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di Lucio Izzo | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Gli insegnanti e la società israeliana
La formazione del personale docente nelle scuole di ogni ordine e grado in Israele è uno dei tempi principali affrontati dalle riforme scolastiche degli ultimi decenni. Un notevole sforzo di miglioramento ed innovazione è stato fatto ed il processo di evoluzione è ancora in atto, accompagnato da un intenso dibattito teorico e da molti studi e sperimentazioni. La tendenza delle autorità scolastiche è stata nell'ultimo decennio quella di legare strettamente il rinnovamento del sistema formativo degli insegnanti alla ridefinizione della loro figura in rapporto al sistema scolastico in crescita. Pur se non vi è stata nessuna rilevante modifica legislativa del sistema di formazione dei docenti, il Ministero dell'Istruzione e della Cultura ha perseguito negli ultimi anni una politica basata su tre punti: a) "Accademizzazione" del corpo docente Consiste nell'incoraggiare gli insegnanti raggiungere una formazione di livello universitario. Nel caso degli insegnanti elementari e di scuola materna, si spinge affinché essi conseguano il Bachelor of Education (B. Ed.) che corrisponde ad una laurea breve in Scienze dell'Educazione, mentre per gli altri viene consigliato il conseguimento del B. A. (laurea breve) nelle discipline di rispettiva specializzazione. Un sondaggio del 1993 mostra un notevole incremento di questo fenomeno specie nella scuola primaria.
b) Autonomia e professionalità Questa politica si esprime soprattutto in un rafforzamento della formazione in servizio. Per quanto riguarda l'autonomia, i docenti sono incoraggiati a sviluppare in ogni singola scuola programmi alternativi a quello nazionale ed è concessa alle scuole ampia discrezionalità nella quantificazione del numero di ore di insegnamento settimanali complessive e per materia. Anche i parametri di valutazione, in particolare durante gli esami, possono essere adattati alle esigenze locali. Tuttavia bisogna sottolineare che questo tipo di autonomia è più marcato nella scuola primaria, mentre nella secondaria i curriculum devono essere uniformati agli standard minimi nazionali prescritti per l'esame di maturità. In questo caso l'autonomia si sostanzia in un decentramento su base locale degli esami che vengono affidati a commissioni interne alle scuole. Gli insegnanti godono in ogni caso di totale libertà quanto alla scelta dei metodi di insegnamento. c) Miglioramento dello status e dell'immagine dei docenti
A questo scopo nel 1995 è stata lanciata dal
Ministero dell'Istruzione una campagna attraverso i media ed altri
canali. Un'enfasi speciale è stata posta sull'aumento degli
stipendi degli insegnanti determinati annualmente congiuntamente
dal Ministero dell'Istruzione, da quello delle Finanze e dalle
associazioni di categoria. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
![]() Le condizioni di lavoro La formazione del personale insegnante in Israele viene impostata oltre che dal punto di vista delle competenze disciplinari anche da quello della capacità di interagire con l'ambiente in cui si è chiamati a lavorare. Per questo motivo le autorità scolastiche danno particolare importanza all'analisi delle condizioni di lavoro alle quali è indispensabile accennare per comprendere la dinamica dei processi di formazione dei docenti. L'orario di lavoro dipende dal grado della scuola (primaria o secondaria) e dalla maternità: infatti le madri con figli fino a quattordici anni hanno diritto ad una riduzione delle ore di insegnamento settimanali. L'orario, come lo stipendio, viene comunque negoziato dal Ministero dell'Istruzione con le due organizzazioni sindacali degli insegnanti. Attualmente la retribuzione varia a seconda del titolo di studio posseduto, dell'anzianità di servizio, della quantità e della qualità dell'aggiornamento svolto, delle eventuali funzioni ricoperte nella scuola oltre l'insegnamento. I docenti di ogni tipo di scuola hanno diritto a sessanta giorni di ferie all'anno. Secondo analisi ufficiali del Ministero dell'Istruzione, confermate anche dalle associazioni di categoria, i principali problemi ambientali che gli insegnanti si trovano oggi ad affrontare in Israele si possono così riassumere: 1 - Contraddizione tra gli alti standard professionali richiesti negli ultimi anni e il ruolo tradizionale dei docenti. 2 - Notevole aumento del carico di lavoro legato al miglioramento della qualità dell'insegnamento. Tuttavia questo processo di incremento qualitativo viene frenato dall'accrescersi delle differenze tra studenti, e dalla conseguente necessità di dedicare sempre più tempo ad un insegnamento estremamente individualizzato. Questo fenomeno corrisponde al più generale fenomeno di differenziazione della società israeliana che diventa sempre meno omogenea sia dal punto di vista etnico, che economico e culturale. 3 - I cambiamenti tecnologici che si impongono anche nelle tecniche e nelle strategie di insegnamento non sono facilmente recepibili specie da parte degli insegnanti meno giovani o di quelli immigrati che si sono inizialmente formati in sistemi scolastici meno avanzati. 4 - Mancanza di un numero sufficiente di formatori che possano soddisfare in tempi rapidi le esigenze di aggiornamento dei docenti. 5 - Mancanza in diverse scuole delle attrezzature e degli spazi necessari non solo per l'aggiornamento ma per l'insegnamento stesso.
