Senza capo, né...Cota
Cosimo De Nitto - 23-10-2008
Rapide note ispirate dalla patetica figura fatta dall'On. Cota della Lega Nord nel corso della trasmissione L'Infedele di Gad Lerner. Cota è l'autore dell'emendamento che prevede la formazione di classi speciali per i bambini stranieri.
Non le chiamo, come dovrei per esigenza di precisione, di "inserimento" perché mi sembra poco credibile che la Lega Nord si interessi e preoccupi dell'accoglienza e dell'integrazione dei cuccioli degli stranieri.



Senza capo, né...Cota

La confusione dei concetti e delle informazioni, frutto del fumus ideologico che baratta la pertinenza e competenza delle scelte con qualcosa che comunque possa essere ascritto ad un atteggiamento negativo contro gli "stranieri", per compiacere un'opinione retrograda e tendenzialmente ostile ad ogni forma di diversità, di alterità.

Si può fare una legge dello Stato per via di ciò che è accaduto in 2 (due) classi di una scuola di Novara e di cui il Cota è venuto a conoscenza? Senza tener conto di tutto il resto dell'Italia?

Si può non sapere che un conto è il processo di integrazione a 5 anni altro è a 15?

Si può confondere e ridurre ad un'unica cosa il complesso processo di integrazione con la semplice conoscenza strumentale della lingua?

Perché gli insegnanti ed esperti di formazione linguistica straniera consigliano sempre la cosiddetta full immersion nel paese di cui si intende apprendere la lingua?

Perché si preferisce sempre un insegnante di madre lingua?

Quanto la comunicazione non formale e non verbale (d'uso, comportamento, gioco..) contribuisce, soprattutto quando si è piccoli, ad un più facile apprendimento della lingua?

Le modalità di apprendimento della lingua, italiana o straniera che sia, è competenza della scuola e degli insegnanti in regime di autonomia? La competenza della formazione delle classi è della scuola o deve essere sancita dallo Stato per legge? Ma la Lega è per l'autonomia e le autonomie o per il centralismo? Non sarebbe anticostituzionale violare la libertà di insegnamento e l'autonomia degli istituti scolastici in materia di metodi di studio, organizzazione della didattica, formazione delle classi?

E' credibile quando parla di "identità culturale" italiana da difendere chi fischia l'inno nazionale, chi fa le corna quando lo ascolta, chi rifiuta l'idea stessa di patria, chi professa la secessione, chiama "Roma ladrona", fannulloni ed incompetenti gli insegnanti meridionali (non graditi sul sacro suolo della padania) e amenità di questo tipo? O non si tratta piuttosto della sindrome del beduino eretta a sistema con cui procacciarsi simpatie elettoralistiche di un'opinione pubblica da essi stessi fomentata con proclami, slogan e bravate di ogni tipo?

Please, lasciate fare agli insegnanti, lasciate fare alle scuole che sono gli unici specialisti e competenti in materia. Favoriteli, piuttosto, nel modo in cui è dato alla politica; fornite strumenti e risorse (mediatori, laboratori, aule, fondi per aggiornamento e formazione, personale).
Come fate a proporre un malthusiano numero chiuso, programmato di frequenza dei bambini stranieri? Gli equilibri per una efficace didattica li stabiliscono le scuole e i collegi dei docenti.

Se i politici arrivano ad affermare, sulla base di quale verità scientifica poi, che con 5 alunni stranieri in una classe si salva l'identità culturale italiana, con 7 o dieci viene compromessa, allora vuol dire che....siamo proprio alla frutta.

Che pena!
Quasi quasi seguo Saviano all'estero.

