Porrajmos
Marco Donati - 16-05-2008
Le parole urlate nel vento dalla destra stanno producendo un uragano. Al rumore dei roghi, delle spranghe e delle molotov si contrappone il silenzio delle Istituzioni e della società civile. Ancora una volta il vecchio trucco dell'illusionista sembra funzionare. La rabbia e la paura trovano finalmente uno sfogo.
Quelli che seguono sono stralci da un libro edito dall'Opera Nomadi di Milano.
Scaricatelo e parlatene nelle vostre scuole


Testimonianze:

Alija Halilovic

di Massimo Converso e Fabio Iacomini



Quella di Alija Halilovich è una testimonianza mancata, un tassello disperso in questo percorso della memoria. La sua voce si è persa la mattina del tredici gennaio '95 nel rogo della roulotte in cui viveva a Roma, nel «campo» di via Rapolla, a Quarto Miglio.

Da bambino Alija sfuggi miracolosamente alla deportazione nei campi di sterminio dalla Jugoslavia. Il nonno ebbe minor fortuna e trovò la morte nel fuoco dei crematori nazisti.

Alija arrivò a Roma nel 1967. Nel '69, assieme ai fratelli Avolija e Bajro, lavorò per sei mesi negli stabilimenti Fiat di Torino. Di origine montenegrina, ma di cittadinanza bosniaca, Alija era un personaggio stimato da tutta la comunità dei Rom Khorakhané della capitale. Viveva suonando il violino nei locali del quartiere Tuscolano, e in varie occasioni prese la parola in manifestazioni della comunità ebraica e degli ex-deportati.
Per ventisette anni Alija ha diviso con noi l'aria di questa città, ne ha percorso le strade, l'ha spesso allietata con la sua musica, senza diventarne mai cittadino.
Una pagina bianca è la sua rumorosa testimonianza.


Mohamed

di Fabio Iacomini


Sullo scuolabus del comune, nel tragitto tra il campo e la scuola, spiego ai piccoli Rom i motivi della mia partenza del giorno successivo.
«Vado in Polonia, a visitare con dei ragazzi un posto molto brutto, dove è stata uccisa moltissima gente», mi guardano attenti e un po' interdetti, «si chiama Auschwitz, è un grandissimo campo dove i nazisti concentravano ebrei, zingari e molti altri, che poi venivano uccisi in delle grandi stanze, con il gas».
Mohamed mi guarda, dopo un attimo di silenzio mi chiede: «Li bruciavano? li ammazzavano con il fuoco?».

Non conosce la storia Mohamed, undici anni, non sa dello sterminio di cinquecentomila zingari perpetrato dai nazisti in nome della purezza del sangue. Ricorda però le baracche che bruciano, il fuoco che uccide i bambini nelle roulottes.
La sua è la memoria della discriminazione quotidiana, dello sterminio strisciante del popolo Rom.
«No, li uccidevano con il gas, poi li bruciavano».
Il suo sguardo è serio, preoccupato.
«Stai attento, portati una pistola, o un bastone».
«Mohamed, succedeva tanti anni fa, ora non uccidono più nessuno».
«Stai attento la notte, la notte tornano».

interventi dello stesso autore  discussione chiusa  condividi pdf

 ilaria ricciotti    - 16-05-2008
Chi ha paura delle "Distruzioni" (Porrajmos) silenziose o plateari e di quelle subdole partorite da anime nere che vogliono tingersi ad ogni costo di bianco?

 irene    - 18-05-2008
che tristezza
e che vergogna per noi "civili"... e il nostro razzismo
non sopporto più le bugie e le manipolazioni della TV
l'unico che vedo dalla parte dei rom è Gad Lerner