Il passaggio

Dalle Elementari alle Medie, quasi un diario (o un trauma ...)

di Stefano Franzato

Seppi di aver ottenuto il passaggio di Ruolo dalla Scuola Elementare alla Scuola Media una mattina presto tramite la posta elettronica. Un vecchio amico mi aveva mandato un breve messaggio congratulandosi con me per il "trasferimento". Io da anni non chiedevo trasferimenti. Quindi l'amico doveva aver inteso il passaggio. Non avevo guardato il quotidiano locale su cui erano stati riportati i trasferimenti e i passaggi di Ruol o pubblicati dal Provveditorato agli Studi della mia provincia. L'avevo c omprato ma, siccome d'estate lavoro più che d'inverno, l'avevo but tato là sulla scrivania senza nemmeno sfogliarlo, e là se n e stava ancora ben ripiegato. Un rapido controllo bastò a farmi pr endere coscienza della realtà. Proprio l'anno in cui nella scuola dove insegnavo si stavano avverando progetti infotelematici che avevo acc arezzato da tanto tempo, progetti che erano stati stilati più che altro proprio sulla certezza della mia personale partecipazione, proprio ora dopo anni di richieste e vane attese (“alle Medie non ci sono po sti!”), la longa mano burocratica mi portava via, lasciando & #147;quasi” nei guai chi aveva presentato e firmato i progetti con m e; colleghi che, se da un lato sapevano cavarsela con computer e anche mo dem (uno soltanto, di certo), dall'altro con la Rete, gli ipertesti e il loro possibile uso didattico, dimestichezza di sicuro non ne avevano. In questa situazione non potevo certo dire di essere del tutto contento del lieto quanto atteso evento.

E infatti non lo ero.

Lo sarei probabilmente stato se questo fosse accaduto anche soltanto un a nno prima. Lasciavo troppe cose impiantate a mezzo che, sapevo, senza il mio intervento così sarebbero rimaste. A quanto ne so ciò s 'è puntualmente avverato.

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Le ragioni che mi avevano spinto a chiedere il passaggio di Ruolo, oltre, relativamente, che di carattere economico, erano state quelle di poter f inalmente essere davvero considerato docente di una e una sola materia, n el mio caso, Inglese, senza nemmeno il formale pericolo che potesse esser mene assegnata un'altra o, come sarebbe stato più probabile, un'&# 148;area”, ossia un gruppo di materie. Alle Elementari l'insegnante specialista di Lingua Straniera si sta avviando, per così dire, ad esaurimento (anche nervoso), in quanto, nel giro di pochi AA.SS. verr&ag rave; sostituito coll'insegnante specializzato il quale, oltre alla L.S. (per un totale di 6 ore – 3 e 3 su due classi – sulle 22 fronta li che deve svolgere) si occuperà anche di altre discipline o, app unto, “aree”.
Cosa mi aspettavo dall'andare ad insegnare alle Medie, scuola bench&eacut e; di primo grado, pur sempre secondaria a tutti gli effetti? Mi aspettav o di poter insegnare la mia materia con maggiore serietà e approfo ndimento; non più soltanto ed esclusivamente atmosfera “ludic a”, ma, anche, impegno (spontaneo o imposto) da parte degli ex scola ri ora studenti. Mi aspettavo di poterli accostare alla lingua straniera che tutti si rendono più o meno conto, esser la lingua la cui igno ranza tende a escludere e a emarginare.
Cos'ho invece trovato? Ho trovato sul versante alunni, terze che d'Ingles e ne sanno meno (né importa loro sapere) dei miei ex allievi di qu inta e di quarta. Seconde che, come tali, si può dire siano in mez zo al guado; e prime con le quali si può sì cominciare ad a pprofondire la materia. Se prima molte cose erano (benché sovente solo formalmente) giustificabili dal e col fatto che “erano bambini& #148;, adesso mi sono reso conto che molta ignoranza è permessa se non proprio voluta dalla stessa istituzione scolastica e, se non da ques ta, dalla società (di cui detta istituzione fa parte), attraverso canali vari – soprattutto TV ma anche altri mass media non sono esc lusi e, in particolar modo la martellante pubblicità. Cosa posso a spettarmi dai miei tentativi di far conoscere l'inglese se sugli schermi televisivi vengono correntemente mostrati studenti che deridono e denigra no la loro prof. d'Inglese dalla quale avranno brutti voti ma dalla quale , anche, si riceve il sotterraneo messaggio, rimangono pur sempre ben vis ti (e, probabilmente, promossi)? Come posso aspettarmi che vogliano impar are qualche cosa d'Inglese se, sempre alla TV, vengono trasmessi film dov e lo studio di questa lingua viene mostrato e trattato con magistrale fan tozziana ipocrisia? O con italica ossequiosa superficialità? Come ci si può aspettare che, più in generale, l'opera educativa e formativa della scuola abbia un valore e incida veramente sulla person alità dei discenti se una pubblicità addita inequivocabilme nte quali valori primari dell'esistenza, da perseguire e realizzare, nell 'ordine: 1) le donne; 2) i soldi: 3) il potere (la buona salute no, quell a non sembra esser importante)? E, credo, potrei andare avanti!
E, poi, la mia Preside, con studiato candore, mi domanda sorridendo se i miei studenti “apprendono”! Come può credere in buona fe de una Preside con alle spalle decenni di esperienza, e come docente, pri ma, e come Capo d'Istituto, poi, che gli studenti di una scuola in quest e condizioni socio-istituzionali apprendano? Come posso credere nella sua sincerità? O era forse una domanda per saggiare se e fino a che p unto io condividessi tacitamente certi modi di considerare e vivere la vi ta scolastica?

