RIMOZIONE DELLA CO2

di Francesco Fischer

 

 

 

la rimozione mentale della CO2 è più facile che non la sua rimozione materiale dall'atmosfera

 

 

E' più per la cultura che non per l'ambiente o l'economia, che il vertice di Kyoto sul clima segna una svolta epocale, un vero cambiamento di paradigma socio-scientifico. Val la pena di analizzare come mai per questa svolta ci siano voluti più di cento anni. Kyoto ha sanzionato due princípi rivoluzionari. Primo: l'emissione di CO2 è un'emissione; secondo: il progresso umano richiede di ridurrre l'emissione di CO2, cioè il consumo di energie fossili (carbone, petrolio, gas), che oggi sono il motore diretto o indiretto di quasi tutte le attività economiche. Questi due princípi ribaltano la logica di duecento anni di sviluppo tecnico-economico fondato sul crescente uso dei combustibili fossili. Sono inoltre molto più avanti di quanto ancora non lo siano la pratica industriale ed economica e la nostra stessa percezione dell'idea di progresso. Per ognuno di noi il progresso ha necessariamente il se gno più: più energia, più combustibili, più elettricità, più merci, più circolazione monetaria, più PIL. L'idea che oggi per progredire si debbano ridurre queste cose istintivamente ci sembra irrealistica. Eppure non è nuova. "L'uomo sta dilapidando il patrimonio naturale, comportandosi come un erede spensierato e scialaquatore". Consumando alla velocità massima "riserve accumulate in periodi così lunghi che, a loro confronto, i tempi storici appaiono infinitamente brevi. (...) L'uomo sarà costretto ad arrangiarsi con l'energia che il sole continuerà a irradiare. (...) I prossimi secoli avranno come principale compito quello di introdurre una saggia economia nel consumo delle risorse naturali, con particolare riguardo per quelle che ci sono pervenute in eredità da epoche passate e che non dovremo sprecare perchè non possono essere ripristin ate". Non sono le parole di Al Gore a Kyoto ma quelle di Rudolph Clausius, padre del secondo principio della termodinamica, anno 1885. L'influenza dell'acido carbonico nell'aria sulla temperatura al suolo è il saggio che il chimico e premio Nobel Svante Arrehnius pubblicò nel 1896 e in cui calcolò, in modo empirico ma verosimile, di quanti gradi la temperatura si potrebbe innalzare per l'aumento della CO2 nell'atmosfera. Ricordando che l'effetto serra naturale era stato definito nel 1827 da Jean Baptiste Fourier, Arrehnius segnalava - peraltro con un certo ottimismo - le possibili conseguenze del trasferire nell'atmosfera in uno o due secoli il carbonio che grazie all'energia solare e alla fotosintesi si era accumulato nel corso di milioni di anni dall'aria nei vegetali, diventati poi carbone, petrolio e gas naturale. "Le riserve capitalizzate come combustibili fossili - scriveva il premio Nobel per la chimica Wilhelm Ostwald nel 1909 - sono una parte della nostra economia energetica che viene considerata più o meno come un'inattesa eredità e per questo induce l'erede a vivere alla giornata, in modo dissipato, perdendo di vista le ragioni di un'economia stabilmente solida. (...) L'economia stabile deve essere fondata esclusivamente sull'impiego regolare dell'energia annualmente irradiata dal sole". E' interessante confrontare le parole di questi tre scienziati con quelle di importanti decisori economici e politici cento anni dopo. "Le risorse rinnovabili sono oggi da considerarsi <<definitivamente superate>> ove si prescinda da circoscritte situazioni locali (...). Nessuno sviluppo tenologico, per quanto futuristico, potrà mai restitutire alle risorse rinnovabili quel predominio che avevano in epoche storiche passate e dalle cui stringenti limitazioni ci ha liberato il passaggio ai combustibili fossili". Così scriveva nel 1989 Alberto Clò, direttore della rivista Energia ed ex ministro italiano, in un articolo intitolato Il mito delle risorse energetiche rinnovabili.

