Il grembiule
Omero Sala - 01-11-2008
La questione del grembiule a scuola, sollevata dalla Gelmini e lasciata decantare, non è una questione agostana di secondaria importanza: a ben vedere infatti svela - più di qualsiasi altra proposta - i principi ispiratori della controriforma scolastica e della restaurazione culturale
berlusconiana.
Per convincersi di ciò basta chiedersi che senso aveva il grembiule, quando si usava, e per quali ragioni è andato in disuso e che senso assume oggi la sua reistituzione.
Fino agli anni '60 il grembiule aveva ragione di esserci per svariati motivi più o meno condivisibili:
- aveva una precisa funzione identitaria: serviva cioè a connotare il bambino come alunno e a trasformarlo in scolaro, nello stesso modo con cui l'uniforme militare trasformava un giovanotto qualunque in soldato; come la divisa, aveva un intrinseco potere metamorfico, mutava chi lo indossava (con le braghe corte ed una maglietta sbrindellata il bambino poteva correre, saltare i fossi, arrampicarsi sugli alberi, fare le lotta e rotolarsi nei campi; con il grembiule invece si imponeva un'altra andatura, assumeva un'altra compostezza);
- era, proprio perché metamorfico, omologante (uniformava, rendeva tutti uguali) ed asservente (privava il bambino della sua libertà e lo consegnava all'autorità istituzionale e alla potestà del maestro);
- tentava anche, in qualche misura, di essere democratico, di cancellare, almeno momentaneamente ,i segnali esterni delle distinzioni di classe e delle differenze di censo;
- era infine funzionale alla concezione pedagogica, alle finalità educative, agli obiettivi e ai metodi didattici: era l'indumento giusto per stare seduti nei banchi ad imparare a leggere, scrivere e far di conto; con la sua monocromaticità favoriva la concentrazione; prefigurava ed accompagnava il conformismo esteriore (ortografico, lessicale e sintattico) e quello sostanziale (etico, culturale, ideologico).
Ad un certo punto ci si accorse che il grembiule, oltre che inutile impiccio, era dannoso e deleterio.
Le ragioni che allora ne hanno decretato la fine sono ancora oggi valide.
La funzione omologante infatti è da respingere: i bambini sono diversi e devono essere riconosciuti nella loro diversità; le loro strategie di apprendimento sono molteplici e non possono essere livellate; la personalità e la creatività sono originali e devono essere valorizzate; l'emotività ed il modo di comunicare con gli altri sono individuali e non possono essere uniformate; la classe non è un plotone e l'insegnante non è un caporale che vuole tutti in fila "allineati e coperti".
La funzione asservente perde senso: è contraria al concetto stesso di educazione. Educare infatti significa "tirare fuori" il meglio di ognuno, non riempire, imbottire, stipare e costringere; il senso etico deve essere - per definizione - un convincimento interiore e non una instabile imposizione
dall'esterno; e l'obbedienza - per dirlo con don Milani - "non è più una virtù".
La funzione egualitaria è apparente, superficiale, viene vanificata da altri vistosi dettagli che rimarcano comunque la differenza fra ricchi e poveri: con i ricchi che si presentano a scuola con grembiuli impeccabili, colletti inamidati, scarpe lustre e calze bianche; ed i proletari che arrivano con scarpe vissute e ginocchia sbucciate e con dei grembiuli stinti e fuori taglia (stretti perché usati per più anni, larghi se ereditati dai fratelli maggiori), con gomiti sdruciti, orli sfilacciati, toppe evidenti, asole slabbrate e bottoni scompagnati.
La funzione pratica infine decade nel momento in cui nella prassi didattica si prolunga il tempo di permanenza a scuola, si istituiscono i tempi pieni, si aprono mense, si introducono attività laboratoriali (pittura, teatro, cucina, giardinaggio, falegnameria, fotografia e cinema), si lascia
maggior spazio alla manualità, si potenziano le attività motorie, si valorizza il gioco.
Per queste ragioni il grembiule fu abbandonato.
Contro queste stesse ragioni la Gelmini lo vuole imporre: per omologare, sottomettere, livellare, restaurare l'antica didattica. E per completare l'opera di omogeneizzazione condotta con grande successo dai media, per aderire con coerenza alla massificazione, per standardizzare le competenze e le persone, per camuffare come fossero inestetismi le disparità, per ripristinare le gerarchie e restaurare il principio di autorità. Un puntuale riscontro a questi sospetti lo si trova in alcune esternazioni della ministra (che come molti altri ministri ama dichiarare e stupire, apparire e far notizia). Una conferma arriva dalle altre proposte di riforma del sistema scolastico che si muovono
coerentemente tutte nella stessa direzione: il maestro unico, il voto in condotta, l'aumento del numero degli alunni per classe, la semplificazione del curricoli...
Non basterà la compattezza del mondo della scuola per fermare questa deriva progressiva e inarrestabile che è culturale, che viene da lontano ed ha radici diramate, che è seducente e accattivante, che punta a occupare tutti gli spazi e rinsalda il potere conquistando consenso.
Non basterà forse, come abbiamo fatto in altri momenti critici, sperare, resistere, remare contro, attendere che il canto delle sirene si affievolisca, dimenticare, riprendere il largo.

Omero Sala - Brescia

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 claudia fanti    - 02-11-2008
Grazie Omero!
Hai proprio colto nel segno!
Non dico altro...

 chiara p.    - 03-11-2008
Non cerchiamo di ideologizzare il grembiule. Sono un'insegnante della scuola primaria, di sinistra da sempre e assolutamente contro il decreto della ministra, tranne che per il grembiule. Ho un'esperienza più che ventennale nella scuola, vita vissuta con bambini e bambine che diventano ragazzi in quei cinque anni; per questo, ma non solo per questo, posso dire che il grembiule è una forma di libertà. Dopo averlo indossato sei guardato per quello che sei, non per come appari, soprattutto dai compagni. C'è chi viene a scuola sfoggiando griffe, e i ragazzini le conoscono; vedendole sui compagni, poi le reclamano a casa, inceve di reclamare un buon vocabolario.... al mattino, dove non c'è il grembiule, si scatenano in casa piccole tragedie sul "cosa mi metto", invece di controllare se nello zaino c'è tutto il materiale necessario per quella giornata scolastica. Non dimentichiamo anche le frasi di scherno che i bambini-ragazzi indirizzano a chi è peggio vestito (leggi non griffato). Il grembiule cancella questo tipo di problemi, rendendo giustizia, nel suo piccolo, a chi non può o non vuole omologarsi al terribile sistema di cui siamo vittime, quello dell'apparire a tutti i costi, prendendo l'abito come testimonial di quello che vorremmo sembrare. Lasciamo in pace i bambini, lasciamo che indossino il loro grembiulino...e dimenticavo...le mamme! Dove non c'è il grembiule, sembra cha facciano a gara su come agghindare i loro figliuoli, temendo altrimenti di non aver ben compiuto il loro dovere. In una società che ha perso anche il senso del "decoro" , così come lo si intendeva un tempo, ci si ritrova in classe, nei mesi più caldi, con bambine coperte da minuscoli top adatti solo per la spiaggia, da microgonne ( tanto sono bambine!) da cubista, togliendo alla scuola, quella peculiarità di "luogo", di luogo in cui ci sono regole, in cui si studia, in cui non ci si può comportare come a casa. Il grembiule rimedia quindi, almeno sotto questi aspetti, a quello che la società e famiglia non sanno più gestire.