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Memorie di un insegnante, otto.
Aldo Ettore Quagliozzi
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Esilarante e vera al cento per cento la prosa di Paola Mastrocola nel suo fortunatissimo, anche nelle vendite, e divertentissimo libro “La gallina volante”.
E’ che la sua lettura ha stimolato o meglio risvegliato i miei sopiti ricordi di quando ero dedito, anima e corpo, alla nobile arte dell’educare.
Nobile arte che doveva pur concedersi i momenti brillantemente e sarcasticamente descritti dall’autrice. Ed allora ricordo di un pomeriggio tra i più tediosi della mia vita non solo scolastica, ma personale proprio.
Si era all’ascolto di un ispettore del ministero della pubblica istruzione che avrebbe dovuto illuminarci, dall’alto della sua sconfinata abilità nel leggere ed interpretare la miserevole, orrenda, inintellegibile prosa del ministero stesso, sulle questioni più innovative nella nobile arte dell’educare.
Ovvero, nell’arte dell’intrattenere, ché questo in fondo è lo spirito che ha pervaso le ultime innovazioni in campo scolastico. Divenire intrattenitori, così come nella Tv.
Ma quel buon diavolo di ispettore risultava essere, quel tedioso pomeriggio, il peggiore di tutti gli intrattenitori di questa terra.
E non mi soccorreva la vista del dorso coperto di una collega molto allegramente abbigliata, avendo incautamente occupato un banco nella primissima fila, come si conviene ad un diligente ascoltatore. Tant’è che la pennichella piano piano riusciva ad impossessarsi delle mie falcoltà attentive, con grande mio scorno al timore di essere scoperto del tutto su di un ospitale pianeta dei sogni.
Fu necessario allora allertare l’attentività con un banale espediente; mi soccorreva il possedimento di un blocchetto di appunti e di una penna, diligentemente portati appresso.
Ma per segnarci cosa? Semplicissimo. Tutte le menzioni del magnifico e sapiente ispettore ministeriale, all’uopo cinicamente richiamate alla nostra non-memoria in quell’assurdo silenzio di quel tedioso pomeriggio scolastico; leggi, circolari, ordinanze, testo unico, e via discorrendo.
Sorpresa! All’indomani, verificate sui sacri testi quelle dottissime citazioni che tanta soggezione avevano suscitato nell’uditorio semiaddormentato, scoprimmo, con altri volenterosi e caparbi colleghi, che non una, ma dico una sola, di quelle citazioni avessero una pur lontana attinenza con gli argomenti che l’illustre ispettore avrebbe dovuti renderci chiari, al di là di ogni nostro possibile futuro dubbio.
Così sono sempre andate, e mi sorregge in tale affermazione la mia diretta esperienza, e vanno le cose nel mondo della scuola; ed oggi ci si interroga sui suoi imprevedibili e calamitosi futuri scenari.
“( … ) 15,30, collegio docenti. Il preside fa l'appello, tutti che chiacchierano. Il preside prende la parola, tutti che chiacchierano. Il preside dice "Signori per favore…", tutti che chiacchierano più piano.
(E io mi perdo il professor Francesco Tanello, per sentire la chiacchiera collettiva dei miei colleghi?)
Deve leggerci alcune circolari, il preside; come da ordine del giorno, avete letto? Sì.
Il preside ci legge quattro circolari, l'ultima di dodici pagine. Alla fine ci chiede se abbiamo qualcosa da dire. No.
(E io mi perdo il professore Francesco Tanello per la prima volta nella mia città, per sentire declamare una trentina di pagine in linguaggio ministerial-scolastico, e nemmeno un'obiezione, o una noterella dei colleghi?)
Punto due dell'ordine del giorno: definizione obiettivi didattici per la compilazione della Carta dei servizi.
Mi animo. Qui è importante. Qui dirò la mia. Qui finalmente qualcosa di sostanziale. Qui non importa se perdo Tanello. Qui vale la pena: ogni scuola definisce i propri obiettivi e stila una Carta che sarebbe una sorta di autopresentazione, una carta d'identità attraverso cui la scuola dice chi è, cosa vuole, cosa offre di particolare agli allievi e alle famiglie e quindi si distingue dalle altre scuole. Mi piace. Finalmente. Cambierei solo la parola obiettivi. Anche l'aggettivo didattici. Ho una serie di proposte da fare: un corso di retorica ad esempio, secondo lo schema antico inventio-dispositio-elocutio-actio-memoria, cioè lezioni extra (non si chiamano così, Carla, si dice "corsi di approfondimento") per imparare a parlare e a scrivere, l'espressione insomma orale e scritta, i temi e le interrogazioni. Niente di speciale, ma almeno insegnamoglielo a questi ragazzi a parlare e a scrivere, mica tanto di più dobbiamo poi fare, ad esempio, come si parla in pubblico, o almeno come si parla, come si sta in piedi davanti ad un altro che ti ascolta, come si usano gli occhi e le mani, come si fa a catturare l'attenzione, come si crea la suspense, come si sviluppa un'idea, come si apre una digressione, se e quando ci si può o no concedere una digressione, e di che ampiezza e come si ritorna al discorso principale e come si chiude in bellezza e. Punto.
Ma perché lezioni extra? Non sarebbe proprio questo che la scuola, ogni scuola, dovrebbe insegnare?
"… perché obiettivo primario di questa scuola è una formazione didattica seria e compatta degli individui nonché un coinvolgimento adeguato nella realtà quotidiana nazionale e internazionale nel quadro di una… "
"Cosa dice?" chiedo al collega compagno di banco.
"Legge il punto sedici della Carta dei servizi."
Già il punto sedici? E i primi quindici? Sì, mi sono distratta ma non più di tre minuti. Non so perché mi colpisce soprattutto l'espressione "coinvolgimento adeguato": penso a un coinvolgimento "non adeguato" e divento inspiegabilmente triste.
Adesso basta, sto attenta. Adesso il preside legge le finalità culturali e educative distinte per area: sono il risultato delle nostre riunioni "per materie". Sì, sto attenta e dirò la mia.
- potenziare capacità di espressione orale e scritta
- educare all'inquadramento storico dei testi letterari
- educare all'analisi formale dei testi letterari
- educare alla lettura diretta dei testi letterari
Sto aspettando: null'altro? Allora, vediamo di tradurre: saper parlare, leggere, scrivere e studiare.
Non so, mi sembra di aver capito così.
Penso con gravità e tristezza al Professor Tanello, al volo dei pennuti da cacciagione.
Il preside va avanti: la Carta dei servizi è di trentadue pagine.
Mi chiedo come si differenzieranno le altre scuole se la nostra insegna a parlare, leggere, scrivere e studiare. Mi fanno una gran pena le altre scuola: cosa inventeranno mai per superarci, per vincere la nostra terribile concorrenza?
Non dirò la mia: mi vergogno dei miei corsi di retorica, in fondo sono perfettamente contenuti nella merce offerta, un'inutile opzione, direi (o futile!).
Sto per distrarmi definitivamente sul disegno floreale della camicetta che mi sta seduta davanti, quand'ecco che mi colpiscono ancora alcune parole-tuono, fulminanti: somministrazione test d'ingresso - programmazione educativa - strategie di recupero - percorso formativo - utenti - organismi di controllo - obiettivi didattici - funzioni obiettivo - strumenti di verifica - ta - ta - ta - ta - ta - ta…
Non so perché mi vengono in mente i pochi film di guerra che ho visto, le mitragliatrici, i soldati sporchi nelle trincee, tanto, tanto frastuono, di bombe credo, e morti, feriti e sangue. Non so, mi viene uno strano angosciante sentimento di paura. Per poco.
I fiori della camicetta della collega mi prendono definitivamente (ma saranno stampati o ricamati?): la distrazione è un'arma e una salvezza insieme, lo dico sempre ai miei allievi.( … )“
novembre 2004
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