VON WEIZSAECKER E LO SVILUPPO SOSTENIBILE

di Francesco Fischer

 

"Occorre dare una nuova direzione al progresso tecnologico" sostiene il professor Ernst Ulrich von Weizsaecker, fondatore del Wuppertal Institut. "Deve diventare economicamente più remunerativo rendere disoccupati i chilowattora e le tonnellate di petrolio o di materiali piuttosto che le persone. Se includiamo nei prezzi anche i costi ambientali, sarà il mercato a premiare chi produce merci e servizi che consumano un quarto o un decimo di natura rispetto a quelli attuali". Occorre quindi una sistematica e graduale riforma tributaria che permetta ai prezzi di dire la verità ecologica. Aumentando il costo della natura e diminuendo il costo del lavoro si fa fronte così alle due crisi principali, quella dell'ambiente e quella dell'occupazione. E' questa la proposta che von Weizsaecker illustrerà a Roma in Campidoglio il primo di aprile nella conferenza Fattore quattro: una rivoluzione possibile?. Come mai, oltr e a Edizioni Ambiente, è proprio l'Editrice Missionaria Italiana a pubblicare in Italia un'edizione speciale per gli organismi di volontariato del libro Fattore quattro - Doppio benessere con metà consumo di natura di von Weizsaecker e dei coniugi Lovins? A prima vista sembrerebbe un libro per ingegneri e imprenditori. Illustra infatti decine di esempi di prodotti o servizi che consumano quattro, dieci o anche venti volte meno natura rispetto a quelli che usiamo tutti i giorni: edifici che con il sole producono energia invece di consumarne, automobili che usano 1-2 litri di carburante per cento km invece di 7-10 come le attuali, treni, elettrodomestici, computer, climatizzatori, alimenti, prodotti chimici, materiali che consumano molto meno. Quasi tutte queste soluzioni sono già in produzione presso le imprese ecologicamente più avanzate che vedono nella rivoluzione della ecoefficienza la prossima chiave del successo economico. Eppu re il nocciolo del messaggio di von Weizsaecker non è ingegneristico ma morale: "Come possiamo far fronte al raddoppio della popolazione del pianeta senza rischiare di distruggere il patrimonio di risorse naturali necessario alle prossime generazioni? Questa domanda è rivolta prima di tutto alle società opulente; la storia le giudicherà in base all'immaginazione e alla forza morale che esse sapranno mettere insieme per affrontare il problema". E' con queste parole che viene formulata la domanda fondamentale del secolo imminente nello studio Futuro sostenibile (EMI, 1997) realizzato dal Wuppertal Institut, il centro di ricerca multidisciplinare fondato da von Weizsaecker e dal governo della regione tedesca Renania-Vestfalia. Padre di cinque figli, fisico e biologo, von Weizsaecker è stato professore di biologia interdisciplinare a Essen, direttore del Centro per la scienza e la tecnica delle Nazioni Unite e dell'Istituto di po litica ambientale di Bonn. Membro del Club di Roma dal 1991, von Weizsaecker è anche uno degli animatori dell'Accademia Francesco d'Assisi per la protezione della Terra presso l'Università cattolica di Eichstätt in Baviera. L'impegno sociopolitico animato dalla fede cristiana è tradizione nella famiglia von Weizsacker. Il padre di Ernst, il fisico Carl Friedrich, propose nel 1986 con il suo libro Die Zeit draengt (Il tempo stringe) un concilio ecumenico dei cristiani su giustizia, pace e ambiente, concretizzatosi poi nelle due assemblee ecumeniche di Basilea (1989) e di Graz (1997). Lo zio, Richard, è uno dei politici tedeschi più rispettati (CDU), penultimo presidente della Repubblica federale. Con le sue 110.000 copie vendute, Fattore quattro è un best-seller in Germania, un successo che si deve anche alle librerie e ai circuiti culturali delle chiese cristiane che hanno promosso e presentato il libro in moltissime occasioni. Altrettanto interesse per la rivoluzione della ecoefficienza mostra il mondo imprenditoriale: pochi giorni fa è stato il VDI, la potente associazione degli ingegneri tedeschi a organizzare una conferenza di von Weizsaecker nella Liederhalle di Stoccarda, gremita da 800 ingegneri, tecnici e imprenditori. Questa convergenza critica tra cultura cristiana e cultura tecnologica evidenzia il conflitto tra tecnologie ed economia monetaria da una parte ed esseri umani e ambiente dall'altra come la grande questione etica del prossimo secolo, paragonabile alla questione sociale nel secolo scorso.

