A proposito di convenzioni, ovvero: il cerchio si chiude
Anna Pizzuti - 19-09-2002
Le convenzioni che permettono l’assolvimento nell’obbligo scolastico nella formazione professionale, firmate durante l’estate dal Miur con sei regioni permettono di comprendere quale sarà il destno dell’istruzione professionale.
Paradossalmente si potrebbe sostenere che se esse – insieme alle altre cosiddette sperimentazioni – non ci fossero state, avremmo dovuto inventarle, perché ci permettono di capire quali sono le reali intenzioni del ministro ed i suoi collaboratori. E di cominciare a provare un po’ di quella sana angoscia che De Mauro si augura che la società civile provi intorno al destino della scuola.
Il percorso che la riforma disegna per l’Istruzione professionale è tra i più oscuri e confusi. Le viene tolto un anno, le viene tolta la possibilità di dare un diploma (l’anno aggiuntivo serve solo per accedere, eventualmente all’università) ma soprattutto le viene tolta la sua qualità di Istruzione. Non ci lasciamo ingannare, come qualcuno in questi giorni sta pure facendo, dalle parole, dai riferimenti all’Europa, dagli impegni alla pari dignità, dai richiami pretestuosi al diritto allo studio, addirittura alla Costituzione. L’obiettivo reale è la separazione sociale, a partire proprio dalla malfede con cui è stato usato il termine “formazione”nel documento Bertagna. Le convenzioni ne sono una conferma
Qui si lavora, non si pensa – verrebbe da dire - qui si lavora, non ci si istruisce, nemmeno per un anno in più.
E così ecco che si chiude il cerchio. Di seguito le nostre osservazioni sulle procedure al limite della legalità con cui le convenzioni sono state stilate. Ma, a fianco, qualche esempio di come era l’Istruzione Professionale alle origini.
E chi vuole intendere – speriamo i più – intenda.

Dai testi delle convenzioni


VISTO il D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche;

VISTA la legge 20 gennaio 1999, n. 9, recante Disposizioni urgenti per l’elevamento dell’obbligo d’istruzione;

VISTO il Decreto 9 agosto 1999, n. 323, recante norme per l’attuazione dell’art. 1 della legge 20 gennaio 1999, n. 9, contenente disposizioni urgenti per l’elevamento dell’obbligo d’istruzione;


VISTO il DPR 12 luglio 2000, n. 257, relativo al Regolamento di attuazione dell’art. 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144, concernente l’obbligo di frequenza di attività formative;


Cosa vede la legge ancora in vigore
Decreto Ministeriale 9 agosto 1999, n. 323
(in GU 16 settembre 1999, n. 218)
Regolamento recante norme per l'attuazione dell’articolo 1 della legge 20 gennaio 1999, n. 9
contenente disposizioni urgenti per l’elevamento dell’obbligo di istruzione



ART. 1 - Adempimento dell’obbligo scolastico
1. Al fine di migliorare la qualità del livello di istruzione dei giovani, adeguandolo agli standard europei, e di prevenire e contrastare la dispersione scolastica potenziando le capacità di scelta degli alunni, l’obbligo di istruzione è elevato a nove anni in prima applicazione.
2. All’obbligo scolastico si adempie frequentando le scuole elementari, medie e il primo anno delle scuole secondarie superiori, statali o non statali, abilitate al rilascio di titoli di studio riconosciuti dallo Stato o anche privatamente, secondo le norme di cui alla parte seconda, titolo secondo, capo primo del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
3. Ha adempiuto all’obbligo scolastico l’alunno che abbia conseguito la promozione al secondo anno di scuola secondaria superiore; chi non l’abbia conseguita è prosciolto dall’obbligo se, al compimento del quindicesimo anno di età, dimostri di avere osservato per almeno nove anni le norme sull’obbligo scolastico.
4. L’istruzione obbligatoria è gratuita anche nel primo anno di scuola secondaria superiore. Per l’iscrizione e la frequenza a tale anno non si possono imporre tasse o contributi di qualsiasi genere.