"Il respiro di 80 milioni di cittadini tedeschi che emettono 43 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, contribuisce all'effetto serra più di camion, aerei e navi che emettono 41 milioni di tonnellate di CO2" scriveva nel 1994 sui quotidiani tedeschi Rolf Moll, presidente del DEKRA, il Consiglio di Esperti Tedeschi dei Veicoli a Motore. Nel 1996 ogni sedile dei treni tedeschi veniva corredato di un fascicolo di 42 pagine con il bilancio ambientale della BASF, uno dei giganti della chimica mondiale. Quasi in ogni pagina l'azienda ricordava che lo sviluppo sostenibile è ormai la sua filosofia. Eppure, nonostante l'emissione annua di CO2 della BASF tedesca (20-30 milioni di tonnellate) sia tripla della sua emissione di merci (8 milioni di tonnellate) questo dato bisogna ricavarlo da altre fonti perchè nella lista delle 80 Rilevanti emissioni nell'aria e in nessun'altra parte del rapporto ambientale compare la CO2. La totale rimozione mentale della CO2 è frequente anche in Italia. Tonino Bigi, capo ufficio stampa dell'Unione Petrolifera, scriveva su Repubblica il 5 marzo 1995: "Nessuno ha mai messo in discussione l'importantissima funzione della marmitta catalitica, in grado di abbattere l'80-90 per cento di tutte le emissioni allo scarico". Sembra di rileggere le parole di Chabek Dan J. portavoce degli ingegneri della Ford nel 1953: "Gli ingegneri della Ford, pur consapevoli del fatto che i motori delle automobili producono gas di scarico, ritengono che tali esalazioni si dissolvano così rapidamente nell'atmosfera da non creare problemi d'inquinamento". Oggi ognuna di queste affermazioni potrebbe far rischiare una bocciatura a un esame di terza media o di maturità. Eppure sarebbe semplicistico spiegarle solo con motivi d'interesse economico. Il movente è forse più profondo e di natura psicologica. Anche ognuno di noi dà credito più volent ieri a un medico che ci diagnostica sani piuttosto che a tre medici che ci definiscono malati. Asserire che "nessuno sviluppo tecnologico potrà mai restituire alle risorse rinnovabili il passato predominio", è incauto e antitecnologico in un'epoca di progresso in accelerazione. Forse anche gli esperti del DEKRA, sanno che il respiro animale rimette nell'atmosfera la stessa quantità di carbonio che qualche mese o anno prima le fu sottratta per fissarsi nei cibi; quindi il respiro, a differenza del petrolio, non contribuisce all'effeto serra. Così anche i chimici della BASF sanno che la CO2 è di gran lunga la sostanza prodotta in maggiore quantità tra tutte quelle emesse dalle loro produzioni, merci comprese. Anche il Dottor Bigi saprà che ogni chilo di benzina bruciata emette più di tre chili di CO2 e che la marmitta catalitica, lungi dal diminuirla, aumenta l'emmissione di CO2 del 5-10%, mentre le altre emissioni che riduce si misurano in grammi o milligrammi per ogni chilo di benzina. Le affermazioni che abbiamo citato hanno in comune, consapevole o no, il paradigma secondo cui l'emissione di CO2 di origine fossile semplicemente non è un'emissione che occorra calcolare, dichiarare o limitare. In fondo, i 30 miliardi di tonnellate di CO2 emmessi ogni anno dalle attività umane sono "solo" il 6% di quelli emessi dalla natura (500) e l'1% di quelli presenti nell'atmosfera (2800). Questo atteggiamento è in parte comprensibile perchè in effetti la CO2 è il principale vettore della vita sul pianeta. Il carbonio che costitutisce lo scheletro di quasi tutte le sostanze di cui siamo fatti, alcuni mesi o anni fa era CO2 e fra qualche anno o decennio tornerà ad essere CO2. Questo vale per ogni vivente sulla Terra, dal virus, alla quercia, alla balena. La CO2 che entra e esce dall'atmosfera è inoltre fondamentale per l'effetto serra naturale che mantiene la Terra mediamente tiepida (15°) anzichè ghiacciata (- 20°), come sarebbe senza atmosfera. E' quindi psicologicamente comprensibile la tendenza a considerare la CO2 una sostanza "buona" o comunque neutra e quindi a dimenticarla. Che per motivi climatici ciò non sia legittimo lo dimostrò già Arrehnius nel 1896 e ora lo ha sancito, cento anni dopo, il vertice sul clima di Kyoto. E' importante considerare anche quei pochissimi climatologi che negano un'influenza rilevante dell'aumento di CO2 sul clima. Come spesso è accaduto nella storia delle scienze, potrebbe essere proprio una piccola minoranza ad aver ragione. Ciò che è interessante osservare è la nostra propensione inconsapevole a dar credito non tanto a maggioranze o minoranze, ma piuttosto alle "anti-cassandre", cioè a chiunque ci prometta ogni bene da un tecnologia. Kyoto o non Kyoto l'umanità continuerà ancora a lungo ad emettere ogni anno più del doppio della quantità di CO2 e di altri gas di serra considerata tollerabile dalla grande maggioranza dei climatologi. Nel loro comportamento reale non solo le èlite economiche e politiche ma anche noi singoli cittadini agiamo come se dessimo più c redito alla piccola minoranza delle "anti-cassandre" climatiche piuttosto che alla attuale maggioranza delle cassandre. Fuoco e combustioni sono oggi più che mai il motore della nostra civiltà. Prometeo e Icaro sono ancora i nostri eroi, uno fissato sul fuoco, l'altro tradito dal sole. Ma fu il sole a rovinare Icaro? O fu la pece?