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Cos'ho trovato alle Medie (e qualcosa mi dice che non è caratteris tica isolata della mia scuola e che non ci sarebbe da meravigliarsi poi t anto, se fosse ancor peggio alle Superiori e probabilmente lo è)? Ho trovato un tipo di scuola preoccupatissimo molto più di stare a galla non perdendo allievi che di seguirli (per quanto ne parli retorica mente); la cui importanza sembra si debba misurare non sulla loro semplic e condizione di individui, di esseri umani, bensì sul numero degli iscritti in rapporto alla perdita di posti o all'accorpamento di classi, scuole e via di questo passo. Ho trovato una scuola che vuol apparire se vera (anche in campo disciplinare), ma che, di fatto, non lo è per timore di perdere l'alunno con tutto ciò che ne consegue; e che, talvolta, per questo motivo rischia di perdere quei pochi studenti seri c he vorrebbero davvero studiare in santa pace e non possono farlo perch&ea cute; disturbati. Evidentemente il loro decantato e sbandierato Diritto a llo Studio è – come dire? – di seconda scelta.

Ho trovato una scuola che, per attirare iscrizioni, si deve fare una p ubblicità che è incapace di farsi in quanto è scuola , non agenzia di pubblicità; che per lo stesso scopo, imbastisce un gran numero di attività, laboratori i quali, per quanto validi sul piano formativo-didattico, per i mezzi e i sussidi impiegati sovente obsoleti o in numero scarso, hanno spesso, o rischiano forte di avere ris ultati non cattivi, per carità, ma di gran lunga inferiori alle as pettative precedentemente suscitate.

Ho trovato una scuola per cui – non certo per colpa sua, s'intend e! diventa colpa quando non si mostra un chiaro quanto inequivocabile dis senso da chi vuole tutto ciò, poiché, in qualche misura se ne diventa complici – è più importante osservare le le ggi (che nessuno, poi, sembra saper citare con correttezza e precisione: "per legge", dicono; ma quale? Di quale anno?) secondo cui bisogna far fa re almeno tre compiti scritti in classe a quadrimestre e almeno due inter rogazioni, piuttosto che rispettare i ritmi di apprendimento dello studen te per cui spesso ne consegue che ci son più prove scritte e "veri fiche" di quanto sia il materiale insegnato da verificare.

Una scuola che tende più ad apparire che a essere. Forse perch& eacute; non vuole, non sa o non può più essere. Che nascon de le proprie carenze e la proprie incoerenze, le proprie incongruenze (d i cui nel 99% se non 100% dei casi è ben consapevole) dietro a una retorica preconfezionata in poche frasi ormai viete e una burocrazia (ch e fa più che altro pesare sui docenti) inutile quanto opprimente. L'importante non è far cose valide e utili per i ragazzi, l'import ante è far vedere che ci si dà da fare, anche cose del tutt o inutili ma che, se non altro, potranno, all'occorrenza, servir da prete sto (ai burocrati, ai politici) per poter dire che la Scuola fa...

Che cosa faccia, a questo punto lo lascio intuire a chi ha avuto la b ontà di leggermi fin qui.