Italo Fiorin - 08-04-2006
Ci si interroga sul futuro della scuola nella prossima legislatura. Speranze ed apprensioni si mescolano, come è naturale in una situazione di incertezza. Da dove ripartire? Per quanto ci riguarda non ci sono dubbi: dall'autonomia delle scuole. E' questo il grande motore del cambiamento, ed è un motore inceppato. Ci lasciamo alle spalle cinque anni di progressiva erosione di spazi che la normativa sull'autonomia aveva aperto, investendo sulle scuole, sulla loro capacità innovativa.
La legge, seppure inattuata, sta ancora lì a ricordare quali sono le competenze di una scuola autonoma: autonomia progettuale; autonomia didattica; autonomia organizzativa; autonomia di ricerca e sviluppo.
E' evidente che queste competenze si possono esercitare a patto che si esca dalla cultura centralistica dei programmi ministeriali, delle direttive e delle circolari minuziosamente invasive, delle pressioni sui dirigenti regionali e scolastici.
Non è per polemica che consideriamo la gestione del quinquennio del ministro Moratti contrassegnata dalla vecchia logica statalista di un ministero che dispone, di un apparato che esegue e di una scuola che applica, anzi si tratta di una delusione che non avevamo messo in conto. Il ministro manager ha però dimostrato nei fatti tutti i limiti di una cultura lontana anni luce dai valori della partecipazione, della responsabilizzazione, del pluralismo delle esperienze che si sviluppano all'interno di contesti sociali differenziati.
La legge, seppure inattuata, sta ancora lì a ricordare quali sono le competenze di una scuola autonoma: autonomia progettuale; autonomia didattica; autonomia organizzativa; autonomia di ricerca e sviluppo.
E' evidente che queste competenze si possono esercitare a patto che si esca dalla cultura centralistica dei programmi ministeriali, delle direttive e delle circolari minuziosamente invasive, delle pressioni sui dirigenti regionali e scolastici.
Non è per polemica che consideriamo la gestione del quinquennio del ministro Moratti contrassegnata dalla vecchia logica statalista di un ministero che dispone, di un apparato che esegue e di una scuola che applica, anzi si tratta di una delusione che non avevamo messo in conto. Il ministro manager ha però dimostrato nei fatti tutti i limiti di una cultura lontana anni luce dai valori della partecipazione, della responsabilizzazione, del pluralismo delle esperienze che si sviluppano all'interno di contesti sociali differenziati.