31 ottobre 2003 - La dirigenza scolastica: una questione di sostanza
... non di lessico
Sette deputati, tre senatori, 6 consiglieri
regionali, 2 presidenti di amministrazione provinciale, 2 sindaci, un
vicesindaco-assessore e 2 assessori comunali sono stati seduti dal 2 maggio al
31 agosto 2000 in un'auletta di Montecitorio, con block notes e personal
computer sul tavolino. Che cosa avevano in comune? Erano tutti presidi o
direttori didattici. Che facevano? Stavano seguendo anch'essi il “corsetto” di
formazione per potere ottenere la dirigenza scolastica in base
alla lettera d) del punto 15 dell'articolo 21 della legge n. 59 del 15 marzo
1957 e successive integrazioni. Chi sono i presidi-manager-parlamentari che
hanno seguito - con impegno … si presume
- i corsi di formazione dirigenziale? Cominciamo dai senatori: Vito
Rocco Loreto, Adolfo Manis e Davide Nava. Il senatore Loreto, 57 anni,
Ds-Ulivo, è preside dell'Istituto professionale di stato per il commercio
"Perrone" di Taranto. Adolfo Manis è preside dell'Istituto tecnico commerciale
"Fermi" di Iglesias. Il senatore Nava, infine, è preside della scuola
media statale "Francesco Flora" di Benevento.
Tra i deputati ci sono le On. Maria
Chiara Acciarini (Ds), Valentina Aprea (FI) e Piera Capitelli (Ds). Acciarini è
preside dell'Itc "Erasmo da Rotterdam" di Torino, esperta di organi
collegiali; Aprea, barese-napoletana-milanese, è direttrice didattica (a
Basiglio, Milano), come la collega Capitelli, con la quale (come riferiscono,
maligne, le cronache giornalistiche) polemizza (da "semplice"
deputata) un giorno sì e l'altro pure nei frequentissimi dibattiti che si
tengono in Lombardia sui problemi dell'istruzione. In quanto agli On. (nonché
capi d'istituto) maschi, tre su quattro sono presidi. Giovanni Di Stasi, 51 anni,
molisano, Verde, è preside del liceo scientifico "Santa Croce" di
Magliano (Campobasso); Mario Pepe, beneventano, 60 anni, è a capo del liceo
classico "Virgilio" di San Giorgio del Sannio (Benevento); Vittorio
Voglino, Popolari-Ulivo, dirige la scuola media statale "Gatti" di
Asti.
I due Presidenti di Provincia che
hanno fatto parte della eccezionale scolaresca sono Giulia Adamo (Trapani) e
Giovanni Quaglia (Cuneo), la prima, preside della scuola media di Trasatti
(Marsala) e il secondo della scuola media "Paglieri" di Fossano. Dal
1° settembre 2000 non ci saranno, fra rappresentanti del popolo usciti dalla
superscuola, distinzioni tra presidi e direttori didattici. Saranno tutti
dirigenti scolastici (leggi: "dirimanager"), come gli altri 9.980
capi di istituto italiani. Tutti egualmente bravi e ... tutti promossi!
(La FONTE alla quale ho attinto per scrivere questa nota è: Sole 24 Ore Scuola
23 giugno 2000).
1 novembre 2003 - Dirigenza scolastica: focus normativo
Cerchiamo, ora, di analizzare il fondamento
giuridico sulle quali si basa si è
sviluppata, e si identificata la
“nuova” dirigenza scolastica in rapporto al nuovo ruolo attribuito e delle modalità di svolgimento del lavoro.
Le fonti di cambiamento (o di consolidamento) della "ratio" e del
modo di essere della dirigenza, come delle altre figure professionali che a
essa si affiancano, sono:
·
le modifiche apportate dalla legge 3
maggio 1999, n. 124 ("Disposizioni urgenti in materia di personale
scolastico") al Testo unico delle disposizioni in materia di istruzione n.
297 del 16 aprile 1994;
·
le norme introdotte dalla razionalizzazione
della rete delle istituzioni educative, che crea nuove figure, nuovi rapporti e
più estesi campi operativi (Dpr n. 233 del 18/6/98);
·
i nuovi diritti e i nuovi doveri
introdotti dall'autonomia scolastica (legge 59/97, art. 21); dall'estensione
dell'obbligo scolastico (legge 9/99), dallo Statuto degli studenti (Dpr
27/5/98, n. 249); dal diritto-dovere della formazione (contratto collettivo
nazionale 26/5/99 e contratto integrativo nazionale 3/8/99), dal d.P.R. n.
275/99;
·
le modifiche apportate ai titoli di
studio previsti per l'accesso alle professioni docenti (in particolare legge n.
