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di Valerio Moncini | |||
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Chi, fra gli insegnanti, non ha vissuto l'ansia nei confronti del grado di scuola successivo o non ha recriminato sul lavoro svolto nel grado precedente? Le rare volte nelle quali si riuniscono insegnanti di scuola elementare e di scuola media gli scontri, per fortuna solo verbali, sono assai frequenti e quando non si arriva al conflitto vero e proprio la riunione si trascina tra silenzi significativi e sorrisi forzati che mascherano a mala pena, la voglia, da una parte, di dire tutto ciò che si pensa a quegli incompetenti delle elementari che non hanno saputo preparare adeguatamente gli alunni e, dall'altra di rinfacciare alla scuola media il mero appiattimento sui programmi e l'incapacità di valutare l'iter percorso fino a quel momento dal bambino considerato nella sua individualità. Tali incontri, considerati indispensabili dai dirigenti scolastici perché previsti dalle disposizioni vigenti, sono invece ritenuti dai docenti inutili adempimenti burocratici che sottraggono tempo ed energie al lavoro quotidiano. Le modalità con cui si svolgono inoltre (addirittura gruppi di decine di persone diversamente preparate e motivate), non consentono neppure ai meglio intenzionati di ipotizzare forme e percorsi diversi e contribuiscono solo ad aggiungere frustrazione a frustrazione e aggressività ad aggressività. È un quadro a tinte troppo forti quello dipinto? L'esperienza ventennale vissuta personalmente in Valle Camonica, area montana di circa centomila abitanti tra le province di Brescia e di Bergamo, mi porta a dire di no. Non è così dappertutto sembra voler rassicurare la circolare ministeriale del 16 novembre '92 (della quale riportiamo in corsivo i passi più significativi); ma se è vero che "l'istanza della continuità educativa già affermata nei programmi della scuola media, nei programmi della scuola elementare e negli orientamenti della scuola materna… [è] un principio già positivamente realizzato in molte situazioni", allora come fare a mettere in circolo le esperienze che esistono? Potrebbe essere uno degli obiettivi di Tracciati e di altre testate accessibili anche ai non naviganti. Si ripropone comunque anche per quanto riguarda l'aspetto della continuità tra i vari ordini di scuola ciò che avviene nel nostro Paese in tanti altri campi: esistono norme, anche buone, ma queste non vengono attuate, per i più svariati motivi, non sempre dovuti a cattiva volontà, ma molto spesso a strumenti e criteri organizzativi inadeguati. Sotto l'aspetto della continuità "il diritto dell'alunno ad un percorso formativo organico completo" è considerato un'esigenza primaria; quindi compito dell'istituzione scolastica è quello di prevenire le difficoltà che potrebbero insorgere "nei passaggi tra i diversi ordini di scuola e che spesso sono causa di fenomeni come quello dell'abbandono scolastico". A questo si devono conformare "azioni positive che garantiscano il raccordo tra le scuole e extra scuola" in modo che l'alunno venga inteso globalmente e non solo come un piccolo homo scholasticus. La continuità quindi può essere realizzata solo se viene portata all'interno di un itinerario curricolare articolato, organico e condiviso. Questo però viene ad infrangersi contro la rigidità di un sistema scolastico che non trova certo nei vasi comunicanti il modello ispiratore. Eppure le disposizioni prevedono il "coordinamento dei curricoli "supportato da una conoscenza reciproca almeno dei programmi ufficiali (tralasciamo quelli effettivamente svolti) dei diversi ordini di scuola. Quanti sono i capi d'istituto o i collegi dei docenti che hanno promosso iniziative destinate a raggiungere "la conoscenza reciproca, la problematizzazione e la progressiva armonizzazione delle concezioni e strategie didattiche, degli stili educativi e delle pratiche d'insegnamento - apprendimento"? Quanti insegnanti della scuola elementare, non dico conoscono a fondo i programmi della scuola media, ma li hanno almeno sfogliati? Stessa domanda ovviamente per i docenti delle medie. E qualcuno sa indicare dove si sono attuati "momenti di collaborazione incrociata, in classe, degli insegnanti delle