Professori cornuti e mazziati
Isa Cuoghi - 11-09-2007
09/09/2007
Professori cornuti e mazziati
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[da Informadocenti]

di Franco Berardi Bifo
su Liberazione del 08.09.2007

Sono un insegnante. Svolgo il mio lavoro in una scuola serale. Insegno storia e cultura europea a studenti lavoratori, in gran parte di provenienza straniera. L'orario di lavoro sta fra le 19 e le 23. Cinque giorni alla settimana. Ventiquattro anni di anzianità. Il mio stipendio è di 1460 euro (millequattrocentosessanta).
Il contratto della mia categoria è scaduto nel 2005. Dopo una lunga vertenza ci è stato rinnovato solo nell'aprile del 2007. Ci hanno concesso un aumento medio di 100 euro. La vacanza contrattuale, cioè il lungo periodo durante il quale il contratto era scaduto, non è stata riconosciuta, con la complicità per me incomprensibile del sindacato. Non ci pagano gli arretrati, vabbè. Cento euro in più sono meglio di uno sputo in un occhio direte voi. D'accordo. Meglio di uno sputo in un occhio.
Il problema è che questo aumento non s'è visto. Funzionari del governo di centrosinistra hanno firmato questo contratto tanto chi se ne frega, ma i soldi fino a questo momento non si sono visti.
A luglio ho fatto gli esami di maturità. Mi spetterebbe un compenso per questo, poca roba, qualche centinaio di euro. L'avete visto voi? Io no.
Le condizioni della scuola e dell'università italiana peggiorano ogni anno prima di tutto per la ragione semplicissima che i soldi per l'istruzione (a proposito: come si chiama adesso il ministero? E' stata restaurata la parola pubblica davanti alla parola istruzione?) i soldi per l'istruzione non ci sono. Non ci sono i soldi per stabilizzare le decine di migliaia di ricercatori che mandano avanti la macchina universitaria in condizioni di indecente precarietà, ricatto, e miseria. Non ci sono i soldi per assumere le centinaia di migliaia di precari della scuola. Non ci sono i soldi per pagare gli aumenti concessi.
Per essere più precisi i soldi ci sarebbero, ma sono sistematicamente dirottati verso le scuole private, confessionali o padronali.
In questi giorni si torna a scuola. La maggior parte dei (pochi) insegnanti che leggono un giornale (come permettersi un quotidiano al giorno con uno stipendio di millequattrocento euro?) la maggior parte degli insegnanti, dicevo, compra La Repubblica (e farebbe meglio a cambiare giornale).

La Repubblica ha sparato in prima pagina:
"BASTA CON I PROFESSORI FANNULLONI"
Cornuti e mazziati, direte voi.
La vera questione è un'altra. Il titolo della Repubblica è un'indecente criminalizzazione di un'intera categoria.
E la categoria pubblicamente insultata è quella che dovrebbe formare le nuove generazioni, che dovrebbe godere del rispetto e dell'ascolto della parte più sensibile della collettività. Metterli alla fame non basta. Occorre umiliarli pubblicamente: miserabili e fannulloni.
Ciò cui stiamo assistendo è la distruzione della scuola pubblica, e il governo di centrosinistra da questo punto di vista non si comporta diversamente da quello precedente. Questa distruzione si inserisce nel quadro più vasto di un processo generale di descolarizzazione, di produzione accelerata di ignoranza. D'altra parte è quel che chiede il mercato, dominus incontrastato della vita sociale. Il mercato del lavoro ha bisogno di gente incapace di ragionare, incapace di leggere, incapace di parlare. Ha bisogno di gente capace di rispondere a impulsi elettronici frattalizzati.
Gente costretta ad accettare qualsiasi condizione di sfruttamento. Gente impaurita e solitaria. Questo occorre al mercato del lavoro. Gli insegnanti sono un ostacolo su questa strada. Occorre trasformarli in una mandria invigliacchita di esecutori del progetto di depressione della mente collettiva.