341 del 19/11/90), che sta trovando inizio di applicazione solo dall'anno
accademico 1999-2000. Le norme attuali sul personale della scuola riflettono la
svolta "storica" subita dal pubblico impiego con il punto 2
dell'articolo 2 del Dlgs 23/12/93, che modifica a sua volta il Dlgs n. 29 del 2
febbraio 1993 e così recita: "I rapporti di lavoro dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I,
titolo II del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro
subordinato nell'impresa, salvi i, limiti stabiliti dal presente decreto per il
perseguimento degli interessi generali cui l'organizzazione e l'azione
amministrativa sono indirizzate".
Diritti e doveri contrattuali
·
L'articolo 447 del Tu n. 297 del
16/4/94, che precede le norme relative ai diritti e ai doveri dei docenti,
dichiarava che dette norme sarebbero state valide fino all'entrata in vigore
dei contratti collettivi di lavoro (aventi validità erga omnes
senza, ulteriori, atti di recepimento formale da parte dell’Amministrazione)
previsti dal Dlgs n. 29 del 3 febbraio 1993. Tali contratti sono già
intervenuti, prima quello del 4 agosto 1995, poi, quello del 26 maggio 1999 e,
ora, quello del 24 luglio 2003 (che ha efficacia, per quanto attiene la parte
economica, fino al 31 dicembre del 2003). Tutti – è opportuno rammentarlo –
ispirati al medesimo filo conduttore.
Funzione dirigenziale: il quadro
normativo
Nell'ambito dell'amministrazione
scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i Capi
d'istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è
stata attribuita personalità giuridica e autonomia a norma dell'art. 21 della
legge n. 59 del 15/3/97.
I dirigenti scolastici sono
inquadrati in ruoli regionali e rispondono dei risultati, che sono valutati
tenuto conto della specificità dello loro funzioni e sulla base delle verifiche
effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l'amministrazione
scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche
non appartenenti all'amministrazione stessa.
L'avvento dell'autonomia scolastica a
partire dal 1° settembre 1999 ha portato, specie con la creazione degli
istituti comprensivi (che accorpano scuole di vario livello e ordine) ha
portato con sé l'automatica rilettura dei criteri di reclutamento dei Capi
d'istituto, divenuti "dirigenti scolastici" e destinati, nel corso della
loro carriera, a svolgere ruoli in diverse situazioni. Il quadro generale
normativo è stato disegnato dall'articolo 1 del Dlgs n. 59 del 6 marzo 1998,
che introduce nel Dlgs 3/2/93, n. 29 il seguente articolo 28-bis:
(…)"Il reclutamento dei dirigenti
scolastici si realizza mediante corso-concorso selettivo di formazione, indetto
con decreto del ministro della Pubblica istruzione, svolto in sede regionale
con cadenza periodica (…)”.
L'idea del "corso-concorso
selettivo" è previsto dall'articolo 8 del Dlgs 10/11/93, n. 470, che
riguarda tutte le amministrazioni pubbliche, a livello dirigenziale.
Funzioni e doveri del dirigente
scolastico
Il personale direttivo assolve alla
funzione di promozione e di coordinamento delle attività di circolo o di istituto.
A tal fine presiede alla gestione unitaria di dette istituzioni, assicura
l'esecuzione delle deliberazioni degli organi collegiali ed esercita le
specifiche funzioni di ordine amministrativo, escluse le competenze di
carattere contabile, di ragioneria e di economato, che non implichino
assunzione di responsabilità proprie delle funzioni di ordine amministrativo.
In particolare:
·
ha la rappresentanza del circolo e/o
dell'istituto (la pluralità delle istituzioni è caratteristica peculiare dei nuovi
istituti comprensivi, nati dall'autonomia e dalla ottimizzazione della rete
scolastica);
·
presiede il collegio dei docenti; il comitato per la valutazione
del servizio dei docenti; i consigli di classe, di sezione, di interclasse; la
giunta esecutiva del Consiglio di circolo o di istituto;
·
cura l'esecuzione delle deliberazioni prese dai predetti organi
collegiali e dal Consiglio di circolo o di istituto;
·
forma le classi;
·
assegna i docenti alle classi;
·
promuove, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali,
le attività didattiche, di sperimentazione e di aggiornamento nell'area
didattica di sua competenza;
·
tiene i rapporti con le autorità, scolastiche e non;
·
cura l'esecuzione delle norme giuridiche che presiedono al
funzionamento della scuola;
·
ha la titolarità delle relazioni
sindacali a livello di singola istituzione scolastica.
