dichiarazione di Carnoules ai capi di governo e delle imprese.

 

Moltiplicare per 10 il rendimento delle energie e delle risorse

Traduzione di alessandro muzi

 

 

 

In una sola generazione le nazioni possono aumentare l'efficienza con la quale usano le energie e le risorse naturali e altri materiali di 10 volte.

Secondo il club del fattore 10 - organismo internazionale che raggruppa diverse personalità di governo e non, responsabili di industria, così come universitari di primo piano che lavorano nell'istituto di Wuppertall Germania - questo obiettivo è realizzabile con le tecnologie attuali e potrebbe, grazie alle modifiche strategiche ed istituzionali necessarie, essere messo a disposizione del mondo economico e politico. Nel corso di questo processo noi dovremmo costatare un miglioramento regolare della qualità di vita collettiva, un rinnovamento e un progresso delle condizioni di concorrenza tra le imprese, un allargamento delle possibilità di impiego e delle prospettiva di creazione di ricchezza che sarebbe più equamente ripartite.

Un progresso così grande della produttività delle energia e delle risorse consoliderebbe i fondamenti di un progresso sociale, economico ed ecologico duraturo, ciò offrirebbe anche la possibilità di ridurre l'insieme dei flussi di risorse derivanti dalla natura. Però ciò non è semplice, ciò esigerà da parte delle organizzazioni internazionali, dei governi, delle industrie e della società, un'azione su più fronti, nuovi audaci compromessi che saranno incoraggiati e rinforzati da un certo numero di tendenze.

E' molto importante che questa transizione sia già iniziata nel momento in cui si entra nel nuovo millennio. Durante questi ultimi decenni l'evoluzione economica e tecnologica ha portato a una riduzione della domanda della quantità di energie e di alcune materie prime per unità di produzione. Inoltre anche il legame tra la crescita e la sua incidenza sull'ambiente è stato troncato. Infatti una nuova economia è cominciata ad emergere, un economia più efficiente e potenzialmente più duratura. Essa è caratterizzata dal fatto che le generazioni agenti producono più beni, più posti di lavoro e più guadagno. Tutto ciò utilizzando meno energia e risorse per ogni unità prodotta. Questa nuova economia è risultata da una complessa combinazione di fattori comprendenti nuove tecnologie e cambiamenti nella relazione storica tra capitale, forza lavoro, risorse ed specialmente energia. C iò è particolarmente evidente nell'economia di mercato aperta al cambiamento. Infine ciò è guidato dall'industria mondiale e la sta trasformando. Questa tendenza è rinforzata da un altra: la struttura della domanda tende a spostarsi inesorabilmente verso i servizi. Nei paesi industrializzati la parte dei costi di fabbricazione nei costi delle imprese è già diminuita dal 20 al 25 %. E ancora, le imprese di punta sono in testa. Queste tendenze sono più manifeste in alcuni paesi e industrie che in altri, inoltre, sfortunatamente, quanto queste tendenze implicano non è compreso da tutti. Malgrado l'evidenza per esempio la maggior parte dei governi, delle imprese e degli elettori insistono ad assumere che una sana economia è quella che usa sempre più energia, materiali e risorse, per produrre più beni, più posti di lavoro e più guadagno. Questa assunzione è una reminiscenza dell'economia di massa di un'epoca passata, un'epoca in cui la crescita era marcata dalla continua espansione della produzione di energia, dello sfruttamento delle risorse e del degrado ambientale. Anche se passata questa credenza domina tuttora le politiche dei governi in materia di finanza, di energia, di agricoltura, delle risorse forestali e di altri settori, rallentando, interrompendo, e qualche volta anche invertendo la transizione verso una nuova economia efficiente e più duratura. Questa credenza domina anche la politica ambientale: quella che continua a guardare alla coda piuttosto che alla testa delle attività economiche. Essa incoraggia le soluzioni alla fine della catena e il trattamento o il riciclaggio delle risorse piuttosto che l'accrescimento della produttività con la quale esse sono utilizzate. Il risultato è un aumento costant e dei costi per la protezione ambientale. Il danno ambientale è causato non solo dalle emissioni inquinanti ma anche dai processi coinvolti nell'estrazione delle risorse, infatti l'estrazione delle risorse è la causa più importante poiché tutte le materie entrano prima o poi nell'economia e finiscono prima o poi come emissioni e rifiuti. Perciò per ridurre i costi di danno ambientale bisogna sia diminuire le emissioni che soprattutto ridurre i flussi delle risorse prese dalla natura. Da molto tempo l'industria, voleva liberarsi del peso dei costi della protezione ambientale, e alcune delle industrie più avanzate da tempo sanno come farlo. Infatti, pressate dai costi delle energie, dei materiali e del capitale, durante gli anni '70 e '80 esse hanno scoperto che potevano inventare dei prodotti che utilizzavano dei materiali più leggeri e più duraturi e che utilizzassero meno energia per la loro fabbricazione. Esse hanno altresì compreso che potevano ridisegnare i processi produttivi, utilizzando meno e più flessibili macchinari, nonché a riciclare e riutilizzare i sottoprodotti all'interno dell'azienda stessa. Infatti queste aziende hanno scoperto che gli investimenti fatti per migliorare le energie, le risorse e l'efficienza aziendale, e per creare dei beni eco-intelligenti, possono essere ricoperti e trasformati in nuovi mercati e nuovi profitti. Gli studi dimostrano che i vantaggi di questa dematerializzazione dell'economia, si fanno sentire dall'inizio del ciclo di produzione. Essi si manifestano nella sensibile diminuzione della attività di estrazione mineraria e dei rifiuti relativi, nella riduzione dell'uso di acqua e del suo inquinamento e anche nella diminuzione dell'inquinamento dell'aria, della deforestazione e dell'erosione.