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 Ubaldo Chiarotti    - 26-10-2008
Prova ad insegnare in una classe del biennio delle superiori con 14 ragazzi extracomunitari su 18 totali di almeno 5 etnie diverse, la maggioranza dei quali non conodce l'italiano e non riconosce la parità dei diritti fra uomo e donna e quindi rifiuta l'insegnante donna, poi dimmi se non ci sarebbe bisogno di classi di ACCOGLIENZA, non classi differenziate dove insegnare a questi ragazzi per un anno (e solo per un anno) la lingua e gli usi e costumi; il vivere civile del paese che li ospita e poi inserirli nelle classi comuni come tutti gli altri studenti, ma ora con la possibilità di misurarsi quasi alla pari con gli altri coetanei.
Io penso che questo non possa chiamarsi razzismo ma semplicemente accoglienza civile, solo che per fare questo servono fondi ed investimenti (per esempio quel famoso organico funzionale di berlingueriana memoria). Penso anche che buttare questi ragazzi in competizione con i coetanei del paese che li ospita senza che essi ne abbiano le stesse preparazioni di base ci porti spesso vicino alla ghettizzazione degli stessi oppure alla ghettizzazione dei ragazzi italiani che si trovano come nel caso sopracitato in quella classe di 14 su 18 vedendo ampiamente compromesso il loro diritto allo studio in quanto in quella classe non potrà mai essere svolto un normale programma di studio.

 Cosimo De Nitto    - 27-10-2008
Gentile Ubaldo Chiarotti,
mi sembra di essere stato chiaro ed esplicito che un conto è l'integrazione a 5 anni altro è a 15. Mi sembrerebbe offensivo stare a illustrare le differenze a chi capisce di psicologia dell’età evolutiva.
Non si può fare una legge che stabilisca una soluzione per tutte le fasce d’età, una unica soluzione per problemi molto diversi tra loro.
Altro punto affermato è che non si può fare una legge né per le 2 (dico due) classi dell'on. Cota a Novara, mi pare nella scuola primaria, né per la classe cui fa riferimento lei, perché sono casi così specifici e diversi la cui storia andrebbe analizzata e verificata nel dettaglio, soprattutto con le scuole nelle quali si sono registrati questi fenomeni e particolarmente con dirigenti scolastici, collegi dei docenti che stabiliscono i criteri, commissioni che lavorano alla formazione delle classi. Fra l’altro nella stragrande maggioranza dei casi le scuole e i docenti risolvono i problemi anche con le poche risorse a disposizione.
Comunque questi dettagli rientrano nelle scelte che una scuola fa nel pieno dell'esercizio della sua autonomia costituzionalmente riconosciuta dalla legge. E' la scuola che, tra le varie scelte, stabilisce i criteri di formazione delle classi. I criteri sono di natura pedagogica e didattica, non di altra natura, compresa quella razziale, etnica, religiosa, ecc., e solo i docenti, con la loro competenza, sono in grado ed hanno la responsabilità di fissare.
Altra confusione che spesso si fa è quella tra accoglienza, inserimento, decondizionamento culturale e linguistico, integrazione. Non si può fare di tutte le erbe un fascio, fare propaganda di qualsiasi tipo sulle diversità etniche, razziali, religiose, culturali, semplificare ciò che non è semplificabile, trattandosi di processi diversi che bisogna identificare, definire e trattare con diverse strategie e interventi didattici specifici. Per esempio, le Istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado quando analizzeranno la situazione delle classi, per far raggiungere a tutti gli alunni gli obiettivi didattici fissati, ricorreranno agli interventi didattici educativi Integrativi IDEI (legge n. 448/98), interventi che hanno l'obiettivo di permettere il recupero o il sostegno degli studenti in difficoltà, mediante l'attivazione, all'interno dei curricoli, di attività di compensazione e recupero. Quando si parla di studenti in difficoltà ci si riferisce a TUTTI gli studenti indiscriminatamente, indipendentemente da razza, etnia, religione, paese di provenienza ecc. In questo contesto, senza classi ponte-inserimento-accoglienza, o in qualsiasi modo le si voglia chiamare, i problemi da lei sollevati possono trovare soluzione, senza pregiudicare i principi costituzionali.
Tralascio, per esigenza di brevità, il problema della conoscenza linguistica richiamando solo, e ancora una volta, la diversità dei processi di apprendimento della lingua a 5 anni e a 15. Anche qui soluzione unica per problemi diversi non è possibile. Non mi pare né serio né efficace.
Quindi gli strumenti normativi per risolvere i problemi, che nessuno ignora o sottovaluta, a partire da chi nella scuola lavora e fatica, ci sono. Le difficoltà per le scuole sono derivate non dalla mancanza di classi ponte, ma dalla mancanza di risorse, proprio quelle che il governo fa venire meno con i tagli indiscriminati ed ingiustificati di oltre 8 miliardi che docenti, genitori, studenti, associazioni, sindacati ecc. contestano in questi giorni. A ragione.