Sempre su Repubblica c'era anche l'articolo di Aldo Schiavone dedicato alla scuola. Lo Schiavone ha voglia di scherzare. Rivolgendosi agli insegnanti con aria saccente dice che sarebbe ora che riscoprissero il gusto (e i vantaggi) dell'autoformazione. Ma grazie signor Schiavone, aspettavamo giust'appunto lei. Aspettavamo proprio i suoi consigli. Che suggerisce? Un viaggio di studio? Lei lo sa quanti insegnanti debbono fare il doppio lavoro per potersi pagare l'affitto? Chi glielo paga il viaggio di studio che ogni insegnante dovrebbe fare due volte all'anno se fossimo in un paese civile? Un paese civile? Quello in cui escono titoli come quello che campeggia sulla prima pagina della Repubblica non può essere un paese civile.

08/09/2007
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Che altro aggiungere a questo articolo, che informa sullo stato delle cose nella scuola ?

Io a dire il vero una proposta l'avrei.. qualcuno dirà che è demagogia, qualcun altro si scandalizzerà.. ma io proporrei uno sciopero.
Non il solito sciopero però..

Uno sciopero contro i Dirigenti dei sindacati della scuola.

Perchè ?
Ma perchè oserei dire, alla Montezemolo , che sono fannulloni .. come chiamare altrimenti i Dirigenti di queste organizzazioni che, se anche non esistessero, in questa fase non cambierebbe nulla ?
Incapaci ? no.. .non lo credo possibile.. fannulloni è più adeguato come termine, perchè propone personaggi che avrebbero le capacità ma .. manca la volontà, il coraggio, l'onestà intellettuale forse..

E' sufficiente il Governo, basta il Consiglio dei Ministri a decidere di non pagarci o pagarci gli aumenti quando pare a loro... non servono sindacati portavoce di nessuno...

Nessuno che faccia una campagna informativa e incisiva sul lavoro degli insegnanti, quello vero..

Nessuno che parli delle prossime sostituzioni per supplenze che, a quanto pare, non saranno pagate un euro... fino a prova contraria non possiamo che rifarci a quanto successo l'anno scorso: budget sulle supplenze che si assottigliano sempre più, sostuzioni o divisione di alunni in altre classi col rischio di non dare più a nessuno il diritto allo studio... alle ore di lezione di materie per cui sono formulate le programmazioni.

Decisioni prese sempre a rimorchio di proteste nelle scuole, mai una volta che i sindacati abbiano la visione della scuola , e dei problemi che si presentano , in tempo reale.. e dire che ce ne sono dei distaccati nelle loro sedi..

Dovremmo pagarci pure una tessera sindacale per ottenere una reazione nulla a qualsiasi cosa sta succedendo al Ministero della Pubblica istruzione ??

Ma davvero dovremmo pagare chi non muove un dito ?

Ma davvero ci dovremmo fidare di questi personaggi che sono distaccati a tirarsi le dita, a quanto pare ?

E' sufficiente il Governo, grazie, fa già abbastanza..

Isa
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 da DocentINclasse    - 11-09-2007
Dopo i sindaci sceriffi ora anche i presidi sceriffi, mentre un manipolo di nuovi ispettori si stanno istruendo per vigilare sulla scuola, intervenire a sostegno della didattica, verificare programmi e andamento complessivo e se è il caso avrebbero pure il mandato di non fare prigionieri. Il teorema sugli insegnanti fannulloni ha fatto proseliti dentro il Ministero che però ha stabilito pure che tutta la procedura di sospensione in via cautelativa e il successivo licenziamento degli insegnanti poco ligi al dovere non ha valore retroattivo, cosicché i regressi assenteisti la fanno franca, compreso il famigerato prof. M. (M è anche il titolo del famoso film di Frtz Lang: Moerder) i cui alunni non ammessi agli esami i stato hanno ottenuto di ripetere le prove.

Se sussistono gravi motivi, il preside, o il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, potrà sospendere in via cautelativa il professore o trasferirlo per incompatibilità anche se gli organi collegiali e consiglio di disciplina provinciale, entro 60 0 90 giorni dalla denuncia, non avessero espresso il loro parere che fra l’altro non è più vincolante. Una sorta di pericolosa deriva autoritaria dunque in mano al dirigente a cui viene dato un ulteriore potere per portare ordine nella scuola.