Sfortunatamente, le politiche ambientali dominanti, come le politiche fiscali e delle risorse dominanti, continuano ad ostacolare il passaggio a questa nuova economia dematerializzata ed efficiente dal punto di visto dello sfruttamento delle energie e delle risorse naturali. Questo deve cambiare.

L'aumento del livello di consumo dei ricchi e il raddoppio della popolazione mondiale nei prossimi 40 50 anni avranno bisogno di un incremento di fattore 4 nella produzione del cibo, un incremento di fattore 6 nell'uso di energia e almeno di un incremento di fattore 8 in guadagno. Se ciò deve essere raggiunto senza sfruttare eccessivamente il pianeta, oltre alcuni punti critici che stiamo cominciando a capire soltanto ora, bisogna che i governi sostengano delle politiche che incentivino l'industria e la società ad aumentare ancora di più la produttività dell'energia e delle risorse e la dematerializzazione. Essi devono anche intraprendere politiche che garantiscano che questi guadagni non siano perduti a causa di un effetto boomerang. L'esperienza mostra che con dei prezzi stabili o in discesa, i guadagni di efficienza possono essere facilmente annullati da livelli di consumo ancora più alti.

La durabilità appare quindi come un elemento decisivo che riuscirà ad orientare lo sviluppo nel prossimo millennio. Essa ha bisogno di una nuova attenzione sulla natura e sulla grandezza degli input per lo sviluppo, specialmente input per l'energia, per le risorse, per i materiali chimici ed altro.

E' altresì necessario che l'ambiente e lo sviluppo siano in sinergia all'inizio del ciclo, al momento della determinazione dei fini e delle politiche della società e non alla fine, dopo che la società e l'economia, abbiano già incorso nei costi e nei danni dello sviluppo insostenibile. Si è troppo spesso tentato di aumentare la prosperità a breve termine senza preoccuparsi delle conseguenze a lungo termine per l'ambiente e per l'economia. Con il 20% della popolazione che consuma l'80% delle risorse mondiali, questa maniera di fare ha già accentuato le differenze tra i ricchi e i poveri, nei paesi e nelle nazioni, e ha aggravato le difficoltà per la gestione in cooperazione dei rischi per il nostro futuro in comune. La durabilità esige di mantenere un equilibrio tra gli obiettivi a lungo termine e quelli a breve termine e di stabilire dall'inizio l'importanza dell'autonoma, dell'equità e della qualit&a grave; della vita.

Così facendo noi possiamo continuare a godere di una grande qualità di vita e ad offrirla a coloro che vivono nei paesi in via di sviluppo. Noi possiamo creare un'economia molto meno dannosa per l'ecosistema e preservare così una terra in cui valga la pena vivere.

A questo scopo:

 

Noi invitiamo i governi, le industrie, le organizzazioni internazionali non governative ad adottare come obiettivo strategico per il prossimo millennio un aumento di fattore il fattore 10 delle energie e delle risorse.

 

Alcuni governi e organizzazioni internazionali e professionali hanno già incominciato ad aprirsi verso questa direzione. Per esempio l'Austria e i Paesi Bassi hanno cominciato ad adottare questo obiettivo strategico verso il 1995. In Germania il Bundestag ( parlamento nazionale) tiene delle consulte regolari sui flussi dei materiali nell'economia tedesca in modo da gettare le basi per decisioni strategiche ulteriori. Il Word Business Council per uno sviluppo sostenibile e il programma delle Nazioni Unite per l'ambiente hanno congiuntamente chiesto un aumento di fattore 20 dell'eco efficienza. In cooperazione con l'istituto per il fattore 10, recentemente fondato, il Ministero dell'Economia di Vienna sta attualmente preparando una campagna di informazione nazionale che aiuti le piccole e medie impresse a progettare dei prodotti eco intelligenti. Il governo canadese ha istituito una commissione per l'ambiente e per lo sviluppo sostenibile che esaminerà le politiche i programmi di governo in funzione della durabilità e renderà conto ogni anno al parlamento.

