Parità in Sicilia

di Salvatore Livolsi

Con un tempismo eccezionale se rapportato alla abituale lentezza legislativa nonchè esecutiva, la Regione Sicilia ha nel mese di Giugno '97 emanato un disegno di legge in ambito scolastico.
E' una proposta tendente a realizzare la parità scolastica, così strutturata: con un finanziamento di 60 miliardi si propone di incentivare l'attivazione di strutture scolastiche private, destinatarie, se in possesso dei requisiti previsti (possesso di uno Stauto e di un regolamento) della suddetta cifra corrisposta secondo i dettami dell'art.4 comma 1: 'A tutti gli allievi di cui al comma 3 dell'art.3 la Regione garantisce un buono scuola individuale, la cui entità è stabilita secondo le corrispondenze di cui all'allegata Tabella 'A'; detto buono, a sostegno delle spese sostenute dalle rispettive famiglie, è erogato presso la scuola frequentata di cui all'art.2, comma 1, lettere b), c) e d)'.
Siamo ovviamente di fronte ad un ribaltamento dell'idea di parità proposta da Berlinguer: le scuole private ricevebbero direttamente i soldi dall'ente regione, senza peraltro badare al fatto che tale atto è palesemente anticostituzionale, prevedendo l'art 33 della costituzione l'apertura di scuole private ma senza oneri per lo stato.
Le scuole potrebbero assumere chiunque, ritendolo in sintonia con le finalità didattiche dell'istituto.
L'art.6 sul reclutamento del personale,al primo comma recita:'Le scuole di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1, dell'art.2 procedono all'assunzione del personale docente e non docente secondo le modalità previste dai propri Statuti e nel rispetto della vigente normativa in materia'.
Il rispetto della normativa in materia riguarda solo il trattamento economico. Al docente assunto non sarà richiesta l'abilitazione ma solo il possesso del titolo di studio e l'accertamento di 'fedeltà'al progetto educativo d'istituto.
Il che di fatto significa che attorno alle scuole private si svilupperebbe il più bieco clientelismo, le stesse rafforzerebbero il loro attuale ruolo di diplomifici,anche in considerazione delle poche e aleatorie garanzie di controllo pubblico e istituzionale che il disegno di legge presente. Il tutto in assenza di una legge 'vera' per il diritto allo studio, caratteristica unica della regione Sicilia,in una realtà lavorativa coreana dove allo scandalo dello sfruttamento dei minori si assomma un diffuso e pervasivo lavoro nero adulto e precario; in una regione che avrebbe bisogno di interventi strutturali (il comune di palermo registra da anni carenze enormi nel settore dell'edilizia scolastica), del recupero scolastico della dispersione che non solo è allarmante di per sè ma è un elemento di preoccupazione sociale, considerato che è risaputo ed evidente che la marginalità giovanile è l'indotto delle organizzazioni criminali.
Il disegno di legge che si dicuterà a febbraio, in aula all'assemblea regionale siciliana, se approvato, significherà la divisione di fatto della Sicilia dal resto d'Italia in una materia così importante come l'istruzione; e significherà un allontanamento ed un divario dal resto d'Italia, un ritorno al peggior autonomismo e isolazionismo tanto deprecato in fatto di politica scolastica da Giuseppe Lombardo Radice e additato come il male dell'isola, nei primi decenni del secolo; male a cui una adegauta legislazione scolastica nazionale contribuì a porre fine, con i decreti dal 1905 in poi. Ma ciò che più preoccupa è la larga indifferenza e l'assenza, sinora, di prese di posizione sia dei Sindacati autonomi che Confederali. Unica eccezione, alcuni gruppi di base che hanno attivato forme di informazione e protesta.
Di fronte a proposte di parità scolastica di tale genere ritorna in mente lo spot pubblicitario della Regione Sicilia: 'Sicilia natura cultura' ..... cultura??