Tuttavia si chiedono in molti: ma se ad essere fannullone è proprio il dirigente? E se fannullone è il ministero che di tutto parla tranne di rinnovare il contratto di lavoro scaduto da quasi due anni, che non sistema i precari, non consente aggiornamenti efficaci in servizio? E se fannullona è la politica che non tiene a norma le tantissime scuole del paese, non eroga servizi, sbadiglia sulle infrastrutture? Allora, come si licenziano tutti costoro? Quando si vogliono rimuovere le mele marce, come dice Fioroni per i docenti, si rimuovono nel loro insieme non già solo quelle del paniere più straccione. Fra l’altro, denuncia la Gilda, “da una recente indagine i docenti sono proprio quelli che hanno fatto meno assenze di tutti nel pubblico impiego, mentre i mali della scuola sono da ricercare nel suo abbandono, nel disinteresse dimostrato, nella insufficienza di risorse.” Ma sembra pure che queste posizioni eccessive del Ministro siano volte a rassicurare alunni e genitori, l’utenza insomma, per tenere sotto scopa gli insegnanti che, era ora, vengono strigliati e minacciati come meritano; e si ha pure l’impressione che voglia accontentare certi analisti sempre critici contro i docenti assentisti, impreparati e bighelloni, unica vera causa del degrado della scuola.

Una similare politica dell’ordine e della tolleranza zero è resa per lo più anche contro i lavavetri che rompono le tasche ai semafori senza chiedersi cosa faranno quando avranno lasciato spazzola e secchiello. Dopo i sindaci sceriffi ora si preparano i presidi sceriffi in omaggio alla politica della tolleranza zero e alla politica dell’esibizione dei muscoli ma solo contro i deboli; e pure in omaggio alla teoria dell’ordine, cara alla destra anche se il diritto alla sicurezza è un diritto costituzionale per tutti i cittadini senza schemi ideologici. Da qui l’apprezzamento unanime per le parole di Panini, il segretario della Cgil-scuola: ”In realtà le uniche parole dedicate agli insegnanti dal ministro sono di una pesantezza tale da non trovare precedenti neanche nella gestione del Ministro Moratti”.

Infatti se fosse stata lei a mettere la stelletta di sceriffo sul petto del dirigente scolastico e sibilare giri di vite contro questa classe impiegatizia sempre più bistrattata e umiliata, gravata da incombenze e responsabilità probabilmente le barricate comunarde si sarebbero inchiodate per le strade come i tombini. Resta comunque ferma la proposta della Gilda e cioè di organizzare un V-day anche per la scuola: che piacere, sibilano in coro tanti collegi di docenti, mandarcene un bel po’ ufficialmente.