ATTUAZIONE DELL’ARTICOLO 68 DELLA LEGGE 17 MAGGIO 1999, N.144 CONCERNENTE L’OBBLIGO DI FREQUENZA DI ATTIVITA’
FORMATIVE


Art. 1 - (Oggetto)
1. Il presente regolamento disciplina l’attuazione dell’art. 68 della Legge 17 maggio 1999, n. 144 istitutivo dell’obbligo di frequenza di attività formative fino al diciottesimo anno di età, con riferimento alle attività di competenza dello Stato.
2. L’obbligo di cui al comma 1, di seguito denominato obbligo formativo, può essere assolto in percorsi, anche integrati di istruzione e formazione:
a. nel sistema di istruzione scolastica;
b. nel sistema della formazione professionale di competenza regionale;
c. nell’esercizio dell’apprendistato.
Art. 2 - (Attuazione progressiva)
1. Il presente provvedimento si applica progressivamente nei confronti dei giovani presenti nel territorio dello Stato che:
a. nell’anno 2000 compiono 15 anni ed hanno assolto l’obbligo di istruzione;
b. nell’anno 2001 compiono 15 anni e 16 anni;
c. a partire dall’anno 2002 compiono 15 anni, 16 anni e 17 anni.
2. I giovani che nell’anno 2000 compiono 15, 16 e 17 anni possono volontariamente accedere ai servizi per l’impiego competenti per territorio per usufruire dei servizi di orientamento, di supporto e di tutoraggio.
3. il presente provvedimento si applica altresì nei confronti dei minori stranieri presenti nel territorio dello Stato

Ma il ministro non sa leggere.


E così, alla domanda, rivoltale in Commissione Istruzione, alla ripresa della discussione sulla legge delega:

“Come Ministro della Repubblica non pensa che sia suo dovere rispettare le leggi dello Stato? Perché allora stipula accordi con le Regioni per non applicare la legge 9/99 sull'obbligo scolastico e formativo?”

Risponde:

“Si tratta di una iniziativa di personalizzazione e individualizzazione del percorso formativo, che non contrasta con le finalità e i vincoli della legge 9 del 1999. Essa intende assegnare alle Regioni un ruolo più incisivo nella programmazione dell’offerta formativa sul territorio, facilitando e sostenendo la collaborazione tra scuola e sistema della formazione professionale nel solco tracciato dalla legge costituzionale n.3 del 2001 e della stessa legge 9 del 1999.
L'articolo 11 del DPR 275 del 1999 è lo strumento normativo che consente di verificare con gradualità l’efficacia del cambiamento strutturale dell’attuale sistema e il nuovo ruolo delle Regioni, che sono espressamente indicate dallo stesso articolo come protagoniste insieme alle scuole - delle iniziative di innovazione, anche dell’ordinamento.
Nessun contrasto con le finalità della legge 9 del 1999 (e i vincoli? Ndr)
L'insieme di queste scelte ha l’obiettivo di rendere effettivo il diritto all’istruzione e alla formazione dei giovani per dodici anni e fino all’ottenimento di una qualifica professionale. Diritto oggi negato a circa cinquecentomila giovani che sono di fatto esclusi da qualsiasi percorso formativo.”



Cosa vediamo noi


Mai come adesso bisogna saper guardare e capire. E reagire alla protervia ed all’illegalità. Esistono due leggi, chiare e facili da applicare. E lo sono state, in tantissimi Istituti superiori, in prevalenza professionali, ma questo era logico.
E sono due leggi di cura e di attenzione, nei confronti dei ragazzi.Di cura e di attenzione, perché hanno al centro la scuola pubblica, che li segue e li motiva, che riesce spesso a trattenerli, proprio perché è in essa che la legge stabiliscano che si iscrivano. E quelli che non intendono proseguire, vengono seguiti ed orientati. In questi anni è stato fatto un grande lavoro sull’obbligo formativo, sono stati stipulati accordi con la formazione professionale, con gli uffici per l’impiego, ma è stata sempre la scuola a promuoverli, attuarli, valutarli. Ed è stato, questo, un grande contributo alla dispersione. Ora il ministro fa quadrare il cerchio: la dispersione si previene alla radice, cioè non mandando affatto a scuola i ragazzi.

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf