L'UE e il velo: respinto dal Tribunale europeo il ricorso di Leyla Sahin
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L'UE e il velo
 di Ali Bulaç




sabato, 12 novembre 2005

Il 10 novembre il Tribunale europeo per i diritti umani ha respinto il ricorso di Leyla Sahin. Leyla Sahin era una studentessa della Facoltà di medicina dell’Università di Istanbul espulsa nel 1998 perché aveva rifiutato di togliersi il velo in classe. Contro l’azione dell’università Leyla Sahin ha aperto una causa presso il Tribunale europeo che, alla fine, ha riconosciuto il velo come un simbolo politico e quindi possibile causa di tensioni. Il tribunale ha sposato, in pratica, la linea dei laici-radicali in Turchia che hanno imposto il divieto del velo in tutte le scuole ed università così come negli uffici pubblici. Eppure, oggi in Turchia il 73% della popolazione femminile dichiara di indossare una forma di velo fuori casa. Il laicismo è sempre oggetto di tensioni che vede contrapposto l’elite kemalista (essenzialmente l’esercito e la magistratura) e gran parte della popolazione che ha un atteggiamento moderato. Ma questa volta il velo potrebbe essere ragione di dissenso verso l’ingresso nell’UE e verso il governo del musulmano Erdogan...
 
Quest’anno nel rapporto della UE sui progressi della Turchia, non vi è alcuna menzione del divieto del velo. L’UE ha mancato di vedere che in Turchia – che siederà al tavolo delle trattative per l’adesione – esiste questo problema.
In realtà non è che ha mancato di vedere, bensì appoggia questo divieto che da anni riguarda i diritti e le libertà fondamentali di migliaia di individui. Nell’accettazione del divieto vi sono diversi elementi. Il primo elemento che va ricordato è la decisione di appoggiare il divieto da parte del Tribunale europeo per i diritti umani nel processo a Leyla Sahin.
Questa decisione ha, da un lato, rafforzato il divieto e, dall’altro, per questa o quella ragione, ha rafforzato il pugno di coloro che hanno pregiudizi contro l’Islam e i musulmani. Non si deve credere che nel prossimo futuro il Tribunale per i diritti umani mostri rispetto o un atteggiamento liberale in merito a questo importante obbligo dell’Islam. Il secondo importante elemento è che in questo processo emerge un aspetto interessante: possiamo dire che se l’UE, mostrandosi insensibile, appoggia il divieto è chiaro che vi sia confusione su questo argomento. I diversi atteggiamenti ne sono la dimostrazione. In questo momento i paesi europei adottano quattro diverse politiche:

1) In paesi come il Belgio in alcune scuole elementari e licei il velo è proibito, ma nello stesso Paese nelle altre scuole è permesso;

2) In Francia nelle scuole medie e nei licei il velo è proibito mentre è permesso nelle università;

3) In Germania alcuni stati hanno adottato la decisione di vietarlo, mentre in altri stati il divieto non è all’ordine del giorno;

4) Mentre nei Paesi che abbiamo ricordato vige il divieto, in altri – ad esempio in Gran Bretagna – il velo è permesso.

Un altro elemento è che l’attuale governo turco non si è mostrato deciso a questo proposito: se avesse voluto rimuovere il divieto avrebbe dovuto esibire una imperitura posizione di fermezza. Il governo non vuole che il velo diventi causa di tensioni. La soluzione che ha presentato all’opinione pubblica è “la condizione dell’accordo”. Questa è in realtà una faticosa salita o un sogno irrealizzabile. Perché tutti sanno che alcuni circoli in Turchia non diranno sì al velo fino al Giorno del Giudizio. Per questo, quindi, i portavoci del AK Parti [il partito di Erdogan] dicono che “nell’attuale condizione non bisogna attendersi che si possa eliminare il divieto”. La stessa Selma Kavaf, presidente della sezione femminile dello AK Parti, in un’intervista con Nuriye Akman, ha detto: “Nelle leggi ci sono divieti non scritti in merito al velo; esprimere la volontà di abolire il divieto può causare tensioni”. E aggiunge: “La Turchia non può ancora rimuovere queste tensioni” (Zaman, 23 ottobre 2005)
Ovviamente, queste condizioni fanno pensare quella grossa fetta della popolazione, che vive il problema del velo. Il primo effetto è che, stando così le cose, milioni di persone cambieranno opinione sulla adesione della Turchia e sull’Europa. Sembra chiaro che questa fetta della popolazione non vuole rinunciare alla fede islamica, e alla libertà di religione e di coscienza per l’UE. In un’espressione del popolo potrebbe essere questa: “Alla porta dell’UE non c’è il pane. Noi questo processo l’abbiamo appoggiato perché poteva risolvere i nostri problemi, ma se le cose stanno così non c’è più ragione di appoggiare l’UE”. Arrivano direttive su direttive, dal riconoscimento del diritto dei gruppi religiosi o del nazionalismo etnico al miglioramento dei diritti degli omosessuali o di chissà quali altri gruppi marginali; ma non si prende in considerazione nessuna delle questioni della maggioranza della popolazione.
Non si sta realizzando nessun miglioramento in molti soggetti e argomenti che riguardano una grossa fetta della popolazione, a partire dal velo. Questo influenzerà le prossime scadenze politiche e il processo di accesso all’UE appena iniziato. La democrazia è un regime di diritti e di mediazioni; non è un regime di azioni di buon cuore o di carità ipocrita.

tratto da Zaman, 12/11/2005
tradotto da Michelangelo Guida


Retecivica-Milano -Islam



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