"Globalmente, l'aumento della popolazione mondiale richiede almeno un raddoppio del benessere - dice von Weizsaecker. Contemporaneamente, sappiamo che la natura subisce già oggi uno stress eccessivo e che occorre almeno un dimezzamento delle emissioni di gas di serra, dei flussi di materiali e dei consumi di energia. Abbiamo cioè bisogno di un raddoppio del benessere e di un dimezzamento del consumo di natura. Così noi diciamo che occorre una nuova tecnologia. Oggi tutto il capitale viene investito per cercare di razionalizzare e ridurre il lavoro umano. Sarebbe invece molto meglio cercare di razionalizzare e ridurre i chilowattora. E lasciare il lavoro alle persone. Nei paesi tropicali in via di sviluppo, circa un terzo dei consumi elettrici alimenta i condizionatori d'aria. Se solo si riuscisse a ridurre questi consumi elettrici a un quarto, ecco che molte centrali e molti bacini idroelettrici diventerebbero inutili. Nel nostro libro Futuro sostenibile abbiamo posto il problema dell'equità globale. Constatiamo infatti che noi europei, rispetto agli africani o agli indiani, consumiamo troppo. Dobbiamo quindi imparare una specie di nuova sobrietà. Inoltre occorre definire che cosa si intende per efficienza. Se per esempio si esprime l'efficienza solo in termini di litri di benzina per chilometro, ci accorgiamo che i Paesi più efficienti hanno contemporaneamente i più alti consumi assoluti. Semplicemente perchè hanno molte più automobili. Con un altro criterio si può invece definire l'efficienza come il numero di destinazioni che ogni giorno devono essere raggiunte da ogni persona, diviso per il corrispondente consumo di energia. Ci accorgiamo allora che, calcolando pro capite, gli indiani o i cinesi sono più efficienti degli americani o degli europei. Perchè noi consumiamo una quantità incredibile di tempo e di risorse per ragg iungere le destinazioni più disparate".

La riforma fiscale ecologica è già cominciata in sette nazioni europee, ma non nelle più ricche come la Germania, l'Italia, la Francia, il Giappone o gli Stati Uniti. I leader politici contano sempre meno e quelli economici sempre di più, tanto che in una lista delle 500 persone più potenti del mondo non compare nemmeno un politico. Come pensa che la politica possa riformare in tempo il sistema industriale?

"Le 500 persone più potenti del pianeta non sono tutti leader economici. Io ci metterei anche il Papa, il presidente di Greenpeace, intellettuali, tecnologi e altre persone influenti nella società civile. Oggi occorrono due cose: ristabilire il primato della politica, perchè oggi il mercato mira solo al bene delle aziende o al bene delle regioni ricche ma non al bene comune globale. Occorre poi un cambiamento di paradigma nel concetto di progresso. Finora il progresso ha aumentato moltissmo la produttività del lavoro umano. Oggi occorre la stesso enorme salto di produttività nell'uso della natura".

 

 

 

 

CLUB DI ROMA / 1. APRILE

di Francesco Fischer

81 righe x 60 batt.

 

 