La risposte che le autorità scolastiche, le
organizzazioni sindacali ed altre istituzioni stanno tentando
di dare a questi problemi, passano attraverso una ridefinizione
degli elementi strutturali sopra menzionati e soprattutto attraverso
la ridefinizione del sistema di formazione ed aggiornamento.
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![]() La nascita del sistema di formazione e le sue problematiche generali Fin dalla sua nascita nel 1948 tutto il sistema scolastico israeliano è stato condizionato dalla presenza di immigrazione su vasta scala. In primo luogo la mancanza di personale docente qualificato e l'esigenza di provvedere con rapidità all'inserimento scolastico dei nuovi immigrati, spinsero le autorità alla creazione di corsi di formazione di breve durata (al massimo un anno) e contemporaneamente a ridurre al minimo sia i requisiti d'accesso ai corsi che il curriculum richiesto agli aspiranti insegnanti. In secondo luogo l'esigenza di adattare l'insegnamento alle diversissime realtà linguistiche e culturali da cui gli immigrati provenivano portò ad una frammentazione della tipologia dei corsi. In terzo luogo l'esigenza di formare insegnanti nelle varie comunità e di farlo nei luoghi spesso molto isolati dove queste si erano insediate, portò ad un'ulteriore polverizzazione allocativa delle scuole di formazione. Negli anni '60, con la stabilizzazione della situazione economica, si sentì l'esigenza di migliorare la formazione dei docenti. Il periodo di formazione fu portato a due anni e in alcuni casi a tre, ma le istituzioni presso le quali la formazione avveniva continuavano ad essere disomogenee tra loro quanto a standard quantitativi e qualitativi di insegnamento. Solo negli anni '70 si delineò la necessità di conferire uno "status accademico" ai docenti e si cominciò a programmare la creazione di scuole adeguate. Da allora l'obbiettivo del riconoscimento accademico per le scuole di formazione dei docenti ha dovuto tener conto di due esigenze ugualmente stringenti ma non facilmente compatibili: da una parte quella di fondere le varie istituzioni in enti più grandi ed omogenei che potessero garantire ai futuri insegnanti una migliore preparazione e diverse possibilità di specializzazione; dall'altra quella di mantenere la situazione di "dispersione" delle scuole per docenti, che aveva il vantaggio di garantire il massimo di flessibilità e di adattamento alle esigenze locali. Inoltre si poneva il problema dell'eventuale riqualificazione del personale già in servizio. Questo processo di rinnovamento, che è ancora in corso, ha già prodotto cambiamenti notevoli che riguardano in particolare quattro aspetti del sistema di formazione degli insegnanti: a. I criteri di ammissione nelle istituzioni formative b. I criteri di selezione dei formatori c. Durata dei corsi e programmi
d. Finanziamento e condizioni per lo svolgimento
di programmi accademici
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a. I criteri di ammissione nelle istituzioni formative
I requisiti di ammissione ai corsi per docente prevedono oggi il possesso di un diploma di maturità, il superamento di appositi esami di ammissione scritti ed orali e, in molti istituti, un colloquio attitudinale che valuti la personalità ed i parametri di socializzazione del candidato. L'introduzione di un diploma di maturità "unificato" nel paese ha semplificato la questione del titolo di studio, che nel passato aveva costituito un problema quanto all'omogeneità della preparazione pregressa dei futuri docenti. Oggi, pur rimanendo in vigore i differenti indirizzi di studio, la maturità viene conseguita in base ad uno standard minimo unificato che da diritto ad un certo punteggio al quale si aggiungono poi i punti della specializzazione di indirizzo. Come ulteriore garanzia di uniformità di valutazione delle competenze di base sono stati introdotti gli esami di ammissione alle scuole docenti. Essi possono però essere sostituiti da un esame che si tiene su tutto il territorio nazionale e che viene definito di "soglia minima". Per quanto riguarda il colloquio attitudinale è in fase di continuo adattamento e miglioramento ed è allo studio un tipo di test che unifichi sia la valutazione delle abilità cognitive che l'aspetto psico-attitudinale.