Pasquale Almirante

 Marino Bocchi    - 11-09-2007
Cara Isa, sono uno che per scelta o per necessità, ha sempre vissuto con un piede dentro e uno fuori, un cane sciolto più per pigrizia e accidia che per vocazione e dunque non me ne vanto; all’epoca in cui sembrava che la rivoluzione fosse dietro l’angolo, quand’ero giovane, i miei compagni duri e puri del gruppo extraparlamentare in cui militavo, mi avevano inflitto una condanna preventiva a 15 anni di campo di rieducazione, da applicarsi il giorno dopo la presa del Palazzo d’Inverno. Scherzavano ma non troppo, arcigni e inflessibili com’erano. Io no. Io, in Lotta Continua, c’ero entrato a rimorchio di un caro amico che ne faceva parte, non per convinzione ideologica. Che era molto vaga e che vaga e’ rimasta. Allo stesso modo, molti anno dopo, mi sono iscritto alla CGIL. Un piede dentro e uno fuori, un retaggio di famiglia, di parenti indisciplinati che durante la Resistenza avevano preso il fucile, avevano fatto la Repubblica di Montefiorino, si erano battuti ma erano visti con giusto sospetto dai combattenti del PCI, che non si fidavano. Forse per trasmissione genetica, non mi sono mai meritato la fiducia di nessun apparato di cui ho fatto parte. Anche perche’ le ho combinate grosse. Nella CGIL, per esempio, ho trascorso gli anni ’80 a fare, nel mio modesto ruolo di iscritto, la quinta colonna. Facevo gli scioperi dei Cobas, alla cui fondazione a Modena anch’io ho in qualche modo contribuito, ho bloccato gli scrutini quando era già’ un reato, in base ad una legge approvata col concorso dei sindacati. Un piede dentro e uno fuori. Già allora molti stracciavano la tessera. Io no. Io resto iscritto. Non mi chiedere perché. Non lo so. Per pigrizia, forse. Ma più probabilmente perché nella CGIL ci sono i metalmeccanici, la mitica Fiom, ci sono i lavoratori dell’industria, ci sono i patronati che si occupano di dare una minima assistenza legale ai migranti o ai pensionati. Se mi interessasse far parte di un sindacato dei docenti, avrei gia’ traslocato, non c’è che abbondanza di scelta. Ma mi piace pensare che le migliaia di rappresentanti sindacali di base che sul territorio si fanno un mazzo così, spesso in condizioni difficili, per difendere i diritti elementari di poveri disgraziati, fanno parte della stessa organizzazione di cui faccio parte anch’io. E mi piace continuare a credere che l’aumento di stipendio che spetta a me, che guadagno una miseria, deve essere proporzionale a quello richiesto per chi lavora in fonderia. Dunque io resto. Resisto. Nonostante certi dirigenti confederali. Nonostante una linea ambigua e rinunciataria, sulla scuola e non solo. Con un piede dentro e uno fuori. Come sempre, nella mia vita, essendo ormai la mia condizione esistenziale. Però ti capisco. Vi capisco. E sono convinto, e lo dico col massimo di riconoscenza, stima e rispetto, che la vostra indignazione ci farà bene. Ci farà’ crescere. Darà a tanti la forza per continuare a battersi per una scuola e per una società più giuste. E ti (vi) ringrazio per questo dal più profondo dell’anima. Marino.

 Isa Cuoghi    - 12-09-2007
Caro Marino, credi che per me sia stato facile lasciare il sindacato a cui ero iscritta da 25 anni?

Per di più la cgil .. credevo in una politica sindacale che tutelasse la parte dei lavoratori, e le mie idee coincidevano con quelle di una sinistra che aveva in mente uno Stato sociale, uno Stato che ridava sotto forma di servizi tutte le tasse pagate, e che era solidale e sosteneva i più deboli.
Non uno Stato che prende dai più deboli per pagare servizi a chi è evasore, e nemmeno uno Stato ostaggio di una politica finanziaria che premia solo i furbetti e chi ha più potere.

Non me la sono sentita di stare in un sindacato a cui la mia tessera faceva pensare che ero d'accordo con la politica svolta, e il cui sbandierare il numero delle tessere dava ancora più forza nel proporre una politica che, a mio parere, ha sempre più smorzato, fino a spegnerla, quella fiducia di cui un sindacato dovrebbe godere.

Ci lamentiamo di una politica che non ha ricambi, che vive perciò di conoscenze, clientele, che è sempre più lontana dalla gente, che è autoreferenziale.

Da quanto tempo nei sindacati scuola ci sono , alle dirigenze e agli incarichi di decisione, le stesse persone?

Nella scuola ci devi vivere per stare al passo coi tempi e con le emergenze.. così come i politici dovrebbero vivere la vita di ogni giorno per capire quali salti mortali noi, lavoratori dipendenti a stipendio fisso, dobbiamo compiere con lo stipendio che abbiamo, e capire quante volte chiniamo la testa dalla delusione delle loro scelte.. eppure siamo sempre noi i soliti a pagare per tutti.

Ma questa è una storia che ormai ripetiamo da decenni..

Io sono depressa da questa situazione, sono stanca delle stesse parole ripetute e ripetute , come se ci parlassimo addosso.. sono stanca di non ricevere mai risposte.
Mai una volta che , anche arrivata una risposta, non fosse infarcita di demagogia o di retorica.

