bombardato anche se le avesse! Queste armi sono davvero una minaccia per l’intera umanità, violano i fondamenti del Diritto Internazionale (se Washington non ne avesse già fatto carta straccia): allora comincino gli Stati Uniti per primi ad assicurarci che non le useranno e poi ad eliminarle completamente nel più breve tempo possibile.
Detto questo, veniamo alle armi di Baghdad. Quanto alla capacità nucleare, non sarebbe un mistero per nessuno se l’opinione pubblica mondiale non fosse oggetto di una delle più colossali mistificazioni della storia. È ben noto, e non da oggi, che l’Iraq può facilmente costruirsi la bomba, come altri 43 paesi, ed altre armi di distruzione di massa, con le tecnologie fornitegli negli ultimi due decenni da Washington o da suoi mandatari: la Francia costruiva la centrale di Tamouz, che proprio per questo Israele bombardò nel 1981; già nel 1980 Parigi aveva fornito un primo quantitativo di 12 kg di uranio altamente arricchito; la tecnologia della centrifugazione per l’arricchimento dell’uranio è di origine tedesca, e veniva collaudata dai nazisti già durante la seconda guerra mondiale; Saddam fu armato in funzione anti-ayatollah negli anni ‘80 (la lunga, sanguinosa, inutile, dimenticata guerra tra Iraq e Iran) da Washington e dai suoi accoliti, i quali gli fornirono evidentemente anche le tecnologie per gli aggressivi chimici che usò contro gli iraniani ed i kurdi (come denunciò lo stesso New York Times il 18.0.02, smentito dal Dipartimento di Stato con parole “impubblicabili”); appena dieci mesi prima della guerra del Golfo furono intercettati all’aeroporto di Londra 41 detonatori nucleari di fabbricazione americana destinati a Baghdad.
Tutte queste cose risultano in documenti ufficiali dell’Onu, negli articoli dei giornali, nelle memorie dei capi di stato: basta leggere l’esplosivo saggio di Dominique Lorentz, Affaires Nucleaires (Parigi, Les Arénes, 2001). L’ultimo mezzo secolo è stato caratterizzato da una politica di proliferazione nucleare, con la copertura del Tnp (Trattato di Non-Proliferazione) e dell’Agenzia per l’Energia Atomica, come hanno dichiarato candidamente a Le Monde (16/05/98) i dirigenti indiani: il Tnp “costituisce più un trattato di proliferazione nucleare che di non-proliferazione”. Ma la versione ufficiale della storia ha rovesciato la verità. Già il 12.08.1976 Le Monde rilevava “se il Tnp proibisce il possesso di armi nucleari, non impedisce di percorrere tranquillamente tutto il cammino che conduce ad esse, e questo fino agli ‘ultimi cinque minuti’”.
Documenti ufficiali dell’Onu e il Ctbt (Comprehensive Test Ban Treaty) riconoscono ufficialmente che ben 44 paesi “dispongono delle capacità tecniche per sviluppare un armamento atomico” (Le Monde, 15/10/99). Almeno i 35 paesi con l’asterisco hanno avuto la tecnologia, direttamente o indirettamente, da Washington: Algeria*, Argentina*, Australia*, Austria*, Bangladesh*, Belgio*, Brasile*, Bulgaria, Canada*, Cile*, Cina*, Colombia*, Corea del Nord, Corea del Sud*, Egitto*, Finlandia*, Francia*, Gran Bretagna*, Germania*, Giappone*, India*, Indonesia*, Iran*, Israele*, Italia*, Messico*, Norvegia*, Olanda*, Pakistan*, Peru*, Polonia, Repubblica del Congo*, Romania, Russia, Slovacchia, Spagna*, Stati Uniti*, Sud Africa*, Svezia*, Svizzera*, Turchia*, Ucraina, Ungheria, Vietnam.
“La logica infernale della dissuasione nucleare conduceva gli Americani a dotare l’India della bomba atomica perché non fosse minacciata dalla Cina; a fornire un’arma nucleare al Pakistan perché si proteggesse dall’Afganistan; a rafforzare il potenziale nucleare della Cina perché non fosse aggredita dai sovietici; a fornire la bomba atomica a Taiwan per bilanciare la potenza della Cina; a fornirla al Giappone per proteggerlo dalla Cina, dalla Corea del Sud e dalla Corea del Nord; a fornirla alla Corea del Sud per metterla al riparo dalla Corea del Nord” (Lorentz, pp. 169-70).
Se vogliamo fare un altro esempio scottante, l’Iran la bomba da qualche parte ce l’ha, l’ha sperimentata nei test eseguiti nel 1998 dal Pakistan, a cui la bomba è arrivata dagli Usa, attraverso i suoi alleati. L’uranio arricchito l’Iran lo ha direttamente, dato che dai tempi dello Scià ha una partecipazione al 10 % nel Consorzio europeo Eurodif di arricchimento dell’uranio, che gli dà il diritto di prelevare regolarmente la sua quota: quando Washington e Parigi - preoccupate dalla piega che avevano preso gli Ayatollah, da loro stessi messi al potere per rovesciare lo Scià divenuto scomodo - cercarono di estrometterlo dal consorzio, Teheran scatenò il terrorismo della Jihad islamica, che per tutti gli anni ‘80 insanguinò il Medio Oriente e la Francia (le vicende degli ostaggi americani e francesi, un’impressionante serie di attentati, l’Irangate, ecc.).

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