Le norme suddette si ispirano, prima
ancora che, anche, ai contratti collettivi di lavoro, all' art. 10 del Dlgs 23
dicembre 1993, n. 546, in materia generale di pubblica amministrazione. (G.U.
n. 304 del 29/12/93).
Le responsabilità del dirigente
scolastico
I Dirigenti scolastici rispondono in
ordine ai risultati che sono valutati tenuto conto della specificità delle
funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione
istituito presso l'amministrazione scolastica regionale (che viene a sostituire
i vecchi Provveditorati agli studi provinciali), presieduto da un dirigente e
composto da esperti anche non appartenenti alla amministrazione stessa.
La norma si ispira all'articolo 6 del
Dlgs 10/11/93, n. 47 ("Disposizioni correttive (omissis) . . .
razionalizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina
in materia di pubblico impiego"): "I dirigenti generali e i dirigenti
sono responsabili del risultato dell'attività svolta dagli uffici ai quali sono
preposti, della realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati
(omissis), della gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, incluse le
decisioni organizzative di gestione del personale (…)".
3 novembre - Il rapporto di lavoro nel pubblico impiego
La riforma del rapporto di lavoro nel pubblico impiego è stata
introdotta dall'articolo 2 della legge n. 421 del 23 ottobre 1992 con il
conferimento della delega al Governo per organizzare e regolare i rapporti di
lavoro con le pubbliche amministrazioni secondo la disciplina del diritto
civile. All'epoca, nei confronti della riforma, non erano mancati né i
conflitti sociali animati, quasi esclusivamente, dal sindacalismo di base né
autorevoli dissensi, tra cui una pronuncia sfavorevole del Consiglio di Stato.
Nell'imminenza dell'approvazione
della legge il Consiglio di Stato, infatti, nell’adunanza plenaria del 31
agosto 1992, aveva chiarito che l'attività di gestione dei rapporti di pubblico
impiego, funzionale al principio del buon andamento della pubblica
amministrazione, non poteva essere considerata paritaria con quella dei privati
e quindi doveva essere retta da norme di diritto pubblico.
Con la legge 421 venne introdotta la
distinzione giuridica tra rapporto organico e rapporto di servizio:
·
il primo consistente nella
preposizione a un pubblico ufficio regolato da norme pubblicistiche a tutela
dell'interesse pubblico;
·
il secondo organizzato con regole di
diritto privato.
Così l'articolo 2 comma 2 del decreto
legislativo 29/93, in attuazione della delega, ha stabilito che i rapporti di
lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche "sono disciplinati
dalle disposizioni delle Sezioni II e III, Capo I, Titolo II, del libro V del
codice civile e dalle leggi sui rapporti subordinati nell'impresa, in quanto
compatibili con la specialità del rapporto e con il perseguimento degli
interessi generali nei termini definiti nel presente decreto".
La riforma ha introdotto anche la
distinzione tra attività di direzione politica e quella di direzione
amministrativa, con l'attribuzione ai dirigenti di autonomi poteri di
gestione.
Sulla base di questo principio la
legge-delega 421/92 ha stabilito che l'attività negoziale delle pubbliche
amministrazioni, in occasione delle trattative riguardanti i contratti di
lavoro, non fosse condotta da responsabili politici di governo ma, per
garantire la necessaria competenza tecnica, fosse affidata ad apposito
organismo dotato di personalità giuridica denominato Aran - Agenzia per la
rappresentanza negoziale.
I negoziati con le rappresentanze
sindacali condotti dall'Aran producono effetti anche nei confronti delle
pubbliche amministrazioni interessate che, al fine dell'entrata in vigore degli
accordi pattizi, non devono più emettere atti di ricezione.
Dalla riforma sono state previste
varie attività di controllo del governo centrale per mantenere lo svolgimento
della contrattazione nell'ambito strettamente tecnico:
·
controllo della spesa pubblica
relativa al personale,
·
adozione del regolamento per
l'organizzazione e funzionamento dell'agenzia (Aran) incaricata di sostituirsi
al governo nella contrattazione con le parti sociali,
·
emanazione di direttive di indirizzo
per l'azione contrattuale e autorizzazione alla sottoscrizione dei contratti
collettivi.
Il primo contratto collettivo avente
valore “erga omnes” è stato sottoscritto dai sindacati scuola con l'Aran il 4
agosto 1995.
Il secondo, siglato il 26 maggio '99,
al quale fa seguito il CCNI stipulato il 31 agosto 1999 non sostituisce quello
del ‘95 che conserva la sua efficacia relativamente agli articoli non
espressamente disapplicati.