Negli ultimi anni la tendenza è quella di
elevare i requisiti di accesso alle scuole, sia stabilendo di
accettare studenti che abbiano ricevuto punteggi più alti
alla maturità, sia innalzando la soglia minima da superare
agli esami di ammissione. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
b. I criteri di selezione dei formatori
Nel 1979 la maggior parte dei docenti nei corsi di formazione per insegnanti avevano un diploma universitario di primo grado (B. A. o B. Ed.). Il Ministero dell'Istruzione, attraverso il suo Dipartimento per la Formazione, ha cercato di innalzare anche il livello dei formatori. A tal fine è stato reso obbligatorio il conseguimento di un titolo accademico di secondo grado (M. A.) ed è stato incoraggiato il conseguimento di quello di terzo grado (Ph. D.). Inoltre tutti i formatori hanno dovuto partecipare a corsi di riqualificazione in servizio tenuti da docenti universitari e da personale della scuola. Oggi circa l'80% dei formatori è in possesso di M.A. o Ph. D. Un importante incentivo per spingere i docenti-formatori verso la continuazione dei loro studi è stato quello di legare la retribuzione al titolo di studio posseduto. Tale sistema è in vigore del resto sia nella scuola che nell'università, a tutti i livelli. I titoli validi per la progressione dello stipendio sono valutati con un sistema a punti, in proporzione alla durata ed al livello di difficoltà dei corsi. Solo i corsi regolari delle università o quelli tenuti presso pochissime istituzioni selezionate sono riconosciuti a tale fine.
E' stato poi creato un istituto di ricerca e sviluppo
per il miglioramento dei sistemi di preparazione dei formatori
che va sempre più aumentando le sue competenze. L'istituto
collabora con tutte le scuole per la formazione dei docenti, ma
gli insegnanti possono rivolgersi ad esso direttamente per sottoporre
specifici problemi o progetti di ricerca. La funzione di ricercatore
del docente-formatore viene infatti molto enfatizzata come forma
di autoaggiornamento. Partendo dalla convinzione che non è
possibile delegare la ricerca unicamente a coloro che operano
in campo accademico, e dalla constatazione che chi insegna (nelle
scuole per insegnanti o nella scuola stessa) si trova ad un incrocio
privilegiato dove si incontrano sul campo teoria e pratica dell'insegnamento,
si sta cercando di rendere i docenti-formatori molto autonomi
nel campo della ricerca pedagogica e didattica. In tal senso viene
incoraggiata una notevole mobilità dei formatori all'interno
delle scuole per insegnanti: essi vengono impegnati a rotazione
in settori diversi dalle rispettive specializzazioni di partenza
che vengono così integrate dalle nuove. Ciò avviene
attraverso il lavoro in gruppi interdisciplinari di ricerca che
svolgono la doppia funzione di avvicinare i singoli alle nuove
specializzazioni e di verificare l'efficacia e la qualità
dell'autoaggiornamento svolto. I gruppi non sono fissi ma variabili
e il loro lavoro, come ulteriore garanzia di qualità, è
valutato anche dall'istituto di ricerca. Questo lavoro di ricerca
deve tra l'altro mirare a produrre una banca di informazione pedagogica
accessibile a tutti gli insegnanti e a sviluppare nuovi materiali
didattici. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
c. Durata dei corsi e programmi
L'attuale sistema prevede che tutti gli insegnanti, qualunque sia il tipo ed il grado di scuola in cui operano, frequentino corsi quadriennali. Tuttavia, seguendo una raccomandazione del Consiglio per l'Istruzione Superiore, il governo ha adottato un sistema modulare che permette all'insegnante che abbia completato un corso triennale di ottenere egualmente il diploma che lo abilita alla funzione docente. A questo punto il docente può completare il corso di studi frequentando il quarto anno, o cominciare ad insegnare subito e completare il quadriennio studiando mentre è in servizio o usufruendo in seguito di un anno sabbatico. Al completamento del corso di studi quadriennale si consegue un B. Ed. cioè il diploma accademico di primo grado in scienze dell'educazione. Per quanto riguarda i programmi essi differiscono a seconda del tipo di materia e di scuola in cui si aspira ad insegnare. Comunque particolare enfasi è stata posta sull'individualizzazione dei curricula e sull'aspetto pratico della formazione. Sono state create all'interno delle scuole per docenti commissioni incaricate di definire i programmi e di adattarli alle diverse