Deficit o handicap?

di Antonio Luigi Rinaldi

Nelle scorse settimane in Italia si sono riaperte le iscrizioni ai corsi biennali di specializzazione polivalente che abilitano all'insegnamento ai portatori di handicap. Non tutte le scuole che ne hanno fatto richiesta hanno ottenuto dal Ministero l'autorizzazione, per cui, nelle poche sedi operative, sono arrivate moltissime richieste.

Per poter frequentare un corso, che può essere formato solo da 40 allievi (dieci per ogni ordine di scuola ed il cui costo si aggira sugli 8-10 milioni di lire), bisogna superare delle prove psico-attitudinali. In alcune scuole del Sud sembra siano giunte diverse migliaia di richieste per sostenere i test d'ingresso (a pagamento).

Il fatto che nel nostro paese ci siano problemi di disoccupazione, e che le possibilità di entrare a lavorare stabilmente nella scuola italiana siano diventate proprio poche, ha certamente aumentato in maniera considerevole il numero di docenti che hanno deciso di intraprendere la difficile strada dell'educazione agli alunni portatori di handicap.

Insegnare a questi ragazzi è alquanto diverso dall'insegnare ad una classe, non ci sono percorsi prestabiliti validi per tutti. Nell'universo dell'handicap ogni ragazzo è un pianeta diverso da qualsiasi altro; per poter intervenire bisogna innanzi tutto scoprire le leggi che lo regolano, capirne i meccanismi di relazione, di apprendimento, vedere a che stadio di evoluzione è giunto, stabilendo un rapporto empatico che permetta, insieme, di superare gli ostacoli, graduare i passaggi troppo impervi e scoprire l'avventura dell'imparare a fare cose nuove.

Ma chi è il portatore di handicap? Cosa vuol dire realmente la parola handicap, termine entrato ormai a far parte del nostro linguaggio e troppo spesso usato a sproposito, e chi può essere definito un portatore di handicap?

L'Organizzazione Mondiale della Sanità, in un suo manuale per una classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli svantaggi esistenziali, individua opportunamente tre momenti separati, ma coordinati, che intervengono in un processo invalidante:
  1. la menomazione (o minorazione),
  2. la disabilità,
  3. l'handicap (o svantaggio).
La menomazione è un danno organico, una patologia che comporta una non esistenza, o cattivo funzionamento, di un arto o di una parte del corpo, una qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica.

La disabilità è la perdita di funzioni, di una capacità operativa, conseguente alla menomazione, ovvero qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere una attività nel modo o nell'ampiezza considerati normali per un essere umano.

L'handicap è la difficoltà che il menomato, o il disabile, subisce nel confronto esistenziale con gli altri, il disagio sociale che deriva da una perdita di funzioni o di capacità, la condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo soggetto limita od impedisce l'adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all'età, sesso e fattori socioculturali.

Altri studiosi, nel definire l'handicap, hanno proposto due parametri di interpretazione:
  • medico-biologico: la persona portatrice di handicap presenta, come esito di un processo morboso, una menomazione permanente delle proprie condizioni fisiche e/o psichiche.
  • Sociale: viene considerato portatore di handicap l'individuo emarginato, o in via di emarginazione, per motivi non organici, bensì sociali. Possono essere così definiti i soggetti disadattati, nei quali si rivela l'esistenza di traumi familiari o ambientali, i cosiddetti svantaggiati, colpiti da un complesso di sintomi irreversibili derivanti da cause socio-ambientali e culturali.
Altri ancora ritengono utile definire distintamente i termini deficit ed handicap in quanto l'uso di portatore di handicap genererebbe delle confusioni tra causa ed effetto, in quanto i due termini esprimono concetti diversi, quindi suggeriscono:
deficit per definire la condizione soggettiva e personale di chi, a causa di un evento traumatico o morboso, abbia subito una menomazione della propria sfera biologica o psichica con conseguente minorazione organica che comporta difficoltà di apprendimento e di relazioni interpersonali.
handicap per esprimere la situazione oggettiva di difficoltà in cui viene a trovarsi il portatore di deficit nel processo di integrazione nella comunità, che è organizzata secondo standard di potenzialità o di prestazioni considerate normali, ed è evidentemente dipendente da un rapporto spazio temporale.

In altre parole un deficit è difficilmente annullabile, in quanto situazione soggettiva, non è una malattia dalla quale si può guarire, ma è uno scompenso o una imperfezione stabile, mentre l'handicap, in quanto oggettivo e dipendente dalla situazione, può essere aumentato, ridotto o anche annullato.

La legge italiana definisce:
Soggetti portatori di handicap i soggetti affetti da menomazioni fisiche, psichiche e sensoriali comportanti sensibili difficoltà di sviluppo, apprendimento, inserimento nella vita lavorativa e sociale e perciò anche nella scuola che della vita sociale, entro l'arco tre-diciotto anni, rappresenta, accanto alla famiglia, la più importante istituzione. (Sentenza della Corte Costituzionale n° 215 del 3 giugno 1987)
Soggetti handicappati i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, ... che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà permanenti a svolgere i compiti e le funzioni propri della loro età. (Art. 2 Legge n° 118 del 30 marzo 1971)
Persona handicappata è colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. (art. 3 Legge n° 104 del 5 febbraio 1992)

Penso sia importante comprendere la differenza tra il concetto di menomazione, disabilità, deficit e quello di handicap, perché è quest'ultimo il campo del nostro agire nella scuola: cercare di rimuovere, di ridurre e, se possibile, di annullare quegli aspetti e quegli ostacoli che creano e mantengono lo stato di disagio, quel peso in più rispetto agli altri che questi ragazzi potrebbero portare per il resto della loro vita.

Se il docente di una materia curriculare consegue buoni risultati nel suo lavoro, darà una buona preparazione ai suoi ragazzi in quel campo ed alcuni, probabilmente, continueranno su quella strada; se un insegnante di sostegno riesce nel suo intervento, molto probabilmente avrà cambiato la vita ed il futuro di quel ragazzo.