L'OECD sta prendendo in considerazione il fattore 10 come una linea di azione possibile. Negli USA in Consiglio Presidenziale per lo sviluppo sostenibile si sta interessando al fattore 10 e all'eco-efficienza.

 

Noi ci appelliamo a tutti i governi per trasformare le politiche che contrastano oggi gli strumenti che permettono di realizzare questi scopi, facilitando, piuttosto che impedendo, gli sforzi delle industrie e delle istituzioni scientifiche e tecnologiche. E ci appelliamo alle industrie e alle organizzazioni non governative perché sostengano questo cambio di politica.

 

La tecnologia essenzialmente guidata dalle forze di mercato, ha permesso di diminuire gradualmente l'energia e le materie necessaria alla crescita. Ma le nostre istituzioni pubbliche e private sono ancora molto lontane da questo potenziale. Un numero di cambiamenti chiave sono indispensabili.

Il più urgente è armonizzare i segnali che gli individui e le imprese ricevono dal mercato e gli stimoli che essi ricevono con le realtà economiche e ambientali. In un'economia di mercato il segnale più importante è il prezzo.

Oggi, i prezzi delle energie e delle risorse sono falsati - delle volte grossolanamente falsati - per intervento dei poteri pubblici sui mercati. Tasse e incentivi fiscali, politiche dei prezzi e della commercializzazione, politiche dei tassi dei cambi e politiche protezioniste, tutte esercitano un'influenza sulla quantità delle energie e sulle materie necessarie alla crescita e sulla misura nella quale questa crescita arricchisce o distrugge il patrimonio ecologico . Lo stesso ragionamento si applica ad alcune politiche settoriali. Le sovvenzione alle energie possono favorire, e lo fanno normalmente, i combustibili fossili e nucleari, e penalizzano l'efficienza, la biomassa e le energie rinnovabili. Le agevolazioni fiscali per gli insediamenti edilizi e per gli allevamenti possono agevolare la deforestazione l'estinzione delle specie e la degradazione delle acque e del suolo. Le sovvenzione ai pesticidi possono stimolarne un utilizzo eccessivo e minacciare a nche la salute pubblica, inquinare le acque e moltiplicare il numero delle specie resistenti a questi prodotti. Le sovvenzioni accordate allo sfruttamento e utilizzazione delle risorse idriche possono provocare un'utilizzazione eccessiva proprio dell'acqua per l'irrigazione e ai fini industriali e civili.

Queste sovvenzioni pesano molto sui budget pubblici, alcuni recenti studi le valutano nell'ordine di alcuni trilioni di dollari per anno, quasi quanto i governi destinano agli armamenti o alla guerra fredda. L'influenza di queste sovvenzioni sull'ambiente e sulle risorse necessarie alla crescita vanno in una direzione sbagliata. Le sovvenzioni spingono, anche se involontariamente, a delle decisioni pubbliche e private che tendono a determinare uno sviluppo non sostenibile. Esse sono economicamente perverse e falsano gli scambi economici e contribuiscono alla distruzione dell'ambiente, tutto ciò spesso contemporaneamente.

Rideterminare questi incentivi perversi ridurrà una delle cause maggiori di distorsione dei prezzi, causa anche di distorsione dei prezzi di volta in volta a scapito dell'ambiente e dell'economia. Ma ciò non renderà le regole del gioco più eque. Per ottenere regole del gioco più eque i governi dovranno decidere di rendere i prezzi più veri. Bisognerà applicare delle misure volte ad internazionalizzare i costi ambientali dei prodotti, dei processi e dei servizi.

Alcuni esperti hanno suggerito che i governi debbano modificare gradualmente le modalità di realizzazione dei profitti. Noi ovviamente tassiamo le cose sbagliate. Dobbiamo ridurre progressivamente le tassazioni sui guadagni, sui risparmi e sugli investimenti che creano lavoro e aumentare gradualmente in modo corrispondente i prelievi fiscali sull'energia, sull'estrazione e l'utilizzazione delle risorse, sull'inquinamento e sui prodotti aventi un forte impatto ambientale. La transizione dovrà essere lenta, non dovrà incidere sui profitti e non dovrà pesare sugli strati più deboli della collettività. Essa potrà avere degli effetti ecologicamente positivi sui modi del consumo e sulla struttura dei costi delle industrie senza dover aggiungere all'insieme del carico fiscale.