esigenze degli aspiranti insegnanti. I principi guida sono due. Il primo è che la preparazione nel proprio campo di specializzazione non è sufficiente per l'insegnamento: tutti i docenti devono avere un'adeguata preparazione anche in campo pedagogico. Specularmente il secondo principio stabilisce che anche i docenti in possesso di un ottimo curriculum pedagogico devono dedicarsi attivamente al conseguimento di una specializzazione disciplinare (dunque anche nella scuola primaria) e aggiornarsi periodicamente dal momento della loro entrata in servizio. I programmi delle scuole di formazione negli ultimi anni hanno dato particolare importanza alla preparazione nelle scienze naturali, in matematica, informatica e all'aggiornamento tecnologico, in conseguenza dell'aumentata importanza attribuita a questi settori dalla società nel suo complesso. Ciononostante, lo studio delle discipline umanistiche non viene tralasciato in quanto si ritiene che esso sia insostituibile per fornire al futuro insegnante una "visione del mondo" globale che possa aiutarlo non solo nelle sue scelte personali, ma anche a migliorare le sue abilità professionali. La funzione dunque delle discipline umanistiche è, secondo la visione prevalente nell'attuale sistema formativo, quella di mettere in grado il futuro docente di affrontare le apparenti contraddizioni che incontra ad ogni passo nel suo lavoro: autonomia e pluralismo da un lato ed esigenze di standardizzazione dall'altro, e ancora la ricerca dell'eccellenza contrapposta all'omogeneizzazione. Si cerca insomma di spingere il futuro insegnante ad avere innanzitutto una visione d'insieme della realtà che lo circonda, a partire dai legami interdisciplinari tra le varie materie di studio molto diverse tra loro e che sembrano richiedere competenze altamente differenziate. Quindi, basandosi, su un approccio che integra analisi e creatività, lo si abitua ad un metodo di lavoro che consiste nella definizione dei problemi che si trova ad affrontare a qualunque livello e nella ricerca delle loro soluzioni. Secondo questa concezione gli aspiranti insegnanti devono essere addestrati ad agire il più possibile indipendentemente e a funzionare non solo come terminali del processo di ricerca e formazione, ma anche come unità di elaborazione. In tal modo i vari compiti che essi si troveranno ad affrontare in classe, tutti comportanti abilità e strategie diverse (per esempio la comunicazione, la diagnosi, la valutazione) potranno essere svolti con successo. Questo aspetto in progress dell'attività di ricerca di soluzioni è centrale in tutto sistema formativo israeliano. Esso denota la capacità di interagire con l'ambiente. Il miglioramento di tali capacità, al di là dello specifico disciplinare, viene considerato come uno dei fini principali di tutto il sistema formativo, scolastico e non. Di conseguenza al docente si chiede di agire come cinghia di trasmissione di questo approccio. Partendo dalla formazione dei formatori, passando per quella degli insegnanti, si arriva agli studenti che fin dalle classi elementari devono cominciare a fungere essi stessi da ricercatori. Con eguale enfasi si sta potenziando la preparazione nel settore informatico, addestrando i docenti all'uso delle nuove tecnologie. Anche in questo caso l'approccio mira a renderli autonomi nel senso che, una volta introdotti all'uso di tali tecnologie, essi possano provvedere da soli al loro continuo aggiornamento nel settore servendosi soprattutto delle risorse disponibili nelle reti informatiche.
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d. Finanziamento e condizioni per lo svolgimento di
programmi accademici
Le necessità finanziare delle scuole per insegnanti sono notevoli sia in termini di costo delle attrezzature, sia per gli investimenti per la ricerca. E' lo stato a provvedere al finanziamento, ma sempre di più le scuole si organizzano per raccogliere fondi presso privati e si prevede che in un periodo relativamente breve questa debba diventare la fonte primaria di finanziamento.
Oltre all'aspetto economico, anche per ciò
che concerne la programmazione, la politica del Ministero dell'Istruzione
è quella di spingere verso il decentramento e l'autonomia
ed oggi le procedure e le facoltà decisionali e di attuazione
dei programmi didattici e di spesa sono affidate alle singole
istituzioni. Queste, a loro volta tendono a decentrare al proprio
interno aumentando l'autonomia delle varie componenti.