due scuole sulla base di specifici progetti - o ancora - incontri e attività in comune tra gli alunni delle classi degli anni ponte insieme ai loro insegnanti"? Quando ho proposto qualcosa del genere i primi a dimostrarsi sordi sono stati proprio i dirigenti scolastici, preoccupati forse dal dover ridisegnare un' impostazione, burocratica sì, ma rassicurante del proprio istituto. Eppure avevano sotto gli occhi la dimostrazione che gruppi misti elementari-medie possono lavorare in sintonia e incidere positivamente nell'azione, non solo quotidiana, ma anche a lungo termine, della scuola. Negli ultimi trent'anni, in attesa che l'istituzione scolastica uscisse dalla neghittosità burocratica che la caratterizza, molti insegnanti soprattutto elementari si sono organizzati autonomamente, qua e là per l'Italia, al di fuori della scuola e a proprie spese, promuovendo iniziative di aggiornamento e di sperimentazione spesso ignorate se non addirittura osteggiate da chi invece avrebbe come dovere istituzionale quello di promuoverle. Ma, si sa, queste notizie difficilmente si trovano nelle circolari ministeriali e quindi non tutti i dirigenti ne vengono a conoscenza. È il caso, ad esempio del Gruppo di Intervento per una Scuola Alternativa in Valcamonica che, sorto come si può intuire dal nome sull'onda dei furori del '68, è passato, in oramai trent'anni, da una critica radicale alla scuola italiana (i nostri libretti rossi erano Lettera ad una professoressa di don Milani, Descolarizzare la società di Illich e La ricerca come antipedagogia di De Bartolomeis) a una ricerca e sperimentazione didattica che fosse in grado di offrire strumenti aggiornati per il lavoro quotidiano. Il confronto settimanale fra insegnanti delle elementari, delle medie, alcuni delle superiori e tre direttori didattici (questi ultimi cresciuti nel gruppo) ha permesso di sviluppare una molteplicità di iniziative. Per rimanere in argomento citerò le pubblicazioni Apprendimento del concetto di tempo: costruzione di un curricolo in Tempo, memoria, identità - La Nuova Italia, Archivio - materiali per la ricerca sulla industrializzazione in Valcamonica e Gli antichi camuni - materiale per la ricerca storico-antropologica nella scuola dell'obbligo; una delle idee-guida su cui si sono costruiti questi strumenti era appunto quella di consentirne un uso progressivo e graduale nei due ordini di scuola. Tale idea-guida non potrebbe essere assunta anche dai produttori dei libri di testo? Altro punto dolente nel capitolo della continuità. Qualcuno s'è mai preso la briga di analizzare seriamente l'immane distanza, per dimensioni, linguaggio e complessità, esistente tra la maggior parte dei sussidiari delle elementari e la maggior parte dei testi adottatti nella scuola media? Ma per ritornare al GISAV il confronto delle esperienze scaturite conferma che nelle scuole dove operano i componenti del gruppo i materiali sono stati usati con lo spirito voluto da chi li ha predisposti. Non si hanno riscontri per affermare con certezza che ciò sia avvenuto anche in altre scuole e comunque si è rimasti, ancora una volta, solo nel campo della progettazione senza, ad esempio, sperimentare compresenze di docenti dei due ordini di scuola. Sempre con l'occhio rivolto ad una scuola di base unitaria, da due anni l'attività del gruppo si è concentrata sull'organizzazione di corsi di aggiornamento sul "Programmare per concetti". Finché si è affrontato l'aspetto teorico dell'argomento la partecipazione è stata molto alta (duecento insegnanti elementari-medie, con anche qualche apparizione di docenti delle superiori). Quando, però quest'anno, si è voluto sperimentare la traduzione in concreto di quanto appreso e quindi si è optato per un'organizzazione dei lavori in quattro gruppi misti elementari-medie il numero dei partecipanti si è ridotto a sessanta. Non si è raggiunto nemmeno il numero chiuso prefissato di venti e la presenza di insegnanti delle medie non è stata proporzionale al numero di coloro che avevano partecipato al corso precedente. A questo si deve aggiungere che non in tutti i gruppi erano presenti insegnanti dei due ordini; in quello di matematica, coordinato da chi scrive, la presenza era di soli maestri elementari. È la dimostrazione