La proposta di riforma vista dalla Media

di Ubaldo Pernigo

Lo scopo di questo breve intervento non è quello di entrare nel merito dell'ambiziosa proposta del governo italiano per il riordino dei cicli scolastici, quale risulta dal documento di lavoro del gennaio 1997, ma di vedere gli eventi da un ordine di scuola destinato nella proposta ad un radicale cambiamento.
Risulta positivo, come nel documento preliminare, venga riconosciuto che "data l'importanza strategica della riforma", sia "essenziale che il confronto sia il più vasto possibile e che ad esso partecipino tutte le forze politiche, sociali ed economiche" e come vi si prospetti "il dichiarato intento di aprire un ampio dibattito, al quale sono chiamati a partecipare anche le famiglie, i docenti, i dirigenti scolastici, gli studenti, gli esperti del settore e tutto il mondo della cultura".
La riforma prevede, nelle sue linee essenziali, un sistema che superi la tradizionale distinzione in scuola elementare, media e superiore, per articolarsi in una scuola di base della durata di sei anni, suddivisa in tre bienni e sostitutiva delle attuali elementari e dei primi due anni della scuola media ed un ciclo secondario di sei. Questa nuova struttura viene motivata come meglio rispondente "ai naturali ritmi di crescita e di apprendimento degli alunni, meglio garantiti dalla complessiva unità del percorso della scuola di base", e tendente ad evitare la "ripetizione di identici programmi in spazi temporali ristretti (si pensi al programma di storia, identico nelle elementari e nelle medie)".
Il documento ribadisce, infatti, come "la stessa riforma del 1990 della scuola elementare - l'unica dopo l'istituzione della scuola media unificata (1962 e 1977) e della scuola materna statale (1968) - "abbia messo in luce, con estrema chiarezza, "la necessità di garantire, negli anni della prima formazione, una maggiore continuità educativa" e abbia sottolineato "la solitudine della scuola media, compressa tra le nuove metodologie delle elementari e le metodologie tradizionali della secondaria, punto di snodo di scelte spesso non sufficientemente orientate e, comunque, affidate ad un'età eccessivamente precoce".
Il documento riporta come la distinzione dell'istruzione scolastica in tre livelli, elementare, media e secondaria superiore, sia quasi del tutto scomparsa nell'Unione europea e dopo avere messo in luce alcune delle difficoltà odierne, propone come "soluzione più efficace" la costituzione "di un ciclo primario di sei anni, suddiviso in tre bienni, complessivamente sostitutivo delle attuali elementari e ai primi due anni della scuola media", cui fare seguire un secondo sessennio nella scuola secondaria.
Si passa così ad una ristrutturazione degli ordini e gradi odierni, con il passaggio ad una struttura a due livelli e con lo smembramento della scuola media.

In riferimento ai tempi di attuazione, dall'approvazione parlamentare, saranno sufficienti tre anni per "cambiare radicalmente" la scuola media attuale, in cui anche il sottoscritto insegna da oramai tre lustri.

