breve di cronaca
I disastri della scuola che promuove tutti
La voce.info - 25-03-2009

Se descrivessimo il sistema dell'istruzione in Italia con la terminologia della finanza, apparirebbe evidente che almeno al Sud avviene ogni anno un indiscriminato salvataggio dell'impresa-scuola, con una sopravvalutazione dell'attivo, ovvero delle competenze degli studenti diplomati. La conseguenza è una università fortemente sovradimensionata. Mentre sarebbe necessario ricominciare a investire nella scuola dell'obbligo, con risorse progettuali oltre che finanziarie. Per esempio, si potrebbero misurare i progressi non solo per anno, ma anche per materia.



Con la crisi finanziaria, che in qualche modo ci coinvolge tutti, s'è imparato questo termine "write-down", che vuol dire "scrivi un numero più basso", riferito al valore contabile di un titolo sopravvalutato. S'è capito che a questo punto il write-down di cui avrebbero bisogno gli asset nell'attivo dei bilanci del settore finanziario è diventato talmente pauroso che quasi tutti concordano vada in qualche modo ammorbidito. D'altra parte, tutti concordano anche che va fatta chiarezza per riallocare le risorse facendo riemergere le attività più produttive e ridimensionando quelle meno produttive; questo è essenziale per la crescita che, come magistralmente sintetizzava Daron Acemoglu qualche settimana fa su queste colonne, è fatta di innovazione e riallocazione.

SE LA SCUOLA FOSSE UN'IMPRESA

C'è un altro write-down che stiamo evitando, quello del bilancio del settore istruzione al Sud Italia. Nel passivo di questo bilancio ci sono le partecipazioni degli azionisti, cioè i fondi versati dai contribuenti; nell'attivo c'è capitale umano. Non credo di essere il solo a sospettare che i valori dell'attivo comunicati all'azionista-contribuente siano sopravvalutati. E dunque si impone una riflessione su opportunità riallocative, come nel settore finanziario.
Lo snodo più importante, anche per le sue implicazioni sul mercato del lavoro, è quello delle competenze certificate con il diploma di maturità. Insegno Economia politica al primo anno di Economia a Palermo e il primo esercizio del compito d'esame che ho assegnato qualche giorno faera ripreso da un testo di terza media: "In una azienda ci sono 102 dipendenti, operai e impiegati. Se si tolgono i 3/4 di impiegati e i 2/7 di operai, il numero degli operai diventa doppio di quello degli impiegati. Quanti operai ci sono nella azienda?". (1) Dei trenta studenti presenti, che oltre a essere diplomati avevano già sostenuto l'esame di Matematica generale, due hanno risolto il problema.
Se l'azionista-contribuente chiedesse un write-down nel bilancio della scuola, per esempio stabilendo semplicemente quali esercizi del compito di maturità bisogna svolgere correttamente per essere promossi e inducendo gli insegnanti a non dichiarare il falso, provocherebbe il collasso dell'università al Sud.
Il contribuente evita, pressato da vincoli di periodo breve. Ma così si impedisce una riallocazione di fondi per l'istruzione al Sud, importante per la crescita. Se il contribuente esigesse chiarezza nell'attivo, rappresentato dal capitale umano, del bilancio della scuola, sarebbe subito apparente che al Sud l'università è fortemente sovradimensionata. E che è necessario ricominciare a investire massicciamente nella scuola dell'obbligo, con risorse finanziarie ma soprattutto progettuali. L'università è sovradimensionata perché è gonfia di studenti che non hanno le competenze dichiarate nei loro diplomi. L'investimento nella scuola sarebbe opportuno per riallineare le competenze reali a quelle dichiarate.
Ogni anno si provvede invece a una copertura indistinta dei costi del settore, a un "bail-out" si direbbe in finanza, lasciando a coprirsi di muffa i compiti irrisolti dei promossi in uscita dalla scuola e affidando all'università il compito di verificare le competenze in entrata e integrarle. Così facendo si palesa una imbarazzante non approvazione del bilancio della scuola e si impiegano risorse in modo inefficiente. Ma soprattutto si sbaglia ad assegnare il controllo alla parte che ha incentivo a manipolarlo: perché l'università ha il preciso interesse di stabilire gli standard in modo da evitare proprio il ridimensionamento di cui avrebbe bisogno.

UN PROGETTO PER LA SCUOLA

È ovvio che non sarebbe possibile né desiderabile provocare un collasso repentino del sistema universitario. Si tratterebbe di ridurre gradualmente il numero degli ammessi all'università in base a valutazioni gradualmente più realistiche fornite dalla scuola. La direzione di miglioramento per l'università è dunque chiara: ridurre la dimensione ed elevare la qualità.
Per la scuola il discorso è più complicato, perché passa per una difficile riflessione sugli obiettivi di quella dell'obbligo e sul come raggiungerli. Qui lo snodo critico è la media inferiore, dove la pratica del "tutti promossi" produce squilibri all'ingresso delle superiori. Questi squilibri si potrebbero correggere misurando i progressi non solo per anno, ma anche per materia: per esempio, la promozione sarebbe non alla seconda classe, ma al secondo livello di italiano. Alla fine della scuola dell'obbligo si avrebbero certificazioni di competenze di livello diverso nelle diverse materie. E da là, come avviene in Inghilterra, si accederebbe alla fase finale delle superiori se in possesso dei requisiti minimi stabiliti. Ciò renderebbe gli obiettivi più chiari, per lo studente e per la scuola. Al Sud, per esempio, capiremmo tutti che italiano, inglese, matematica e scienze sono beni di prima necessità. E che dieci materie alla media inferiore sono un bene di lusso.


(1) Illustrato con palline rosse e verdi il problema è a p. 317 di G. Flaccavento Romano, Realtà e Modelli. Soluzione: si asserisce che 5/7*Op.=2*1/4*Imp. da cui usando Op.+Imp.=102 si ottiene 42.

Salvatore Modica
24.03.2009

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