Tavola 1 Rapporto studenti/insegnanti
Fonte: Ufficio Centrale di Statistica Israeliano
e Ministero dell'Istruzione, Cultura e Sport
* Stime basate sui dati dell'Ufficio Centrale di
Statistica e del Ministero dell'Istruzione, Cultura e Sport. In
particolare il dato relativo ai posti d'insegnamento ad orario
completo per il 1996 è così composto:
Tavola 2 Numero di insegnanti per età (Anno Scolastico 1992/93)
Fonte: Ufficio Centrale di Statistica Israeliano
Carico di lavoro dei docenti (Anno Scolastico 1992/93)
Fonte: Ufficio Centrale di Statistica Israeliano
Numero di insegnanti diplomati nei corsi quadriennali
Fonte: Ministero dell'Istruzione, Cultura e Sport
Numero di iscritti alle scuole per insegnanti di ogni ordine e grado
Fonte: Ufficio Centrale di Statistica Israeliano
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![]() La formazione in servizio La formazione in servizio viene svolta in collaborazione con le università, le scuole di formazione per insegnanti, le associazioni dei docenti ed altre organizzazioni. Gli insegnanti ricevono degli aumenti di stipendio per i vari aggiornamenti svolti. I corsi possono essere seguiti in costanza di servizio o durante gli anni sabbatici che spettano a tutti i docenti di ogni ordine e grado (un anno di congedo retribuito ogni sette). I costi dei corsi di aggiornamento vengono coperti per il 75 % dal Ministero e per il restante 25 % dal docente stesso. L'aggiornamento in servizio è facoltativo, mentre è obbligatorio durante l'anno sabbatico. E' possibile anche l'aggiornamento all'estero per periodi brevi o lunghi, attraverso programmi di scambio finanziati e coordinati dal ministero e dalle associazioni degli insegnanti. Gli insegnanti che si aggiornano all'estero durante l'anno sabbatico vengono finanziati dal fondo apposito che viene costituito ogni anno per ciascun insegnante mediante un accantonamento da parte del ministero di una quota proporzionale allo stipendio del docente.
Come avviene per la formazione iniziale anche la
formazione in servizio non si basa soltanto sulla ricezione passiva
di nuovi materiali teorici relativi ai contenuti disciplinari,
che pure ne fanno parte, ma nell'acquisizione attiva di metodi
che il docente deve essere in grado di trasmettere ai suoi studenti.
Per questo motivo più che l'aggiornamento individuale effettuato
al di fuori della scuola si incentiva sempre di più l'aggiornamento
all'interno della scuola stessa. Le istituzioni formative e di
ricerca, in primo luogo le università, sono invitate a
partecipavi trasferendo anche fisicamente le attività relative
all'interno dei locali scolastici. In questo senso è stato
sviluppato il Piano per la Formazione nella Scuola degli Insegnanti.
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Il piano di formazione nella scuola Nella realizzazione di tale piano si sono però riscontrate delle differenze rispetto ai modelli teorici ed alle esperienze fatte in altri paesi. Secondo i due studiosi menzionati e come risulta da analoghe esperienze fatte in vari paesi europei e raccolte negli studi di Evans (1993) e di Fullan (1991 e 1993), un tale sforzo di innovazione richiederebbe solo nelle fasi iniziali un supporto organizzativo e finanziario, parziale o indiretto, da parte dello stato, per il resto esso verrebbe lasciato all'iniziativa delle scuole, delle associazioni e delle comunità locali. Secondo il modello teorico descritto da Diamond (1991) lo stato dovrebbe tendere ad incoraggiare la crescita degli insegnanti come categoria professionale autonoma limitando il proprio intervento a questioni soprattutto strutturali. Allontanandosi da questi modelli, il Ministero dell'Istruzione israeliano ha invece reso obbligatorio il piano FSI in tutte le scuole, ed ha provveduto alla supervisione e all'accertamento della sua attuazione. Nel 1995 però è stato deciso di accettare anche piani di aggiornamento individualizzati elaborati e proposti dalle singole scuole. La prima fase tra il '94 ed il '95, quella dell'obbligatorietà del piano, è servita ad avviare il meccanismo di sperimentazione. Lo stato ha cioè fornito l'impulso indispensabile affinché il processo di innovazione potesse iniziare. Ciò in considerazione della situazione della scuola in Israele dove il numero di scuole private che costituiscono il sistema "indipendente" è relativamente esiguo. La maggior parte delle scuole sono statali anche se sono ripartite in tre grandi gruppi: le statali laiche (55%) le statali religiose (25%) e le statali arabe (20%). L'intervento governativo è stato determinato in effetti dalla constatazione che