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di Amedeo di Sora | |||
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Il 6 settembre 1995 è stato firmato un protocollo d'intesa sulle attività teatrali da parte dell'allora ministro della Pubblica Istruzione Giancarlo Lombardi, di Maurizio Scaparro, commissario straordinario dell'Ente Teatrale Italiano e del sottosegretario Mario D'Addio, delegato dalla Presidenza del Consiglio per il Turismo e lo Spettacolo. Gli scopi che si prefiggevano i tre importanti organismi della scuola, del teatro e dello spettacolo erano i seguenti: a) la promozione e l'affinamento nei giovani della sensibilità critica; b) la maturazione dell'attenzione all'arte teatrale; c) la valorizzazione delle attività teatrali realizzate nelle scuole. L'indirizzo emerso per l'immediato è quello di favorire e sostenere le attività teatrali scolastiche all'interno del PEI, garantendo, altresì, la qualità della proposta teatrale destinata agli studenti e l'originalità del teatro prodotto dai giovani anche attraverso la formazione e la qualificazione di operatori provenienti dalla scuola e dal teatro. L'iniziativa in questione, pur nei limiti della provvisorietà e della genericità, va giudicata positivamente per le prospettive che potenzialmente schiude. Sulla scia di tale indirizzo si è riscontrato un aumento spesso indiscriminato delle attività di laboratorio teatrale nelle scuole di ogni ordine e grado. Ciò avviene, a mio avviso, senza che si producano, contestualmente, una doverosa riflessione critica e un'approfondita considerazione di carattere didattico-educativo e culturale, da parte di quegli organismi scolastici (in primis il Collegio dei docenti ed il Consiglio d'Istituto) ai quali spetta il compito di deliberare sulle proposte e di stabilire i principî e le modalità d'attuazione dell'attività teatrale, tenendo conto anche dei costi economici che essa comporta. E' un dato di fatto che gran parte del corpo docente e dei presidi non è adeguatamente provvista delle peculiari conoscenze teorico-pratiche relative all'arte e alla cultura del Teatro. Vi sono ancora molti docenti che riducono la multiforme e complessa configurazione dell'evento teatrale al solo testo letterario che, del linguaggio scenico, è solo uno dei componenti, certamente importante ma non totalizzante. Inoltre, per quel che concerne le implicazioni di ordine pedagogico, del teatro non tutti gli operatori scolastici sono in grado di cogliere appieno le straordinarie valenze di tipo socio-antropologico ed affettivo. Quanti insegnanti sanno che cosa sia effettivamente un "laboratorio teatrale"? Voglio dire: nella sua dimensione "fattuale"? E' fondamentale, a tal proposito, premettere che la ricerca e l'artigianato sono le due accezioni nelle quali il laboratorio è stato assunto in ambito teatrale. Nel laboratorio il teatro esplora le proprie possibilità, le potenzialità creative ed espressive dell'attore, in una situazione esperienziale protetta, nell'ambito della quale la ricerca e la verifica delle tecniche di "rappresentazione" si accompagnano, necessariamente, con la conoscenza di sé e delle proprie capacità. Solo il laboratorio prevede un ampio spazio per favorire la socializzazione, la conoscenza e la pratica delle singole potenzialità espressive, concepite nella più stretta e profonda interconnessione. Date queste premesse, la Scuola viene a porsi, obiettivamente, come interlocutore privilegiato del laboratorio teatrale, in un comune progetto teso a migliorare l'espressività, a potenziare i processi comunicativi, ad avviare un'efficace educazione dei sentimenti e della loro più autentica manifestazione. Quello che deve distinguere il rapporto del teatrante con «l'interlocutore scuola» è l'atteggiamento di chi sa di avere di fronte un utente che può inserire il fenomeno teatrale in un percorso didattico fatto di diversi elementi di conoscenza (linguistici, espressivi, spazio-temporali, culturali, organizzativi), assemblabili fra loro in un progetto educativo. In questo caso, il teatro agìto in laboratorio dagli allievi, e/o fruito in una sala teatrale, può diventare supporto didattico utilizzabile nelle due forme proponibili, la prima di «alfabetizzazione» in cui insegnanti ed allievi, guidati dagli esperti, agiscono nel possesso dei linguaggi teatrali; la seconda, di utilizzo da parte del pubblico scolastico dello spettacolo professionale, come supporto culturale per un ampio progetto didattico e pedagogico. Ritengo importante concludere queste brevi riflessioni con una considerazione apparentemente ovvia ma frequentemente inosservata. Gli studenti non sono "attori" ma individui giovani o giovanissimi in fase di evoluzione psico-fisica: la coscienza della diversità di questa situazione dovrebbe condizionare sempre l'atteggiamento del teatrante, non tanto nelle scelte artistiche quanto certamente nel metodo di lavoro che, in una pratica teatrale destinata al mondo della scuola, non può non arricchirsi di basi teoriche, pedagogiche e psicologiche, nonché di nuovi contenuti, per lo più estranei ai modi correnti di "fare teatro". Si rivela oltremodo necessario, dunque, al momento di operare la scelta nell'ambito di proposte laboratoriali e/o spettacolari , considerare seriamente la bontà e l'efficacia dell'impianto teorico delle stesse e, soprattutto, della loro "corretta" utilizzazione in senso didattico-educativo, valutando con attenzione i curricula degli operatori teatrali e le loro specifiche competenze. |