Il terzo - siglato il 24 luglio 2003
– costituisce la “summa” contrattuale e giuridica di dieci anni di rapporto di
lavoro privatistico nella scuola. Un vero e proprio Testo unico delle norme
contrattuali da considerare in vigore. Non a caso è stato ritenuto “buono” da
coloro i quali ne hanno – da sempre – sostenuto la validità giuridica.
La parte economica del nuovo
contratto appena siglato è stata già disdetta dai sindacati firmatari in data
30 settembre '03.
Il Ccnl del 26 maggio 1999 conferma
l'inquadramento del personale della scuola nelle varie aree previste dal
contratto nazionale del 1995 e rappresenta la vera “svolta” (insieme al
“concorsaccio”) del “contratto da esportare all’estero” (la definizione è del
preside Panini rilasciata ad Alessandra Ricciardi su Italia Oggi nel gennaio
2000):
·
area dei servizi generali tecnici e
amministrativi;
·
area della funzione docente;
·
area della specifica dirigenza scolastica.
Checché ne dicano i miei (tanti!) detrattori l'espressione
"presidi manager" non è mia ma fu coniata a Lerici (nel lontano 1983) in un congresso di categoria.
Per diventare tali, i presidi e i direttori didattici sono tornati sui banchi,
per seguire un “corsetto” di 300 ore di formazione necessarie, secondo le norme,
per assurgere nel nuovo ruolo. In pratica, hanno conseguito un titolo
"assiso" impegnando 50 giorni, dei 200 di servizio
"canonico" nell'anno scolastico di riferimento (1999/00). Durante la
loro assenza - è opportuno rammentarlo - le 10mila scuole italiane hanno funzionato
regolarmente e ... meravigliosamente. Senza intoppi né problemi. Il
primo contratto della dirigenza scolastica, stipulato il 1° marzo 2002, ad ogni
buon conto, ha regolamentato la parte giuridica ed economica della
"nuova" categoria di lavoratori iperprotetta e vezzeggiata dal
sindacalismo tradizionale e dal potere politico. Di destra e di sinistra. La
norma pattizia stabilisce il campo di applicazione, la decorrenza e la durata
dell'accordo, che arriva fino al dicembre 2001. Vengono poi precisate l'insieme
delle risorse messe a disposizione per provvedere all'integrazione dello
stipendio dei dirigenti con la retribuzione di posizione e di risultato. Con la
stipula del contratto integrativo nazionale per il personale dell'area V della
dirigenza scolastica – sottoscritto il 28 maggio 2002 - si è deciso anche, dopo
molte discussioni, la ripartizione di queste risorse: l'85% alla retribuzione
di posizione (ovvero a tutti) e il 15% a quella di risultato. La struttura
contrattuale nel settore della dirigenza pubblica è definita in coerenza con
quella del lavoro privato. È perciò previsto, oltre alla contrattazione
nazionale finalizzata alla stipula del contratto collettivo di lavoro, un
duplice livello di contrattazione integrativa (nel settore privato la
contrattazione aziendale) nazionale e regionale. Il contratto collettivo
nazionale stabilisce:
Non possono essere introdotte, per ovvi motivi di razionalità,
mediante contrattazione integrativa norme contrastanti con quelle del contratto
nazionale. Sono nulle di diritto le clausole dei contratti integrativi, che non
rispettano tale limite. La contrattazione di secondo livello non è, tuttavia,
assoggettata al vincolo economico del contratto nazionale: l'amministrazione
può assegnare alla contrattazione integrativa (lett. e, comma 4, art. 11, legge
59/1994) risorse aggiuntive con l'unico vincolo della disponibilità dei
bilanci. La contrattazione integrativa opera, all'interno delle materie a essa
riservate, con propria autonomia finanziaria, nel rispetto dei vincoli di
bilancio. Dalla natura aziendalistica della contrattazione integrativa derivano
i livelli nei quali si svolge e i soggetti ai quali tale contrattazione è
affidata. Il livello nazionale di contrattazione integrativa si svolge presso
il ministero dell'Istruzione (che designa la delegazione di parte pubblica
trattante) in ordine alla individuazione di criteri riguardanti materie di
interesse generale della categoria, non scomponibili né differenziabili in sede
di articolazioni regionali. Il disposto normo-contrattuale prevede che la
durata dell’incarico dirigenziale nella scuola è conferito a tempo
determinato: non meno di due anni (salvo esigenze di carattere eccezionale,
connesse al collocamento a riposo del dirigente), non più di sette. Ed è
proprio questo l’aspetto che più “rode” i neodirigenti per … “decreto ricevuto”
al punto da spingerli a manifestazioni pubbliche affiancati da politici (come
la diessina Alba Sasso) con la scusa dello “spoils system” che – in questo
contesto – c’entra come il cavolo a merenda. Per quanto attiene la parte
economica essa prevede 70 milioni (di
vecchie lire) lordi annui (con un “balzo” di circa, 30 milioni lordi annui), a
cui vanno aggiunti circa 25 milioni lordi di arretrati. Il contratto dei
"diri-manager" è scaduto - per quanto attiene la parte economica - il
31 dicembre 2001. Ma di questo – e altro ancora – parlerò nella quinta (e
ultima) scheda.