E allora io sciopererei per far capire tutto questo, perchè non c'è modo di essere ascoltati diversamente, non c'è nessun luogo, ormai in cui ci sia una vera discussione, non c'è modo di contare qualcosa.

Parlo di tutti i sindacati, ma ovviamente è di quello che sento ancora mio che mi preoccupo.

Mi preoccupa questa crisi di consensi, di fiducia, questo essere ormai fatalisti dei miei colleghi , e il loro credere che tutti siano uguali, e che nessuno mai farà qualcosa di serio per la scuola, per gli insegnanti.. ma alla fine della catena ci sono loro però: gli studenti.
Non fare cose per la scuola, avere una politica rinunciataria, quella del "ogni anno qualcosa di meno ", creerà problemi agli studenti che rischiano di non veder assolto il loro diritto allo studio, il diritto ad avere una scuola che li formi e li prepari, in un ambiente sicuro e didatticamente solido e preparato.

Chi non capisce questo è un perdente .

E' che chi perderà, saranno le future generazioni e con loro il Paese tutto.

Sì, sono indignata, molto indignata.. perchè ancora ci credo nel mio mestiere, ancora credo che la scuola pubblica debba essere non sottovalutata, ma sopravvalutata, con finanziamenti adeguati e anche di più.

Cornuti e mazziati, ha ragione Bifo, mi spiace.. e allora chi, se non i sindacati della scuola dovrebbero occuparsi delle condizioni del nostro lavoro ? chi se non un Ministero della Pubblica Istruzione in un governo retto da un centrosinistra dovrebbe dare lustro alla scuola pubblica ?

Non sta succedendo, e , mi spiace ma se voglio sentirmi ancora onesta intellettualmente, lo devo poter dire.. abbiamo creduto che le cose potessero cambiare, ci siamo illusi.

E dato che nessuno in questo trantran verso il nulla si muove e alza la voce, sugli aumenti e scelte varie.. dico che uno sciopero verso le Dirigenze sindacali , per quanto sia una scelta provocatoria e forse scandalosa e inusuale.. potrebbe smuovere qualche coscienza.. se ancora esiste.

Un caro saluto, compagno.

Isa

 Marino Bocchi    - 13-09-2007
Cara Isa, non ti nascondo che resto sempre ammirato e turbato da quello che scrivi. Tu sai turbare l'intelligenza di chi ti legge e in questi tempi di conformismo, esibizionismo, generica e retorica chiamata alle armi, non è poco. Ovviamente sono d'accordo, anche questa volta, su tutto, e l'avrai capito. Però la scuola non è una faccenda di dirigenti sindacali, contro cui è giusto fare sciopero, ma di classe dirigente politica. Perché scuola vuol dire cultura, visione del mondo, emancipazione, critica dell'ordine costituito. In una parola: libertà, conflitto, crescita nel conflitto. Tutte cose che non fanno ormai più parte del bagaglio culturale di questa banda di rinnegati e convertiti che ha usurpato la memoria e le ragioni, le speranze di cambiamento, di rottura, di tanti di noi; e non parlo di quella generica "società civile" alla Beppe Grillo, che è un imbroglio, un bluff. Penso a quelli che in nome di un'idea di giustizia sociale, di fraternità, di eguaglianza hanno sacrificato il tempo di vita e, a volte, la vita, e sono tanti. Sono le ombre di Banco che spero affliggano e tormentino il sonno dei burocrati dell'esistente, come Veltroni, D'Alema, Fassino. Facciamolo lo sciopero ma facciamolo anche contro di loro, soprattutto contro di loro, se per noi la scuola non è solo difesa di una categoria, difesa peraltro sacrosanta, ma di un'idea di società e di mondo possibile. E al contempo sosteniamo, per inciso, l’atto di coraggio della Fiom, la sua capacità di coniugare lotta sindacale e utopia, interessi particolari e interesse generale Mi piacerebbe anche sapere che ne pensano Panini e la CGIL scuola di questa faccenda. Mi piacerebbe che l’esempio della Fiom li ispirasse a chiedere le dimissioni di Fioroni, in quanto il suo “protocollo” di riforma della scuola non è molto diverso, nelle linee ispiratrici, da quello sul Welfare .Come ai vecchi tempi degli operai e studenti uniti nella lotta. Un caro saluto nostalgico, compagna. Marino.