il piano FSI, già avviato informalmente e su base volontaria da alcuni anni, stentava a decollare. Agendo anche sulla contrattazione salariale e di concerto con le due maggiori associazioni di categoria, l'Unione degli Insegnanti (che rappresenta soprattutto gli insegnanti elementari) e l'Organizzazione degli Insegnanti di Scuola Secondaria, il Ministero dell'Istruzione è arrivato alla definizione del sistema retributivo e di incentivi precedentemente descritto, collegandolo all'obbligatorietà della FSI. Il programma fu soprannominato "I 120 minuti", perché ad ogni scuola veniva fatto obbligo di organizzare diversi corsi settimanali, sia per il personale docente che per quello non docente, e gli insegnanti dovevano parteciparvi per un ammontare di due ore in aggiunta alle ore di insegnamento ed al carico di lavoro amministrativo che compete loro. Le linee guida sono state così espresse dal ministero: "La FSI mira a creare un corpo docente autonomo. Essa si concentra soprattutto sulla ricerca di soluzione dei problemi concernenti lo sviluppo dei curricula, sul miglioramento della didattica, sui metodi di insegnamento alternativi, sulle relazioni interne ed esterne alla scuola e su qualunque altro aspetto venga ritenuto essenziale per adattare il processo di insegnamento ai bisogni degli studenti".
L'inizio dell'applicazione del piano fu parzialmente
rallentato dalla difficoltà di coordinare ed informare
il personale scolastico e dai problemi di coordinamento tra le
università che partecipavano al piano e le scuole stesse.
Inoltre il meccanismo di coordinamento e controllo centralizzato
creava un ulteriore carico di lavoro amministrativo specie per
i presidi e gli insegnanti che svolgevano funzioni di collegamento.
Ciò spinse, dopo un anno di obbligatorietà, a tornare
alla decentralizzazione ed alla facoltatività. Lo scopo
di mettere in moto il piano FSI era però stato raggiunto.
Tra le scuole che hanno deciso di continuare, circa i due terzi
hanno scelto il programma a pieno regime che comporta un carico
di 112 ore annuali di aggiornamento per insegnante. Più
del 70 % delle scuole hanno diviso i corsi in tre argomenti da
loro selezionati. Le aree disciplinari di aggiornamento più
diffuse sono indicate nella Tavola 6. Tavola 6
Percentuale di scuole nel Piano di Formazione nella
Scuola nel 1995, su base volontaria
Principali aree disciplinari
I primi bilanci sul piano FSI sembrano essere positivi.
I sondaggi realizzati tra gli insegnanti ed i presidi, illustrati
dalla Tavola 7, danno l'impressione di un consenso abbastanza
ampio, tra cui spicca quello più deciso da parte dei capi
d'istituto. Il risultato maggiore sembra essere un'aumentata capacità
di lavorare in gruppo e di trasmettere agli studenti sia le metodologie
proprie di questo tipo di lavoro sia i contenuti acquisiti nella
ricerca e nell'aggiornamento. L'opinione diffusa tra il personale
della scuola, ma anche tra gli esperti a livello ministeriale,
è che se il programma non fosse stato iniziato con l'impulso
governativo probabilmente non avrebbe raggiunto la diffusione
e la popolarità attuali e sarebbe rimasto limitato alle
aree urbane. Egualmente c'è accordo nel ritenere che un
ruolo non indifferente abbia avuto anche il sistema degli incentivi
che ha spinto molti docenti ad abbandonare l'iniziale diffidenza
verso il cambiamento, che è stata subito sostituita da
un crescente entusiasmo man mano che il programma si sviluppava.
Anche la figura del preside ne ha beneficiato, ricevendone un
impulso dinamico attraverso la ridefinizione dei suoi compiti
in senso organizzativo e gestionale. La scuola nel suo complesso
ha visto la nascita di un rapporto nuovo con le università,
rapporto che è divenuto diretto tra le singole scuole e
facoltà e non più mediato dai centri di ricerca
nazionali. Sono poi stati creati, sempre su base decentrata, cinquantasei
centri pedagogici regionali che partecipano anch'essi all'aggiornamento
in servizio. Esistono comunque anche cinque centri pedagogici
a livello nazionale che si occupano di ricerca pedagogica in specifici
ambiti disciplinari (istruzione speciale, matematica ecc.). I
centri pedagogici regionali nel 1995 avevano attivati dipartimenti
per la ricerca e l'assistenza ai docenti nelle seguenti aree:
istruzione pre-primaria; istruzione speciale; assistenza psicologica;
matematica nelle scuole superiori; matematica per le scuole ad
indirizzo umanistico; informatica; creazione di materiale e sussidi
didattici; sviluppo di giochi educativi nelle attività
di classe; inglese; scienze naturali; sviluppo di progetti educativi;
arte.