5 novembre 2003 - Il dirigente scolastico "datore di
lavoro"
Per "datore si lavoro" - secondo giurisprudenza
costante - si intende il soggetto sociale al quale spettano autonomi poteri
di gestione. Il decreto formulato dal Ministero della Pubblica Istruzione
n. 292 (del 21.6.1996) ha esplicitamente individuato nel preside (e/o nel
direttore didattico) il "datore di lavoro" al quale intestare la
"titolarità" degli obblighi normativi (e contrattuali) derivanti
dalla nuova funzione assunta. E tale "individuazione giuridica"
appare - a chi scrive - in perfetta coerenza con quanto già formulato negli
anni precedenti sia con il, successivo, decreto legislativo n. 59/98 che ha
sancito lo status dirigenziale (ovvero di rappresentante
dell'amministrazione) del capo di istituto. L'attribuzione dell'autonomia
gestionale - in ordine alla gestione, alle spese e ai risultati conseguiti -
alle singole istituzioni scolastiche (d.P.R. n. 275/99) ha definitivamente sancito
e confermato la nuova posizione giuridica assolta dai professionisti in
esame. Tra i nuovi compiti assegnati alla dirigenza due sono quelli che - a
parer mio - la configura come controparte sociale degli altri soggetti
sociali operanti nella scuola:
In questo contesto particolare rilevanza assume la scelta discrezionale
(e non più elettiva) dei collaboratori che trasforma tali incarichi in
natura fiduciaria e ... subordinata alla supina accettazione della
volontà del Principe. Ed è significativo che - in questa "querelle"
dialettica - il sindacalismo di base sisia schierato apertamente a favore della
gestione democratica (ed elettiva) degli incarichi in fiera opposizione
al sindacalismo tradizionale guidato, non a caso, da dirigenti scolastici.
Ovvero dalla controparte sociale dei lavoratori della scuola. Il 21
ottobre scorso nel corso del sit-in organizzato dalle OOSS tradizionali in
difesa e tutela delle aspirazioni dei "datori di lavoro" si è parlato
- a vanvera - del tentativo del governo di (...)"estendere alle scuole la
pratica dello spoils system (...)" (cfr. https://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=3705
). La realtà storica è diversa e duole constatare che, in quest'opera di
informazione "distorta", contribuiscano, anche, gli interventi
di politici (come l'On. Alba Sasso) che - sulla scuola e sui suoi problemi -
dovrebbe ... "sapere quello che dice". In realtà - come chiarisce
autorevolmente Alessandra Ricciardi su Italia Oggi del 21 ottobre 2003 (pag.
47) - la (...)"caducazione automatica dei dirigenti dallo stato a ogni
cambio di governo non riguarda i presidi/manager. (...)". Per questi,
iperprotetti e coccolati, "lavoratori" si applicherebbero, invece, le
altre norme della legge Frattini (e già recepite nelle norme contrattuali e
giuridiche che regolamentano la funzione dirigenziale nella scuola ... come ho
cercato di dimostrare nelle schede precedenti) sulla durata degli incarichi: da
un minimo di due anni a un massimo di sette. Leggere, per credere, la C.M.
Funzione Pubblica 31/7/2002, laddove esplicitamente è scritto: “sono esclusi i
dirigenti scolastici dall’ambito applicativo” dello spoil system, che interessa tutto il resto della dirigenza dello
stato per effetto della Legge 145/2002, (la cosiddetta Legge “Frattini”). Ora,
che i "dirimanager per decreto legislativo" siano interessati
a rimanere nel medesimo posto "vita natural durante" per consolidare
il potere acquisito e costruire una scuola autonoma a ... "gestione
familiare" (in alcuni casi questa situazione paradossale è tutt'altro che
... una "provocazione" iperbololica) passi ed è, umanamente,
comprensibile. Comprendo un po' meno le ragioni di chi - specie a Sinistra e
nel Sindacato - ne sostengono le tesi e le ... "lotte". Ma, forse,
sarebbe più corretto chiamarle ... pretese.