 Isa Cuoghi    - 15-09-2007
Scrive meravigliosamente Marino :

... Perché scuola vuol dire cultura, visione del mondo, emancipazione, critica dell'ordine costituito. In una parola: libertà, conflitto, crescita nel conflitto. Tutte cose che non fanno ormai più parte del bagaglio culturale di questa banda di rinnegati e convertiti che ha usurpato la memoria e le ragioni, le speranze di cambiamento, di rottura, di tanti di noi; e non parlo di quella generica "società civile" alla Beppe Grillo, che è un imbroglio, un bluff. Penso a quelli che in nome di un'idea di giustizia sociale, di fraternità, di eguaglianza hanno sacrificato il tempo di vita e, a volte, la vita, e sono tanti. Sono le ombre di Banco che spero affliggano e tormentino il sonno dei burocrati dell'esistente, come Veltroni, D'Alema, Fassino. Facciamolo lo sciopero ma facciamolo anche contro di loro, soprattutto contro di loro, se per noi la scuola non è solo difesa di una categoria, difesa peraltro sacrosanta, ma di un'idea di società e di mondo possibile..

Beh caro Marino, le parole che hai scritto le condivido tutte.
E della Fiom vorrei davvero anche io lo stesso spirito nella scuola.
Panini come Cremaschi.. ma non ce lo vedo a fare le stesse riflessioni.

Delle volte mi chiedo se il mondo migliore in cui abbiamo creduto e, in cui ancora crediamo, sia davvero possibile.

E' questo in cui mi sento più tradita dalle dirigenze politiche e sindacali : l' avere usato le parole solo come strumenti.. mentre per noi le parole hanno avuto ed avranno sempre un significato.

Ci abbiamo creduto, e loro sanno molto bene su quali frasi fare leva.
Ma lo hanno fatto solo strumentalmente.
Ora vediamo i risultati : aperti gli occhi, nessuno più ha fiducia.

Sarà difficile riconquistarla. La vedo molto dura.

E' vero, quanta nostagia nell'usare il termine "compagno" .. erano periodi in cui ci sentivamo davvero tutti uniti, e negli occhi di ognuno di noi c'era come una speranza, quasi una certezza del raggiungimento di un fine, della realizzazione di un progetto.
In quanti l'hanno scordato e si sono asserviti alla comodità di un posto che li ha gratificati dal punto di vista del denaro e del potere che acquisivano.. dimenticando in fretta tutto.

Vabbè smetto, per non sentirmi accusare di retorica.. ma per me non lo è, retorica, quello che ho scritto.
Era quello in cui credevo.
E non mi rassegno a vedere cancellare speranze e progetti .. per questo continua l'indignazione.
Quando anche quella non ci sarà più, saremo in tempi bui.

Un saluto, compagno di speranze e di cammino.
Ciao
Isa

 Compagno bambino    - 17-09-2007
Un giorno di quasi 15 anni fa, misi piede per la prima volta in istituto di scuola secondaria superiore. Quel giorno in me albergavano curiosità e voglia di fare. Oggi la curiosità che mi è rimasta la devo solo al mio carattere e non certamente all'ambiente circostante. Divido la catagoria per fasce d'eta:

1) docenti nati nel periodo 45-55
Nota comune scoglionati. Sono alle soglie della pensione, poca voglia di impegnarsi in nuove forme di didattica o ricerca azione che si voglia. Sono il frutto del '68. Poca università, nessuna difficoltà nell'inserimento nel mondo scolastico e una maggiore richiesta di impegni malsopportata data l'età. Qualcuno potrebbe pensare che sono solo 50enni ma memori della genazione dei 40enni che li ha preceduti si ritengono quasi degli sfruttati.

