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di Gianni Tozzi | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Al termine di un anno scolastico e dopo aver fatto scrutini che il più delle volte mettono in crisi al punto di chiedersi se valga davvero la pena di... la testa di un insegnante italiano è affollata di pensieri. E di prospositi e di progetti e di proposte. Ecco, questa volta lascio che le dita scorrano sulla tastiera seguendo l'onda di tali pensieri... 1 - Il debito formativo. E' la novità di quest'anno, che ha creato disorientamento in molti e ancora me ne chiedo la ragione. In verità non si tatta di un fatto eccezionale né tantomeno rivoluzionario e sconvolgente. Molto semplicemente è stato chiesto all'insegnante di indicare alla famiglia dello studente promosso nonostante susistessero alcune lacune nella preparazione o pur non avendo raggiunto in misura soddisfacente gli obiettivi fissati. E' quello che facciamo normalmente durante l'anno scolastico, quando comunichiamo allo studente il voto ma anche gli indichiamo le carenze, di contenuti e di metodo, e la strategia per raggiungere la "sufficienza". In altre parole ci è stato chiesto di esplicitare alla famiglia in cosa consista il debito (d'onore) formativo che lo studente è tenuto a pagare al Consiglio di Classe che lo ha promosso ugualmente alla classe successiva ritenendolo in grado di portare a termine, anche autonomamente, il percorso di apprendimento. Il debito formativo porterà ad una dequalificazione della scuola italiana? Spingerà al "tutti promossi", convincerà gli studenti italiani a studiare alcune materie sì e altre no "tanto alla fine mi devono promuovere lo stesso"? Come già accadde al tempo del decreto D'Onofrio che sostituiva gli esami di settembre con i corsi di recupero l'allarme si è levato forte un po' ovunque. Cosa successe in realtà allora ed è successo anche questa volta? Non abbiamo ancora a disposizione i dati nazionali ma dal poco che si sa (che ciascuno di noi conosce relativamente al proprio istituto e alla propria città) è accaduto di tutto tranne il "tutti promossi" tanto temuto. I primi dati riferiti a Roma parlano di un 14,39% di promossi contro il 15,71% di un anno fa; ma anche di un 41,87% di promossi senza debito a fronte del 45,72% del 1996. Ammettendo che i risultati dell'Istituto tecnico Commerciale dove insegno non siano molto distanti da quelli medi nazionali, si potrebbero fare già alcune cnosiderazioni.
Pur considerando che questi sono valori percentuali e totali, non c'è stato dunque il temuto lassismo (i non promossi sono aumentati) e le percentuali dei promossi sono ancora lontane da quelle europee. Non è mia intenzione annoiare con analisi affrettate e non sostenute da dati definitivi e nazionali; un allarme però vorrei lanciarlo: le promozioni con debito formativo sembrano davvero troppe se rapportate ai corsi di recupero dell'anno passato. Qualcuno ha maliziosamente osservato: "Allegria, son tornati i tempi belli delle ripetizioni estive"! Vi prego, smentitelo in massa, perché altrimenti c'è davvero da disperare che la nostra scuola possa mai cambiare. Il debito formativo muove nella giusta direzione ma è piuttosto un compromesso che non la soluzione. Non accade più che lo studente possa pensare: "perché dovrei studiare italiano tanto alla fine sarò promosso comunque e non risulterà da nessuna parte che il mio sei in italiano era in realtà un due un tre un quattro?"; né accade che io debba promuovere "comunque" (impotenza) lo studente che abbia rifiutato di seguire il corso di storia impegnandosi "furbamente" nelle altre discipline. In verità accade ancora; sebbene l'allievo sia chiamato a pagare un debito d'onore non vi sono possibilità reali di impedire un comportamento "truffaldino" nei confronti dello studio. Per questo è necessario arrivare alla soluzione. Una soluzione possibile Si suddividano i corsi, di qualunque disciplina, in bimestri o trimestri. Al termine, lo studente sia chiamato a sostenere un esame. Qualora non lo superasse poco male, potrebbe ripetere il bimestre o trimestre, mettiamo, di italiano. Poiché il nostro ordinamento scolastico prevede un esame per il passagio da un ciclo all'altro, si ammettano all'esame di fine ciclo solamente gli studenti che abbiano accumulato un punteggio minimo (dato dai punti o crediti formativi ottenuti per avere superato i bimestri o trimestri fondamentali e facoltativi). Sarebbe un passo avanti a mio avviso notevole: da una parte rispetterebbe il ritmo di apprendimento dell'alunno, dall'altra impedirebbe il verificarsi di situazioni vergognose (certe sanatorie e mercanteggiamenti e "furbate"), come la promozione alla classe successiva di studenti che siano assolutamente impreparati nelle materie di indirizzo. Potebbe funzionare, a condizione che allo studente sia concesso di dare l'esame bimestrale o trimestrale più di una volta all'anno, ovvero che in un anno si svolgano più bimestri o trimestri della stessa disciplina (con lo steso o con altro insegnante è da definire). Eppure anche così non verrebbe affrontato e risolto il reale problema della scuola italiana: la disaffezione degli insegnanti e degli studenti, l'arretratezza delle metodologie, la distanza crescente tra il nuovo che avanza nella società e una scuola che resiste ad ogni ipotesi e tentativo di aggiornare metodologie e contenuti. Che i nostri studenti studino di meno non è invenzione di nessuno; che non siano motivati ad apprendere non è un mistero. Ciò assodato bisogna fare il passo successivo e chiedersene la ragione. Provo a formulare una domanda: perché quando chiediamo ai nostri studenti
di eseguire un lavoro di approfondimento o di produrre un testo usando
il computer e lo scanner oppure di lavorare all'area di progetto li vediamo
impegnati al massimo e creativi e capaci di affrontare il problema e trovare
soluzioni efficaci eccetera? Eppure sono gli stessi studenti che quando
facciamo lezione frontale non sbadigliano solamente per educazione ma vediamo
che sono svagati, distratti, lontani.
