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80 mila domande di pensionamento nella scuola: solo motivi tecnici e contingenti? | |||
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Già verso la metà del febbraio scorso, la stampa, con toni moderatamente preoccupati, riferiva che, nella scuola, docenti e capi d'istituto avevano presentato 56 mila domande di quiescènza, numero sorprendentemente alto rispetto alla media degli anni passati. Ora sono 80 mila! Ancora a febbraio il Ministro della Pubblica Istruzione aveva fatto ripetuti appelli agli insegnanti affinché desistessero dalle loro intenzioni. Come spiegazione di questo "esodo" si disse che - per non so quale accordo burocratico - quest'anno per gli aspiranti pensionati rappresentava l'ultima occasione o "finestra" per poter abbandonare il lavoro, altrimenti avrebbero dovuto aspettare una decina d'anni e più per poter chiedere di esser collocati a riposo, ragione, questa, incontestabilmente valida e vera per quanto contingente e, come tale, superficiale.
È un po' strano, d'altro canto, il fatto che, quando ad abbandonare la scuola sono gli alunni, si scomodano esperti, psicologi, psichiatri, pedagogisti, sociologi e, magari, anche religiosi che si occupano dei disagi giovanili, mentre, quando a volerlo fare (e a farlo) sono gli insegnanti, ci si accontenti di motivi, come si è detto, senz'altro validi, ma, al contempo, legati al momento, all'opportunità che loro si presenta e non si accenni nemmeno ad approfondirli. Talvolta, a voler fare della dietrologia a buon mercato può risultare inutile e fors'anche volgare, ma in altri casi, come in questo, non farla può dar adito a colpevoli connivenze ed omissioni sul piano morale. In parole povere, perché non si vuol mettere in evidenza che questa volontà di andarsene da parte di molti operatori scolastici (non solo docenti ma anche personale A.T.A. e direttivo) è un segnale di un loro grave e prolungato disagio se non di un vero e proprio malessere? Probabilmente perché ammetterlo e sottolinearlo imporrebbe alle autorità politico-scolastiche di trovare il modo di lenirlo o, meglio ancora, di determinare e rimuovere le cause che l'hanno generato; e ciò le costringerebbe in primo luogo a riconoscere più di un proprio errore commesso in passato e, in secondo luogo, con ogni probabilità, a prendere dei provvedimenti per lo più impopolari, forieri di proteste: proteste provenienti sia dall'opinione pubblica che, non ci stupirebbe più di tanto, dalle OO.SS le quali si preoccupano, giustamente, dell'aumento e mantenimento del posto di lavoro, ma mai delle condizioni di lavoro dei loro rappresentati e non. È anche senz'altro vero che al Ministro dispiaccia veder andar via insegnanti con esperienza, ma è altrettanto vero, se non di più, che il reale motivo che ha fatto scattare il campanello d'allarme sia stato, come al solito, di ordine finanziario: si ha un'idea di quanto possa costare alle disastrate casse dello Stato dover pagare 80 mila nuovi pensionati? Altro che Finanziaria anticipata, Tassa per l'Europa o manovrina correttiva! Questa è la vera preoccupazione! Neanche la sostituzione di questi 80 mila sembra costituire un gran problema essendoci sempre molti docenti precari che da anni attendono di venir immessi in Ruolo. Se i primi escono e i secondi entrano nella Scuola la spesa sarebbe doppia poiché si dovrebbe pagare ogni mese sia una pensione che uno stipendio. Di fronte a queste considerazioni torna ancor più pertinente il domandarsi perché si spieghi il fenomeno adducendo ragioni contingenti, di "finestre" che si aprono e si chiudono e non ci si sia chiesti perché tutti questi colleghi preferiscano saltare da 'sta "finestra" piuttosto che continuare a mangiare 'sta minestra. Non è una questione puramente economica: ben altro! Da e per anni, "ferma restando la libertà d'insegnamento", come sovente si è sentito dire, il corpo docente è stato gradualmente esautorato, togliendogli ogni capacità e opportunità di esercitare la propria autorità sia didattica che educativa. Magari non formalmente ma con una grande opera di più o meno tacita e sotterranea dissuasione. Da troppo lungo tempo lo si è additato quale causa prima dei mali scolastici. Quante volte le autorità politico-scolastiche han lasciato dire e, non intervenendo, dato ragione a chi diffondeva la voce che i docenti erano e sono ignoranti, che non si aggiornano e chi più ne ha più ne metta? A tutto ciò si aggiunga, proprio in questi ultimi anni, anche una burocratizzazione - fatta di carte, registri, agende in più, riunioni (con relativi verbali e verbalini) tale da far sì che un docente si sia sentito (e senta) sempre meno docente e sempre più impiegato al servizio di un burocrate. Oppure qualcos'altro: psicologo, intrattenitore, baby sitter, chissà, talvolta anche genitore al posto di chi, il genitore, non ha saputo o voluto farlo né, a quanto pare, sa o vuole farlo. Ormai il mestiere per cui ha studiato e, coi mezzi che ha avuto, si è preparato, costituisce soltanto una minima e parziale parte del proprio lavoro a scuola. Resterebbe da evidenziare, poi, il continuo allargarsi dello iato tra la scuola così come viene presentata dai politici e dai mass media e quella che veramente è nella realtà quotidiana. Troppe parole a cui non corrispondono fatti o, se questi corrispondono, sono mal-fatti; ma basta dare l'idea, creare il pretesto perché il politico possa dire che lo Stato in quell'ambito scolastico ha provveduto; poi, se, com'era prevedibile in molti casi, il servizio lascia a desiderare, questo diventa un ottimo spunto per migliorare o promettere di migliorare (magari nel programma elettorale) e, nel frattempo, accusare gli insegnanti di non aver agito nel modo giusto, di non aver capito e via dicendo. Un po' troppo facile, a nostro modesto parere, trasformare il docente nel capro espiatorio di errori e scelte sbagliate voluti e posti in essere da altri. Autorevoli altri. E si è venuti così al redde rationem, alla resa dei conti. Che si presenta con la forma di finestra per il pensionamento. Chissà, se in passato - anche relativamente lontano - si avesse avuto più considerazione per la Scuola e per chi in essa ci lavora (a poco prezzo), se si avesse in essa riposto meno sogni retorici e meno velleità irrealizzabili e irrealizzate, se la si avesse lasciata essere quello che nella memoria di chi l'ha frequentata è sempre stata, lasciandola crescere dal di dentro, senza costringerla a corse verso un futuro che è per ora incapace di assimilare e far proprio, chissà, se non si fosse fatto tutto ciò, adesso probabilmente sarebbe ancora un punto fermo sotto il profilo culturale (non un mero parcheggio come spesso la si definisce). Un punto di riferimento culturale ed educativo da cui non ci si vorrebbe allontanare o abbandonare prematuramente, sia da parte degli alunni che degli insegnanti. Ma così, in fondo ha voluto darsela la società nel suo complesso. Intanto gli insegnanti che possono, stanchi, frustrati, insoddisfatti come molti dei loro giovani studenti la lasciano. Ora, sennò, quelle frustrazioni, quelle insoddisfazioni è probabile raddoppino. |