2) docenti nati nel periodo 56-65
Nota comune preoccupati se non proprio esauriti da stress. Sono lontanissimi dalla pensione, e questo li scoraggia non poco; si imgnerebbero un po' più dei precedenti in nuove forme di didattica o ricerca azione ma alla soglia dei 20 anni di insenamento ritengono che nessuno possa più insegnarli alcunchè di didattica e sopprasiedono. Sono gli eredi del '68 o molto più vicini al '77. Mediocre preparazione universitaria, grandi difficoltà nell'inserimento nel mondo scolastico tanto che alcuni di essi sono ancora precari e una maggiore richiesta di impegni malsopportata vista la scara retribuzione percepita. Qualcuno potrebbe pensare che abbiano meno di 50 anni. Ma la lunga permanenza nei ranghi del precariato ha fiaccato le motivazioni professionali così si trascianno stancamente verso un lunghissimo prepensionamento "passivo".

3)docenti nati nel periodo 66-80
Nota comune frastornati quando non terrorrizzati. Sono agli inizi della loro carriera professionale; hanno molta voglia di impegnarsi in nuove forme di didattica o ricerca azione che si voglia, ma sono frenati dalle due precedenti categorie che coordinando o dirigendo il tutto spengono sul nascere i timidi tentativi dei nuivi adepti. Sono i figli del '68, che per REAZIONE NEI CONFRONTI DEI GENITORI FRATELLI, tentano di rinnovarequesta società bloccata dalla pigrizia . Molta università, difficoltà incredibili nell'inserimento nel mondo scolastico. Qualcuno potrebbe pensare che sono solo 30enni ma la vita più che temprati li ha già provati e quasi uccisi mentalmente.

Non facciamo difese d'uffcio quando ben si sa che da qusto quadro d'inisieme sfuggono le eccezioni che non superano mai purtroppo il 10-20% dell'intero corpo docente.
Ad maiora

 Isa Cuoghi    - 20-09-2007
E' un bel tipo Compagno bambino.

Entra 15 anni fa nella scuola e divide in tre fasce la categoria dei docenti.

Ovviamente i criteri sono suoi personali, ma ognuno ha il diritto di pensare liberamente e di scrivere.

Io però mi permetto di dire che le graduatorie di valore, i giudizi stilati verso questi insegnanti in base alla fascia d'età e quindi verso luoghi comuni detti e ridetti , fritti e rifritti , sul '68, '77 ecc... sono ancora una volta scorretti e offensivi, e non tengono conto di quanto questa categoria sia stata da sempre sottopagata e "macellata" .

Innanzi tutto macellata dai vari governi succedutisi, che non hanno mai sufficientemente finanziato nè le strutture nè i materiali , nè la formazione in servizio.
Da Governi che ogni anno hanno sempre tolto opportunità sia con la "stabilizzazione" della categoria dei precari, che con la cancellazione di personale della scuola, a cominciare dagli odiosi tagli agli insegnanti di sostegno che in pochi anni sono passati da 1 docente per portatore di handicap a un docente ogni 176 (più o meno ) alunni iscritti in un Circolo.

E anche dai media che su ogni emergenza sociale se la prendono con la scuola, scaricando responsabilità altrui sui docenti , che dovrebbero essere onniscienti e gestire tali emergenze.

Dai proclami parlamentari del "non uno di meno" inteso come nessun alunno che perda il diritto allo studio e che diventi evasore, con conseguenti promesse di finanziamenti.. alla realtà del "ogni anno qualcosa di meno" che è sotto gli occhi di tutti.

Da Riforme e Controriforme mai gestite con la scuola, da mai ascoltate richieste dei docenti ..insomma un Ministero. oserei dire, mai vicino alla realtà scolastica se non per deviare verso altre strade finanziamenti che ci spettano anche secondo la Costituzione.

Quando si vuole dire qualcosa di utile per la scuola, quando si vuole discutere, almeno che si tocchino tutti i punti.. e sebbene sia sicura che, in mezzo a un milione di docenti quelli frustrati e depressi e stanchi ci siano, devo dire che nellla mia realtà sono tutti coscienti e responsabili di quanto fanno, sebbene sempre più stufi di promesse mancate.

