Giocondo Talamonti - 19-04-2008 |
Gli interessi commerciali valgono molto più della vita di un popolo oppresso… La volontà tibetana di affrancarsi dal governo centrale cinese ed acquisire una propria autonomia, rientra nel quadro infinito dei tentativi che molti altri paesi nel mondo reclamano per affermare un principio di libertà. Situazioni politico-amministrative come quella del Tibet si ripetono, con effetto fotocopia, in ogni continente e in ogni tempo, con l’unica differenza nelle proporzioni geografiche e demografiche del problema, ma il diritto di un popolo ad affermare i principi di libertà ed autonomia non dipende dal numero degli aspiranti. I Paesi Baschi, la Catalogna, la stessa Padania, il Kossovo, il Kurdistan, e via,via centinaia di realtà africane, asiatiche, sudamericane, reclamano un’autonoma gestione delle proprie risorse, una propria identità storica, linguistica, economica o geografica, che cercano di realizzare nelle forme più varie: dalla lotta armata alla pacifica divulgazione internazionale del disagio sofferto. Nel caso del Tibet, è stata colta l’opportunità delle Olimpiadi per far conoscere al mondo le incomprensioni con la Cina. La comunità mondiale assiste da tempo alle sofferenze del popolo tibetano, ma si è finora posta ad osservare lo svolgimento dei fatti con prudente interesse. Allo stesso modo, oriente e occidente conoscono le violazioni nel Darfur, nello Zimbabwe, nei Balcani, in Iraq e Palestina, ma a parte l’attività delle diplomazie, ci si guarda bene dall’intervenire a sostegno di una delle parti. Strumentalizzare lo Sport, spegnere la fiaccola olimpica, boicottare i Giochi significa dire addio all’unico veicolo di comprensione fra i popoli, significa bruciarsi ogni chance di ricomposizione della disputa; significa rinunciare alla più istintiva forma di dialogo. Seppure partorita dalle mente del più spietato dittatore della storia, Adolf Hitler, l’idea di istituire con la fiaccola olimpica un ideale abbraccio fra tutti i popoli della Terra era nobile. E tale deve restare, se non altro per mantenere vivo l’unico gesto di umanità del Führer. Aggredire il simbolo dei Giochi e far passare l’azione come condanna per i diritti violati non è una scelta né intelligente, né coraggiosa. Il boicottaggio nei confronti di un paese che si ritiene colpevole di crimini contro la libertà e l’umanità si fa sul piano economico, isolandolo dal contesto internazionale. Se questa misura viene esclusa è perché gli interessi commerciali valgono molto più della vita di un popolo oppresso, ma per coerenza è bene che questo atteggiamento vigliacco non sia camuffato da puerili e sterili dichiarazioni, ma parli alle coscienze di tutti un unico linguaggio di condanna. |