2 - L'aggiornamento Data per acquisita la disponibilità degli insegnanti (do per scontata anche la necessità che ai docenti sia corrisposto un salario meno vergognoso di quello attuale), si tratta di definire un piano organico di aggiornamento che ci metta in condizione di fare scuola in modo "rinnovato", utilizzando strumenti e secondo metodologie che nessuno finora ci ha insegnato. Finora ci hanno detto: tu studia, prendi una laurea, impadronisciti di contenuti e nozioni fondamentali della disciplina e poi io ti mando a scuola ad insegnarli agli studenti. Oggi sappiamo che non basta ovvero che non basta più. Allora qualcuno ci deve aiutare ad "imparare ad insegnare ad imparare": nessuno di noi è nato psicologo o pedagogo o missionario. Un'ipotesi di aggiornamento Nessuno abbia fretta di farci iniziare l'anno scolastico ai primi o a metà settembre. Fateci riprendere il lavoro, come avviene già adesso, il rpimo di settembre ma lasciate che dedichiamo l'intero mese all'aggiornamento ovvero ad imparare ad insegnare. Cosa dovrebbe esserci nel piano di aggiornamento? Psicologia. Psicologia dell'età evolutiva; psicologia dell'apprendimento; i procesi di pensiero; l'attenzione; la concentrazione; la motivazione; cognizione e metacognizione; eccetera. Pedagogia, perché gli educatori non possono ignorare la scienza dell'educazione. Didattica.
Informatica. Il ministero sta introducendo
stazioni multimediali in ogni scuola di ogni ordine e grado. Cosa ne faremo?
Il programma servirà a risolvere la crisi dei produttori e dei distributori
di hardware oppure darà la spallata decisiva al rinnovamento della scuola?
Telematica. Evviva, siamo in internet? Sì, va bene, siamo in Internet, ma cosa significa essere in Internet? Come ci si collega? Come si usa la posta elettronica? A cosa serve la posta elettronica? Che cos'è il WWW? Posso fare anch'io delle pagine web? Sono domande che faranno sorridere i lettori di Tracciati ma non dimentichiamo che siamo minoranza. Un'esigua minoranza che ha il dovere di indicare ai moltissimi (insegnanti e studenti) la straordinaria opportunità offerta, alla scuola in primo luogo, dalla telematica e dall'informatica. Esperienze, progetti e programmazione. Nessun insegnamento teorico sarà mai efficace quanto un "esempio". Perciò siano chiamati insegnanti dello stesso o di altri istituti a presentare esperienze mono o multidisciplinari, aree di progetto o altro che ci possa aiutare a vedere altre possibilità, altre linee di sviluppo dell'attività didattica. Inoltre, una settimana sia dedicata dal Consiglio di Classe a progettare l'attività, a definire un piano di studi della classe che individui finalità e obiettivi, competenze e contenuti multidisciplinari, ai quali poi si riferiranno i singoli docentio nella programmazione disciplinare. Per le classi iniziali la settimana potrebbe essere dedicata a fare prove di ingresso che forniscano le informazioni di base per la programmazione di classe. Infine, la valutazione. E' il compito più
difficile e gravoso (spesso ingrato) che ci è stato assegnato; senza tuttavia
che qualcuno si sia preoccupato di insegnanrci a valutare, a distinguere
tra valutazione formativa e valutazione di accertamento, a riconoscere
tra i diversi tipi di prove valutative quali siano più efficaci in un dato
contesto, a decidere quando ricorrere a prove oggettive e quando a testi
argomentativi o aperti, quando a interrogazioni e quando a colloqui, quando,
infine, affidarsi a lavori di approfondimento individuali o di gruppo.
E' una questione complessa che mi riservo di sviluppare in un'altra occasione, ovviamente se a qualcuno interessasse l'argomento. Ora è il momento di chiudere questa riflessione disordinata perché mi sono dilungato abbastanza da annoiare. Non prima tuttavia di aver lanciato un sasso nello stagno. 3 - I voti In questi giorni se ne sono viste e sentite di tutti i colori. Di insegnanti che fanno la media dei voti, di altri che pesano gli elementi di valutazione, di altri che... hanno consumato piccole vendette (così si è sentito dire). Poiché le operazioni di scrutinio (brutta parola!) sono il momento culminante dell'anno e del lavoro nostro e degli studenti, dobbiamo essere "trasparenti". Perché nessuno possa nemmeno lontanamente dubitare del nostro operato vorrei lanciare una proposta che non ha bisogno di approvazioni parlamentari o ministeriali, basta l'assenso del Consiglio di Classe. Ogni classe sia dotata di un quadro dei voti da aggiornare in tempo reale. Sarà una forma di tutela degli studenti ma anche dell'intero Consiglio di Classe. Quando a giugno andremo a tirare le somme avremo tutti un quadro chiaro della situazione della classe e potremo decidere in piena coscienza e "certezza". Chi volesse fischiarmi, mandarmi improperi, scrivermi proteste o parolacce, può indirizzarle a: Giovanni Tozzi. I più curiosi vengano a fare un giro sulle pagine web dell'ITCS Riccati - TV, dove insegno italiano e storia nel corso B (sperimentazione Brocca). |