che molti sentono la necessità di accrescere la conoscenza e la competenza; quando però tale conoscenza si deve tradurre in progetti comuni prevale presumibilmente, non direi tanto la diffidenza, ma il timore di mettersi in discussione o di essere giudicati dai colleghi. È chiaro che momenti di incontro solo volontari non saranno mai in grado di garantire iniziative sistematiche e generalizzate di continuità. Credo che occorra adottare un'organizzazione più flessibile in ogni momento dell'azione formativa e didattica: dai programmi ministeriali, alla pianificazione annuale, alla progettazione e realizzazione quotidiana dei progetti. La frammentazione della continuità del percorso formativo non si evidenzia solo nella mancanza di coordinamento dei curricoli, di conoscenza reciproca, di progressiva armonizzazione delle concezioni e strategie didattiche, degli stili educativi e delle pratiche d'insegnamento - apprendimento. Anche il travaso di informazioni sull'alunno da una scuola all'altra si limita per lo più agli aspetti burocratici: dati anagrafici, comunicazioni ufficiali dei risultati raggiunti, giudizi asettici per non indisporre le famiglie o allarmare, fin dai primi giorni di scuola, i professori ai quali la scuola elementare consegna il prodotto. Eppure le norme prevedono incontri "per l'esplicitazione e la discussione dei criteri di accertamento e valutazione… [atti ad] individuare le caratteristiche generali e specifiche dei soggetti, attraverso la predisposizione di comuni strumenti di rilevazione". Questi devono portare a predisporre il fascicolo personale dell'alunno che, insieme ai dati di tipo amministrativo, deve contenere "una ordinata e razionale raccolta di documentazione… utile per la migliore conoscenza di tutti gli alunni ed in specifico di quelli in condizioni di svantaggio che hanno seguito particolari percorsi formativi ". Chi l'ha mai visto un fascicolo con tali caratteristiche? La frattura esistente nell'azione della scuola potrebbe in parte essere ricomposta dalla famiglia che rimane, con l'alunno, il soggetto costante nel corso degli anni e alla quale le norme in vigore attribuiscono "importanza primaria come occasione di partecipazione diretta e come fonte di informazioni utili alla programmazione dell'attività scolastica". Ma le attuali forme di partecipazione consentono questo ruolo positivo? La presenza della famiglia a scuola si esaurisce, per lo più, nel partecipare ai colloqui che, per come sono organizzati, non vanno molto al di là di un fugace saluto agli insegnanti. Come si è potuto notare la necessità di garantire continuità nel percorso formativo è stata individuata da tempo, come pure sono stati individuati alcuni strumenti per realizzarla. Allora perché ciò non è avvenuto? La risposta non è una sola.; senz'altro entrano in causa vari fattori:
Questo però si potrà attuare solo con "una riforma strutturale che garantisca la complessiva unità del processo della nuova scuola di base". Gli attuali due ordini della scuola di base, riunificati in un unico segmento formativo dovrebbero consentire di sostituire la "ripetizione di identici programmi" con "la costruzione di percorsi meno compressi [caratterizzati da] maggiori arricchimenti e approfondimenti". La necessità di una visione unitaria della scuola in generale e di quella di base in particolare è un dato universalmente acquisito; quello su cui sembra non esserci unanimità di pareri, ma questo mi sembra naturale, è sul come raggiungere questo obiettivo. Alcune ipotesi sono già contenute nella proposta di riforma: formazione universitaria per tutti gli insegnanti, introduzione effettiva di figure di sistema con il compito di coordinamento degli interventi, impiego degli insegnanti eccedenti per attività di sostegno nei momenti più delicati del percorso formativo, i passaggi da una scuola all'altra sono fra questi, e da ultimo la definizione di un sistema nazionale di valutazione. Altre proposte soprattutto di carattere organizzativo dovranno scaturire dalla consultazione e dal dibattito fra le varie componenti culturali e politiche presenti nel Paese; l'importante, però, è che rimanga salvaguardata "l'esigenza di un approccio globale al problema dell'istruzione e della formazione". |