 

 

 

clima e CO2

 

Per valutare la portata pratica degli accordi del vertice mondiale di Kyoto sul clima si possono confrontare gli obiettivi di riduzione dei gas di serra (CO2, metano, N2O) fissati a Kyoto per i paesi industriali (- 5 % per il 2008-2012) con la riduzione di CO2 ritenuta necessaria dalla Commissione d'indagine sulla protezione dell'atmosfera del Parlamento della Germania, il principale produttore europeo di CO2: mondialmente - 50-60 % di CO2 per il 2050. Se però oltre all'ecologia si applica anche un criterio di equità globale, occorrono riduzioni ben maggiori nei paesi ricchi. Lo studio Futuro sostenibile commissionato dall'episcopato tedesco al Wuppertal Institut osserva: "Nel 1994 5,8 miliardi di persone emettevano 29 miliardi di tonnellate di CO2 all'anno, cioè 5 tonnellate pro capite. Una riduzione del 50-60% per il 2050 significa, limitatamente alla popolazione mondiale odierna, 2,3 tonnellate pro capite. I n Germania però la quantità di emissioni annuali pro capite è di 12 tonnellate (1994). La Germania dovrebbe quindi ridurre per il 2050 le proprie emissioni di CO2 dell'80%. Per il Canada e gli USA (15 e 20 tonnellate pro capite) occorrono riduzioni dell'85 e dell'88%. Se inoltre si considera la verosimile crescita della popolazione mondiale a 10 miliardi di persone per il 2050, mantenendo il criterio di un uguale diritto di utilizzo, la riduzione cui la Germania deve sottoporsi per il 2050 è del 90%. Come obiettivo a medio termine si può ritenere adeguata una riduzione del 35% per il 2010." (Wuppertal Institut, Futuro sostenibile, EMI, 1997).

Tradotti per l'Italia, questi obiettivi significherebbero per il 2050 una riduzione delle emissioni di CO2 dalle attuali 7 tonnellate a circa una tonnnellata pro capite (- 85 %).