- Giuseppe Bartolucci, in un saggio di una quindicina d’anni fa intitolato La provocazione ragazzi dal vuoto al pieno (contenuto nel volume Un sipario per lo Stregatto, Firenze, La casa Usher, 1982), classificava gli artefici delle iniziative di "Teatro Ragazzi" avvenute tra il 1945 e il 1960 e contrassegnate da una forte impronta ideologica, come i «pionieri» da un lato e quelli dell’ «oratorio» dall’altro: i primi di derivazione marxista ed i secondi di matrice cattolica. Per i «pionieri» lo scopo principale dell’attività di drammatizzazione consisteva nella esemplificazione e nella produzione di temi e materiali della «Resistenza»; quelli dell’ «oratorio» volevano seguitare a produrre, appunto, «recite» parrocchiali (sulla scorta dell’esperienza di animazione di Don Bosco e delle filodrammatiche).
- Il Teatro Ragazzi, tra il 1960 e il 1970, ha dovuto fare i conti con la scomparsa delle iniziative dei «pionieri» (va fatto rilevare che Gianni Rodari aveva provocato già alcuni cambiamenti di percorso, all’insegna di pratiche di "fantasia" e di interpretazioni "surreali"), e con il progressivo diradarsi degli spettacoli di «oratorio» incapaci di aggiornare e rivitalizzare i valori della "filodrammatica", con il risultato di lasciare solo un grande vuoto e di alimentare sfiducia nei confronti del Teatro Ragazzi in generale. Questo vuoto è stato in quegli anni malamente ed insufficientemente riempito dal teatro adulti, soprattutto da quello pubblico, nel momento in cui ha cominciato a radicarsi sul territorio nazionale, mentre il teatro privato si è servito del Teatro Ragazzi per maggiormente sorreggersi produttivamente. In ogni caso, sia il teatro pubblico sia quello privato si sono limitati ad entrare furtivamente nella scuola, richiamandosi ad una nozione di spettacolo inteso genericamente come "prodotto culturale" (e considerato per «tutti»). In definitiva: a) non si volle considerare la creatività dei ragazzi dal punto di vista estetico e le forme specifiche di quella produzione artistica; b) non si seppe (o non si volle) comprendere il valore educativo-espressivo-comunicativo del teatro nella scuola (dalle materne alle superiori); c) non si tenne presente la diversa mentalità del bambino italiano in una società attraversata da profonde mutazioni sociali ed economiche.
- E’ storicamente lecito dichiarare che il Teatro Ragazzi in Italia è rinato e si è significativamente riproposto all’attenzione, tra il 1970 e il 1980, sia a livello educativo che espressivo e comunicativo. Ciò si è potuto verificare per la ripresa del discorso sulla creatività del bambino e sulla natura della partecipazione; per l’analisi meditata e non superficiale delle possibilità non solamente espressive bensì educative del teatro nella scuola; per la cresciuta consapevolezza di una ricerca del Teatro Ragazzi da non relegare nella sfera degli interventi occasionali ed improvvisati, ma da affidare a programmazioni stabili ed adeguate.
- E’ stato indubbio merito dell’animazione teatrale aver riproposto e scomposto ad un tempo il prodotto teatrale, da intendersi non come mera vicenda spettacolare ma come "meccanismo" composito e variamente articolato che non va semplicemente "usato", bensì destrutturato e ricomposto al fine di modificarne continuamente le valenze e le modalità di azione.
- Ma oggi, quali sono i materiali interpretativi, scenici e drammaturgici di un "Teatro per Ragazzi" che sia utilizzabile proficuamente anche in ambito scolastico?
Innanzitutto, a mio avviso, s’impone l’esigenza di una disciplina interpretativa per realizzare una comunicazione "centrata". Non c’è, altresì, gruppo teatrale, degno di questo nome, che adoperando burattini, marionette e pupazzi non si preoccupi di rendere accessibile la pratica di costruzione di tali materiali e di collegarne la fattura non soltanto ad una maniera o ad una poetica proprie e pertinenti, ma anche ad una misura tecnica comunicativa che consenta un collegamento alla pari con l’interpretazione. Infine, la drammaturgia: in assenza di autori costanti e concreti (Rodari risulta un’eccezione), il gruppo teatrale viene generalmente elaborando una ricerca sulla fiaba, antica o moderna, oppure lavora su un’opera letteraria o ancora prende le mosse da una serie di materiali eterogenei per rielaborarli in funzione dell’evento scenico. Dall’animazione il Teatro Ragazzi ha ereditato l’attenzione prioritaria data al momento creativo, all’uso libero e fantastico dello spazio scenico, degli oggetti, dei corpi degli attori, elementi espressivi e non descrittivi. Dall’animazione è derivata una notevole attenuazione della presenza della "quarta parete", del diaframma attori-spettatori, per cui molti gruppi lavorano strettamente a ridosso dei bambini stessi, al di fuori di una concezione del palcoscenico come luogo sacrale ed isolato. Dall’animazione si è mutuato l’uso di materiali poveri e «quotidiani», di un linguaggio sintetico ed essenziale. Soprattutto, si è ricavata la coscienza che i percorsi fantastici propri dei bambini non possono e non devono essere ingabbiati entro gli schemi logico-funzionali dell’adulto, che il teatro non può diventare mero strumento di indottrinamento o di trasmissione di valori convenzionali.
La vera specificità del teatro per ragazzi, a mio avviso, dovrebbe consistere proprio nel suo essere "teatro" tanto più "teatrale" e cioè libero nella varietà dei mezzi espressivi, nella ricerca degli effetti visivi, nella ricchezza di trovate sceniche, corporeo-gestuali, interpretative, quanto più è elementare e dunque elastico il canovaccio su cui si basa, ritenendo centrale l’accentuazione del gioco teatrale come invenzione, continua metamorfosi, trasformazione di spazi, persone e cose, utilizzazione diversa e creativa di materiali di recupero e oggetti d’uso quotidiano.
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