Tavola 7
Sondaggio svolto tra gli insegnanti ed i presidi
sul piano di Formazione nella Scuola degli Insegnanti
Fonte: Ministero dell'Istruzione, Cultura e Sport
* Su di un campione di 7074 insegnanti e 542 presidi
che hanno partecipato al piano per il 1995
** Su di un campione di 4883 insegnanti e 450 presidi
che hanno partecipato al piano per il 1995
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![]() Prospettive per il futuro Il processo di aggregazione degli istituti di formazione e di miglioramento della loro qualità ha prodotto tre tipologie di strutture e di corsi: a - i cosiddetti Seminari per insegnanti nei quali è possibile completare solo il triennio; b - le Scuole per insegnanti che offrono il quadriennio completo e la possibilità di conseguire insieme al diploma di insegnante, il diploma accademico di primo grado (B. Ed.) in scienze dell'educazione. In queste scuole si studia contemporaneamente pedagogia generale e le specifiche discipline che costituiranno la materia di specializzazione del docente; c - è possibile conseguire il diploma di insegnante ed il B. Ed anche in appositi corsi speciali tenuti presso le università. Questi corsi però preparano soltanto insegnanti di scuola superiore e non sono sotto la supervisione del Ministero dell'Istruzione. I seminari e le scuole per insegnanti sono invece legati al Ministero dell'Istruzione che li finanzia, stabilisce il numero massimo di studenti che essi possono accettare e le linee generali di gestione finanziaria e amministrativa. Queste decisioni vengono comunque prese dal ministero previa consultazione ed accordi con le istituzioni stesse. Il Consiglio per l'Istruzione Superiore formula direttive e stabilisce standard minimi didattici, ai quali le scuole ed i seminari per insegnanti devono uniformarsi se vogliono garantirsi la possibilità di rilasciare titoli accademici di primo grado. Scuole e seminari devono poi coordinarsi, in materia di istruzione, con le autorità regionali che sono responsabili del funzionamento delle strutture scolastiche presso le quali i docenti devono svolgere il loro tirocinio. Dal punto di vista legale ai seminari ed alle scuole per insegnanti non è riconosciuto lo status di università, di conseguenza i diplomi che esse rilasciano non sono equipollenti ad un titolo di laurea breve (B. A) ai fini della prosecuzione degli studi nelle università per il conseguimento del titolo di M. A. (master) o di Ph. D. Sono insomma dei titoli para-universitari finalizzati unicamente all'ingresso nella carriera di docente. La loro eventuale convalida per la prosecuzione degli studi universitari viene decisa dalle autorità accademiche che possono richiedere l'integrazione del piano di studi. Le scuole ed i seminari per insegnanti hanno oggi uno status ben definito, e oltre ad occuparsi della formazione preliminare dei docenti si interessano anche di quella in servizio. Ma la prospettiva più interessante viene dalla possibilità di ottenere la piena equiparazione alle università. L'accresciuta domanda di formazione post-secondaria, non può essere soddisfatta dagli atenei esistenti, mentre potrebbe risultare economicamente conveniente rafforzare e ampliare questo tipo di istituzioni che sono già operative. Secondo dati dell'Ufficio Centrale di Statistica israeliano e del Consiglio per l'Istruzione Superiore, nel 1996 gli studenti che frequentavano corsi para-universitari erano circa 28.000 e si prevede che nel 2000 raggiungeranno approssimativamente le 36.500 unità. Esiste comunque una certa resistenza a questa trasformazione, al di fuori ma anche all'interno degli stessi seminari e scuole per insegnanti. L'obiezione principale è che, trasformandosi in università, essi si allontanerebbero dal mondo della scuola e dalle sue esigenze concrete. In altre parole finirebbero per essere penalizzati proprio l'aspetto pratico della formazione e lo stretto rapporto tra territorio ed istituzioni formative, a vantaggio di una preparazione più teorica e inevitabilmente vincolata a standard globali e quindi meno legata alle esigenze locali. I sostenitori di questa tesi ritengono che invece l'evoluzione dei seminari e delle scuole per insegnanti dovrebbe andare nel senso di una specializzazione tutta scolastica, aprendosi alla formazione delle altre figure professionali che operano nella scuola ed innanzitutto