Cosa prevede il documento governativo per gli insegnanti della scuola media?
"Gli insegnanti della scuola media dovrebbero confluire per due terzi nella scuola primaria e per un terzo nel primo triennio della scuola secondaria. Anche in questo caso il passaggio potrebbe avvenire gradualmente, inizialmente solo nel primo anno e successivamente, per mobilità professionale anche negli altri due anni del primo triennio."
"Si deve inoltre ricordare che, in un sistema così riformato, diventa di vitale importanza poter disporre, di figure di sistema che svolgano funzione di tutoraggio, di aiuto e di sostegno nelle scelte, al fine di realizzare un sistema di orientamento concreto. Gli insegnanti della scuola elementare e media con adeguata preparazione in questo senso potrebbero trovare agevole collocazione in tali funzioni."
E qui sorgono le prime perplessità.
Cosa accadrà agli insegnanti che si vedranno per ben due terzi trasferiti nella realtà della scuola elementare? Come verrà scelto il terzo che accederà alla nuova scuola superiore?
La scuola media ha da tempo assunto un suo ruolo e le persone che vi lavorano una competenza d'area specifica. Abbiamo insegnanti preparati che conoscono la pedagogia, la psicologia e la metodologia didattica propria di una certa fascia d'età. Abbiamo, inoltre, una spiccata suddivisione per materie d'insegnamento. Come verrà vissuto questo passaggio e in particolare quello, a mio parere più difficile, verso la scuola di base?
Agli insegnanti che passeranno ai primi due bienni del ciclo primario, è affidato il "compito di provvedere all'alfabetizzazione culturale, all'acquisizione di corretti collegamenti spazio-temporali, al primo avvicinamento alle tecnologie informatiche, all'apprendimento di una lingua straniera, alla presa di coscienza del mondo circostante e dei propri diritti e doveri" e a quelli dell'ultimo biennio, è demandato il "consolidamento delle acquisizioni culturali e dei metodi dell'apprendimento". Qui, però, il testo non è chiaro e forse questa distinzione non viene fatta, proprio per evitare di ricreare una struttura che possa ricordare la "vecchia" scuola media.
La modalità per il passaggio alla nuova scuola superiore di un terzo degli insegnanti è uno degli altri punti che potrebbero creare discrasie tra docenti. Credo che buona parte del personale della scuola media veda, infatti, più percorribile questa conversione, certo più consona alla professionalità conseguita nella media. Se si ripeterà l'errore di decidere il passaggio e l'attribuzione dei ruoli in base alla soprannumerarietà, all'anzianità o a ruoli già attributi, senza che i singoli si siano fatti onere di specializzarsi, come già avvenuto più volte, e non in base alle competenze e ai titoli acquisti, superando la stessa laurea come titolo, non si farà un buon servizio agli utenti, alla scuola e agli insegnanti.
PROPORREI, pertanto, di invertire il rapporto previsto e DI PREVEDERE IL PASSAGGIO ALLA NUOVA SCUOLA SUPERIORE DI DUE TERZI degli insegnanti della scuola media.
Manca, inoltre, una qualsiasi forma di sperimentazione specifica di una siffatta struttura scolastica e del suo impatto sugli alunni e sul personale docente della scuola media (per le superiori l'esperienza Brocca potrà comunque fornire utili indicazioni). Si potrebbe prevedere, nel caso la riforma di concretizzi, una sperimentazione in itinere da attuare proprio nella fase di transizione, lasciando il modello inizialmente aperto a modifiche anche strutturali, proprio per recepire i risultati di questa fase.

Una riforma di tale portata dovrà rivedere, se vuole realmente essere tale, anche gli obiettivi, le finalità, la struttura delle discipline e gli stessi contenuti, il sistema delle cattedre, i quadri orari, lo stesso orario degli insegnanti e la distribuzione nell'arco della settimana degli impegni, eliminare innominabili disparità di fatto tra insegnanti delle diverse discipline e incarichi (di questi punti non vi è cenno alcuno), prevedere l'autonomia degli istituti, strutture adeguate (non è da sottovalutare il problema della distribuzione fisica sul territorio delle nuove strutture e di come accorpare le esistenti) e la gestione trasparente dei soprannumerari che verranno creati in particolare nella scuola elementare, rivalutare le competenze e la specificità della professione docente e la relativa retribuzione (e pure di questo non vi è cenno nella proposta). Infine, una riforma che non preveda una proposta di soluzione per il problema del precariato e non chiarisca il rapporto tra scuola pubblica e privata, nascerebbe monca.

In ogni caso si potrà entrare maggiormente nel merito della "nuova scuola", una volta che questa diverrà meglio delineata nelle discipline, nei loro contenuti e nelle nuove attribuzioni al corpo docente e quando per gli insegnanti della Media saranno più chiari i destini e le modalità di passaggio. E' anche in questo ambito che si vedrà se chi ha promosso tale riforma conosce la scuola reale, i suoi meccanismi e i suoi problemi (*) o se, come avvenuto sino ad ora, porrà solamente rimedi parziali o ristrutturazioni di segmento.

(*) E' del 21 gennaio 1997 il D.M. n. 50 la nomina di una Commissione tecnico scientifica, in cui spiccano l'assenza della "scuola reale" e la presenza di molti universitari e persone certamente di indubbio valore. Ma questi, mi domando, conoscono la scuola elementare e media reali, le relative strutture didattiche e organizzative e le problematiche quotidiane di alunni, docenti e docenti delle diverse discipline?