"La coscienza dell'umanità", così definì il Club di Roma l'ex presidente della Repubblica federale tedesca Richard von Weizsaecker. Una dichiarazione coraggiosa se si considera che in 30 anni il Club ha collezionato critiche da tutte le direzioni. Molti capitani d'industria, economisti e leader politici dell'ovest e dell'est risposero con sarcasmo, rifiuto o, peggio, con l'ignorarlo, all'appello del Club ad abbandonare la strategia della crescita per sostituirla con quella dello sviluppo. "Portatore di un'ideologia di lotta di classe dall'alto verso il basso" lo definì Frieder Köllmayr nel suo libro Il Club di Roma e le sue irrazionali teorie sui limiti alla crescita (Monaco, 1983). Governi e intellettuali dei paesi più poveri e alcune voci dal mondo delle religioni temettero che il Club di Roma offrisse alibi ad un contenimento tecnocratico della crescita demografica del Sud del m ondo, a tutto vantaggio dell'opulenza del Nord. Cosa resta di queste critiche e cosa delle proposte del Club? In occasione del trenntennale della sua fondazione a Roma, ne discuteranno in Campidoglio il primo di aprile, Ricardo Diez-Hochleitner, presidente del Club, Roberto Peccei, figlio del suo fondatore Aurelio Peccei, Ernst von Weizsaecker, Piero Angela, Chicco Testa, Franco Bernabè, Edo Ronchi ed altri. In 30 anni il Club di Roma ha commissionato o redatto alcune decine di rapporti, tra cui il più importante fu The limit to growth (I limiti alla crescita), tradotto in Italia con l'infelice titolo I limiti dello sviluppo (Mondadori 1972). Questo titolo fu un'errore gravido di conseguenze perchè capovolgendo completamente il messaggio del libro ha fatto della lingua italiana l'unica al mondo dove è ora arduo condurre un dibattito sul vero problema, cioè sulla differenza capitale fra crescita e sviluppo . Lo studio, svolto al MIT (Massachusetts Institute of Technology) da 17 ricercatori guidati dai coniugi Donella e Dennis Meadows, J. Rander e W. Behrens, fu pubblicato nel 1972, tradotto in 37 lingue e venduto in dodici milioni di copie. Venivano analizzate le reciproche influenze di cinque fattori e delle loro tendenze: uso delle risorse naturali, popolazione, inquinamento, produzione industriale, produzione alimentare. La conclusione fu che senza una volontaria e graduale riduzione della crescita dei primi quattro fattori si sarebbe probabilmente verificato un loro involontario e brusco collasso prima della metà del prossimo secolo. Nel 1992 gli stessi autori pubblicarono, indipendentemente dal Club di Roma, un secondo studio, Beyond the Limits (Oltre i limiti), nuovamente mal tradotto con Oltre i limiti dello sviluppo (Il Saggiatore 1993). Non si tratta di previsioni ma solo di molteplici scenari possibili, avvertirono gli autor i nel 1972 e nel 1992: "Per fortuna il mondo umano reale è più accorto che non il modello di mondo semplificato nei nostri programmi al computer". "La verità è che nessuno sa", gli autori riassumono con queste parole il risultato delle loro ricerche ventennali. Non siamo di fronte a dei destini ma a delle scelte, essenzialmente tra tre modelli, scrivono i Meadows e Randers nel 1992. Secondo il primo modello, questo mondo finito, non ha, a tutti i fini pratici, alcun limite. Con questo modello noi riteniamo che si supereranno ulteriormente i limiti e si giungerà a un collasso. Un secondo modello afferma che i limiti sono reali e vicini, che non vi è abbastanza tempo e che gli esseri umani non possono essere moderati, nè responsabili, nè solidali. Ovviamente se si crede in questo modello, questo modello si realizzerà. Un terzo modello afferma che i limiti sono reali e vicini, che c'è esattamente il tempo che occorre ma non c'è tempo da perdere. Ci sono l'energia, i materiali, il denaro, l'elasticità ambientale e la virtù umana bastanti per portare a termine il cambiamento di rotta. "La differenza più profonda tra ottimisti e pessimisti - scrivono gli autori - si può riconoscere nella loro posizione nel dibattito sulla possibilità che gli esseri umani siano capaci di operare collettivamente secondo su una base d'amore. In una società che promuove in modo sistematico l'individualismo, la competitività e il cinismo, i pessimisti sono in ampia maggioranza. Questo è, a nostro giudizio, il più grande problema dell 'attuale sistema sociale e la più profonda causa di insostenibilità". Più concretamente, gli autori ritengono che la popolazione mondiale e lo sviluppo possano crescere ancora fino ad attestarsi su otto miliardi di abitanti con un benessere materiale per ognuno di loro equivalente a quello dell'Europa di oggi. Importanti per la crescita - affermano i Meadows e Randers - non sono i limiti di popolazione, di veicoli o di edifici, almeno non direttamente. Importante è ridurre di molto i flussi di energia e di materiali occorrenti per mantenere le persone, i veicoli e gli edifici in attività.