Queste riforme dovranno permettere ai governi di governare le forze di mercato e così realizzare a una transizione più rapida verso un'economia nuova, razionale dal punto di vista delle energie e delle risorse. Esse dovranno anche limitare il ricorso a una regolamentazione a supporto di una protezione dell'ambiente, ed esse ridurranno considerevolmente il peso sui budget pubblici.

Lavorando con le industrie i governi potranno essere più creativi, aprendo dei mercati che attualmente non esistono. Grazie a permessi di emissione negoziabili e altri dispositivi, i cambiamenti potranno essere orientati in modo da contribuire alla riduzione delle emissioni di ossido di carbonio e altre emissioni gassose ad effetto serra nell'atmosfera e a realizzare altri obiettivi ambientali coerenti alle scelte politiche.

 

Noi invitiamo altresì i governi a mettere a punto e ad adottare nuovi parametri di misura della ricchezza e di indicatori di sviluppo sostenibile.

E noi invitiamo ancora le industrie e le organizzazioni non governative a sostenere questi cambi di politica.

 

Benché il principio di sviluppo sostenibile sia stato largamente adottato, i progressi in questo senso sono stati ostacolati dalla mancanza di una definizione operativa, soprattutto pere la nozione essenziale di utilizzo delle risorse. Per stimolare l'avanzamento dello sviluppo sostenibile è, a nostro avviso, necessario avere dei solidi indicatori di orientamento. Gli indicatori attuali di qualità dell'ambiente tirano l'attenzione sulla fine del ciclo produttivo, sugli effetti di uno sviluppo non sostenibile nei riguardi dell'ambiente, e nei riguardi delle politiche e delle tecnologie capaci di attenuare questi effetti. Gli indicatori di sviluppo sostenibile devono focalizzare l'attenzione sull'inizio del ciclo di sviluppo e sulle politiche suscettibili ad influenzarli. Un accordo internazionale su questi indicatori è indispensabile.

Bisogna inoltre che ci si accordi a livello internazionale su alcuni semplici metodi di valutazione delle intensità ecologiche e dei flussi di delle materie. Due metodi a questo proposito sono stati messi a punto dall'istituto di Wuppertal: la Quantità di Materia Per unità di Servizio (MIRS) e il Costo Per unità di Servizio (COPS).

 

Noi ci appelliamo anche ai responsabili industriali a incoraggiare queste innovazioni anche sul piano politico e a sostenere delle modifiche corrispondenti nelle proprie aziende.

 

Le aziende hanno un naturale interesse affinché siano stabili le condizioni economiche e politiche e i mercati prevedibili. Quando lo si considera sotto l'aspetto dello sviluppo sostenibile, l'ambiente cessa di essere unicamente un prezzo da pagare per proseguire le attività ma diventa una fonte di vantaggio competitivo. L'impresa che adotta questa visione può rapidamente trarne dei vantaggi: processi più competitivi, miglioramento della produttività, minori costi per l'adeguamento agli standard di conformità e nuove aperture strategiche sul mercato.

Questo necessita un impegno dei livelli più alti dell'impresa. I più alti responsabili delle imprese, a cominciare dal direttore generale, devono adottare la sostenibilità come test fondamentale di ogni sviluppo e come la principale chiave operativa essenziale nella pianificazione delle attività e nell'adottare decisioni strategiche per gli investimenti, per la produzione e per le strategie di commercializzazione.

I responsabili delle imprese devono inoltre procedere a delle modifiche complementari nei loro sistemi di rapporto di esercizio in modo da integrare la nozione di sviluppo sostenibile. Questo comporta l'adozione di nuove strategie che mettano il management, gli investitori, gli azionisti ed altri partecipanti, in grado di stabile se un'impresa consumi più o meno energia, risorse naturali, sostanze chimiche dannose ed altri input e output per unità di prodotto; essa produca più o meno rifiuti ed emissioni; e se essa diminuisca o meno il suo utilizzo netto di patrimonio naturale.

Noi non sosteniamo che tutte le risposte siano conosciute. Ci sono dei problemi da affrontare. I limiti alla concorrenza internazionale aperta (globalizzazione del mercato) ne sono un esempio. Il ruolo dell'industria nelle questioni sociali e politiche ne è un altro esempio. Dobbiamo forse riprendere la nozione di un contratto sociale a lungo termine per le aziende industriali? Di quali nuovi accordi internazionali o strutture organizzative abbiamo bisogno per rendere uniche le regole del gioco?

A dispetto di queste incertezze, noi restiamo convinti che se i processi di dematerializzazione ( utilizzo di meno materie prime) non cominci, tanto il tessuto sociale che l'ecosistema mondiale correranno a breve termine seri rischi. Inoltre, cominciando subito, noi abbiamo la possibilità di realizzare lentamente una transizione grazie ad una evoluzione invece di aver un brusco cambiamento a causa di una rivoluzione.