direttori didattici, presidi, amministratori, psicologi scolastici, consiglieri educativi. Sul piano dell'accademizzazione essi invece consigliano semplicemente di adattare i programmi delle scuole che rilasciano il B. Ed., per consentirne l'equiparazione a tutti gli effetti ad un diploma accademico di primo grado, così che quanti lo conseguono possano continuare, se lo desiderano, i propri studi nelle università. Un altro argomento sul quale si discute molto è il rafforzamento della specializzazione disciplinare fin dalla scuola primaria, già avviata con l'impiego di più di un insegnante anche alle elementari. C'è qui una contrapposizione di modelli: la domanda è se si debba formare un "educatore" secondo il modello che nel passato prevaleva nella scuola elementare o si debba dare spazio all'insegnante come "istruttore specializzato" secondo la tendenza oggi più accreditata. E se magari sia possibile integrare i due approcci con i rispettivi vantaggi. Egualmente per quanto riguarda i curricula si discute sulla possibilità di individuare un nucleo di "materie fondamentali". Su questo argomento, come è stato accennato, sembra però esserci maggiore accordo: nonostante la grande enfasi posta sui saperi scientifici tecnologici, l'approccio umanistico (e le discipline che lo accompagnano come l'educazione linguistica, ma anche la letteratura, la storia e la filosofia) è considerato irrinunciabile ed essenziale, come una specie di collante, per garantire l'armonicità della crescita dei discenti e una capacità di sintetizzare e soprattutto di collegare i vari aspetti del sapere. La discussione sui curricula si allarga poi fino a ricomprendere il rapporto della scuola con il territorio e le famiglie. Anche in questo campo la situazione sta cambiando. I genitori sono più partecipi ed esigenti che nel passato e, insieme ai rappresentanti delle comunità locali, sono sempre più attivi nella programmazione del curriculum per gli aspiranti docenti cosi come in quella delle scuole stesse. Un esempio di questo coinvolgimento viene dal progetto di "scuola della comunità". In via sperimentale sono state create 240 scuole elementari gestite direttamente dalle comunità locali, nelle quali i genitori e gli altri membri della comunità svolgono un ruolo attivo, anche di insegnamento. E' previsto l'allargamento a breve termine di questo progetto ad altre 120 scuole e la sua estensione graduale anche alle secondarie. Esso prevede una fase preparatoria e di informazione alla comunità, che dura da quattro mesi ad un anno, e poi un periodo di attuazione assistita da esperti per circa quattro anni. Al termine dei quattro anni la comunità decide se adottare il nuovo sistema in via permanente.
Su questo come sugli altri aspetti citati, la strategia
della sperimentazione sembra essere preferita dalle autorità
scolastiche israeliane rispetto a quella della riforma globale.
Indubbiamente esse sono consapevoli che le varie sperimentazione
possono far aumentare la tendenza al frazionamento dei programmi
e più in generale dell'intero sistema scolastico. In tal
senso il Ministero adopera come correttivo il suo potere di coordinamento
che periodicamente fa sentire per riordinare e spingere all'unitarietà,
ma nel complesso, nonostante le dimensioni del sistema scolastico
lo consentano, esso preferisce evitare il ricorso a progetti globali
di riforma come quello del 1968. Ciò dipende sia da una
scelta di metodo subordinata alla linea di autonomia e decentramento
e sia dalla considerazione che nel passato le riforme globali
non hanno sempre fruttato i risultati sperati ma piuttosto hanno
dato origine a resistenze, data la particolare natura composita
della società israeliana. | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
![]() Assorbimento di insegnanti immigrati
Fonte: Ministero dell'Istruzione, Cultura e Sport
Assorbimento di studenti immigrati
Fonte: Ministero dell'Istruzione, Cultura e Sport
Gli insegnanti nel sistema scolastico nel 1996
Fonte: Ministero dell'Istruzione, Cultura e Sport
Percentuale di insegnanti in possesso di titolo accademico nell'istruzione ebraica Fonte: Ufficio Centrale di Statistica Israeliano Percentuale di insegnanti in possesso di titolo accademico nell'istruzione araba
Fonte: Ufficio Centrale di Statistica Israeliano
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