Le ragioni dei lavoratori
Sandra Coronella - 25-06-2002
Ho copiato l'articolo di Antonio nel forum CGIL SCUOLA, ma vi ho poi scritto questa specie di commento, che anche se è riferito specificatamente al ruolo e all'azione del sindacato, esprime qualche dubbio e qualche osservazione:

...Mi pare che il punto di vista di Limonciello non sia poi così diffuso, e neppure scontato.
Certo, c''è malcontento, anche magari da parte di alcuni di coloro che speravano in questo governo, c''è preoccupazione, ma vorrei chiedermi, come proponevo nell''altro post, cosa questo significhi per noi.
I punti di maggiore attacco di questo governo sono due:
Alle condizioni economiche, con il fisco, l''attacco al potere d''acquisto dei salari, ecc...
Ai diritti, in primo luogo il lavoro e poi la possibilità per i lavoratori di contare, di decidere, come dice Limonciello, a partire dal posto di lavoro e nella società.

Sulla prima parte, i lavoratori della scuola (non parlo, ovviamente, dei precari) sono tuttora dei *garantiti*.
Il livello intollerabilmente basso degli stipendi degli insegnanti rapportato alla loro funzione non cancella però il fatto che - specie in alcune regioni d''Italia - si tratta di stipendi che ancora garantiscono un livello di vita *decente*, ben lontano dalle fasce più deboli della popolazione.
E neppure possiamo ritenere cancellata l''idea dello scambio bassi salari-condizioni favorevoli (per il secondo lavoro o per la cura familiare).

Sulla seconda parte, un gran numero di insegnanti si aggrappano ancora all''idea che la specificità della loro funzione, che si esplica principalmente in classe, con i bambini e i ragazzi, permetta ancora - a dispetto di tutto - un margine di autonomia, e quindi di *resistere* dall''interno, anche in modo individuale.

Ed è ben noto che l''idea invece di un potere che si esercita attraverso gli strumenti sindacali non si è ancora pienamente affermata (pensiamo alle difficoltà della contrattazione di scuola).

Gli ATA sono messi un po'' peggio, ma la crisi di ruolo della categoria non riesce ancora abbastanza ad andare oltre la rabbia, la frustrazione e il senso di schiacciamento rispetto agli insegnanti.

Malgrado tutto questo la protesta c''è, e c''è la voglia di esprimerla; l''abbiamo vista nelle iniziative nate sui tagli agli organici così come sulla delega Moratti.

Ma come fare allora ad *esserci* veramente, adesso, ad essere parte attiva e visibile nello scontro in atto?
Come togliere di mezzo l''idea che si possa puntare a puri e semplici *aggiustamenti* (stile vecchio sistema di potere democristiano, per intenderci) che semplicemente ricollochino la categoria in modo più favorevoli?

E come togliere di mezzo l''altra idea, non meno pericolosa che ho sentito aleggiare - purtroppo - anche nella consultazione recente, che di fronte ad un attacco così virulento non ci sia niente da fare, altro che forse accontentarsi di sopravvivere, visto che potrebbe andar peggio?

Limonciello conclude un ragionamento che solo in parte condivido:
L''esempio è che il codice deontologico per gli insegnanti è ancora importante, ma ora altre sono le priorità.
Mi starebbe anche bene, se si trattasse solo di questo, ma temo che in secondo piano rischino di passare - insieme al codice deontologico, tema che non mi commuove più di tanto - molte e ben più importanti cose.
In buona sostanza, non credo che si tratti di porre un *prima* e un *dopo*, ma se mai di cogliere i nessi, e i cambi di prospettiva (e quindi anche di poltica, in parte) che la situazione richiede.


L''insegnante che non vede alcuna prospettiva di sviluppo professionale sarà lo stesso che potrà accettare (perchè non dovrebbe?) le sei ore aggiuntive per arrotondare.
L''insegnante che rinuncia a difendere e anzi a valorizzare la propria figura professionale rispetto all''opinione pubblica si riadagerà nello scambio scellerato di cui parlavo sopra.
L''insegnante che si lascia rinchiudere, se non in una logica di insegnamento solo frontale, in soluzioni solo individuali, e che quindi non vede nella scuola dell''autonomia uno strumento per la qualità del proprio lavoro, è un''insegnante che potrebbe accettare (perchè no?) la cancellazione del fondo di scuola o la sua riduzione a un aspetto residuale (e la cancellazione delle RSU) in cambio di più rassicuranti aumenti gestiti centralmente.
L''Ata che non riesce a ridefinire una propria originale professionalità continuerà nella logica suicida di porsi come obiettivo la separazione dai docenti, e non avrà comunque armi per difendersi dall''esternalizzazione.

Sto parlando, complessivamente, di una figura di lavoratore che non vede o non vedrà nel sindacato un proprio strumento credibile di organizzazione, e che quindi non potrà cogliere neppure la gravità di molte delle cose che avvengono ad altri livelli, fra governo e sindacati o fra gli stessi sindacati.
E sto parlando di un lavoratore per cui l''idea di salari europei o comunque di risorse consistenti per i nostri stipendi rimarrà un mito lontano, e che quindi non riuscirà a cogliere la modificazione (perchè di questo si tratta) della poltica salariale del sindacato, che non nasce da ragioni strumentali, ma dall''attacco violento del governo alle condizioni di vita dei lavoratori, che quindi devono difendersi, e soprattutto dalla volontà del governo di escludere il sindacato dalle scelte di politica economica del paese, riducendolo a proprio vassallo.


Quale la conclusione del ragionamento?
Sono d''accordo con Limonciello che occorre stabilire alleanze, e che occorre uscire dal corporativo, e credo anche che il nostro sindacato, in questo senso, debba farci sentire maggiormente parte di qualcosa che va oltre l''orizzonte stesso del nostro lavoro.

Ma attenzione: se dobbiamo difendere la scuola pubblica e difendere la democrazia, credo sia giusto farlo non in termini di solidarietà (che pure sarebbe giusto, perchè i primi lavoratori precarizzati sono i nostri figli) ma proprio a partire da noi.
Solo così troveremo la forza necessaria, non saremo pochi, sia pure motivati ed arrabbiati.

E a scanso di equivoci, visto che siamo nel forum sul contratto, credo che la nostra piattaforma contrattuale possa essere per questo un''utile occasione.
E che i temi che ne sono al centro possano benissimo caratterizzarci anche nella partecipazione, di cui spero non ci dimenticheremo, alle iniziative di lotta di queste settimane (scioperi regionali della CGIL), e nelle successive.

Dobbiamo -credo- avere la capacità di trovare nel nostro essere lavoratori della scuola le ragioni profonde di essere insieme a tutti gli altri lavoratori. E se i nostri obiettivi sono giusti, come credo, queste ragioni ci sono.


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