La cultura della tolleranza nell’istituzione scolastica
Francesco Paolo Catanzaro - 24-09-2002
La polemica, nata dalla critica musulmana ed ebraica alla presenza del crocifisso nei locali pubblici italiani, ci riporta a riflettere sul significato della tolleranza variamente interpretato in ogni parte del mondo. Fermo restando il rispetto reciproco per i simboli religiosi delle varie culture, dovere indiscutibile in una società che vuol definirsi civile o combatte per farsi riconoscere tale dall’opinione mondiale, ci si chiede quale disturbo psicologico possa provocare la presenza nei posti di lavoro del simbolo della civiltà occidentale in chi sa cosa vuol dire tolleranza dal momento che in Italia si educa scolasticamente e religiosamente al rispetto della libertà altrui di professare qualsiasi confessione religiosa. E’ che bisogna rivedere le prese di posizione di tutti i soggetti in interazione. Qualche giornale ha pur riportato espressioni poco felici sul crocifisso cristiano, etichettandolo “ pupazzetto di legno” etc. Infelici espressioni di pochezza culturale che determinano solo inasprimento nei rapporti fra le parti e danno giustificazioni al farneticare del fondamentalismo. Ora, prima di innescare discussioni sull’abolizione della norma che consiglia il crocifisso nei posti di lavoro pubblici della civiltà occidentale, bisognerebbe rivedere le proprie posizioni in merito alla tolleranza del cristianesimo in terre orientali dove di recente si è vietato in Turchia l’esposizione dell’immagine della Madonna o si ruba ai cristiani la Bibbia per sostituirla con il Corano. Va bene il discorso dell’evangelizzazione che in altri tempi ha visto i fondamentalisti del Cristianesimo colpevoli di atrocità per cui bisogna distinguere tra evangelizzazione forzata, dove viene imposta una professione di fede, le sue regole e i dogmi cercando di annullare quella indigena ( vedi i talebani nei confronti degli afghani prima della riacquistata libertà di fede) e l’evangelizzazione come informazione dove il soggetto è libero di scegliere o non scegliere nel pieno rispetto della sua stessa libertà. Ma, alla radice di tutto questo malessere, c’è sicuramente un imperativo di sintonia fra le diverse espressioni religiose sul concetto di “tolleranza e di rispetto delle scelte altrui”. E la scuola, in prima linea, deve sempre operare in questa direzione. Guai se non lo facesse! Ci fa ridere, dunque, che il crocifisso in un’aula scolastica possa disturbare la psicologia di alunni di altre confessioni religiose tanto addirittura da suscitare paure nella normale crescita. Il crocifisso, al di là della simbologia cristiana, racchiude la nostra cultura occidentale, le nostre paure e le nostre speranze, che mai potranno essere cancellate in un ipotetico scontro titanico fra culture contemporanee. L’incontro delle suddette culture potrà forse generare un prodotto culturale differente dagli obiettivi prefissati dai fondamentalisti, che è il risultato dell’apporto differente fra civiltà religioni e sistemi filosofici in progress. Non si può pensare di cancellare la civiltà occidentale con un’invasione di quella orientale usando dirottatori d’aerei, autobombe o la violenza esasperata. Già la storia ci ha fatto vedere esempi di questo tipo e le tragiche conclusioni. Solo il rispetto reciproco, lo stimarsi vicendevole, l’interazione pacifica e produttiva potranno portare un progresso all’umanità, che potrà verificare ed attuare, giorno per giorno, con l’integrazione e la tolleranza altrui.

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 cosimo lonardo    - 30-09-2002
condivido e sottosoorcivo, parola per parola, l'articolo.

 anna maria villari    - 01-10-2002
Il crocefisso, il cui valore simbolico per i cristiani non contesto, non è il simbolo della cultura occidentale. Il cristianesimo è un aspetto importante di questa cultura ma non la rappresenta interamente. Ci appartengono la filosofia greca, la cultura giuridica romana, l'umanesimo, l'illuminismo, il romanticismo...
Allora, smettiamola di brandire simboli contro un ipotetico nemico.
Nessuno ci minaccia, siamo noi stessi ad evocare pericoli così possiamo organizzare la difesa (o l'attacco)