E vorrei anche vedere che la frustrazione e la depressione qualche volta non possano prendere il sopravvento.. ma le accuse del bambino di cui sopra, dovrebbero essere corredate prima di tutto non da un anonimato, poi dai nomi delle scuole in cui ha potuto svolgere tale scientifica indagine, non fosse altro per sentire l'altra campana.

Isa

 Marino Bocchi    - 20-09-2007
Caro compagno bambino, noi compagni sessantottini ci sentiamo sempre un po’ in imbarazzo quando ci tocca dialogare con voi. Sara’ il senso di colpa, sara’ che non abbiamo capito niente, ma piu’ probabilmente sara’ che ci sentiamo vecchi, semplicemente vecchi. Per ragioni cronologiche, rientro nella prima fascia. Dunque, come dici tu. scoglionato, aspirante alla pensione e con “poca voglia di impegnarsi in nuove forme di didattica o ricerca azione che si voglia”. Ma io mi riconosco solo nell’ultima che hai detto. Per esempio, “ricerca in azione”, non so neppure che voglia dire e le nuove forme di didattica credo siano solo aria fritta, essendo convinto, da buon conservatore (senno’ che sessantottino sarei?) che l’unica forma di didattica efficace sia quella che si crea tra il maestro che insegna e gli allievi che apprendono. Per il resto, non sono affatto “scaglionato” e non ho proprio nessuna intenzione di andare in pensione. Io sto bene con i miei studenti e loro stanno bene con me. Non fraintendermi: non sono di quelli che si travestono da finti-giovani, nell’abbigliamento e nel linguaggio. Viviamo, io e loro, in un rapporto di reciproco ascolto e di reciproca, consapevole, distanza. Ecco, distanza e’ una parola che mi piace. Distanza generazionale, culturale, di stili di vita. Ogni volte che entro in classe, fra tanti stranieri che mi trovo seduti dietro i banchi, il piu’ straniero sono io. Pero’ e’ bello non capirsi arrivando, per questa via, a capirsi profondamente. Infine, non mi passa proprio per la testa fare le difese d’ufficio di una categoria la quale e’ corresponsabile della miseria sociale, economica, umana, a cui il sapere sociale e politico diffuso ormai l’ha ridotta. Per inciso , non credo che neppure Isa avesse questa intenzione. Lei svolge un discorso molto piu’ ampio, articolato, di una banale difesa di una categoria indifendibile, almeno a parer mio. Ma e’ vero che molto discorsi che gli insegnanti fanno su se stessi sono una pietosa e consolatoria autorappresentazione di un mestiere che vecchi e giovani, sessantottini e figli del ’68, col loro frenetico anche se diverso bla-bla, hanno privato di senso e funzione. Un caro saluto, compagno bambino.

 Giuseppe Aragno    - 21-09-2007
Caro bambino - compagno non so - non entro nel merito. Faccio solo alcune osservazioni sul metodo. Se generalizzi in questo modo anche quando valuti i tuoi studenti, hai certamente ragione: qualcuno di noi, più vecchio di te, ti ha consentito di insegnare e c'è di che riflettere. Che vuoi che ti dica? Ognuno vede il mondo con gli occhi che possiede. A me pare che abbia mille colori, che la gente sia varia, diversa, complessa. Non la capisci se la chiudi in uno schema, se non cogli le sfumature, se vai per astrazioni e non badi alla diversità dei contesti. Gli alunni della tua classe sono un mondo: tutti più o meno la stessa fascia di età, tutti diversi tra loro. Anche tu, del resto, sei parte di un momento comune a tanti giovani. Questo non vuol dire che tu e i tuoi "coetanei" siete tutti uguali, tutti compagni, tutti bambini, tutti pinocchi e impertinenti, tutti, come tu sembri credere, innocenti e di gran lunga migliori di quelli che vi hanno preceduti. Buon lavoro, comunque, e buona fortuna ai tuoi studenti.