1998: TRENTANNI DI CLUB OF ROME

 

IL PROGRESSO NON ABITA PIÙ QUI

di Matteo Poli

 

1998: Trentanni di Club of Rome , così s'intitola il libro di Jürgen Streich (30 Jahre Club of Rome, Birkäuser, Berlin, 1997) che analizza la storia, le attività e le conseguenze del primo organismo internazionale che cominciò a mettere in dubbio il dogma "crescita economica = progresso". Peccato che, malgrado il suo nome, il Club of Rome si sia trasferito da Roma a Parigi nel 1985, dopo la morte del suo animatore e presidente, l'italiano Aurelio Peccei. A Roma, intesa come città e come capitale, non è rimasta traccia significativa dell'azione e della cultura di Peccei e dei suoi colleghi. In fatto di sostenibilità, l'Italia è l'ultimo dei 15 paesi europei e la ricerca, la cultura e l'economia d'avanguardia si sviluppano lontane dal nostro paese. Il 1998 vedrà la penetrazione nell'economia e nella politica europee della Dichiarazione di Carnoules, il docum ento del Factor 10 Club in cui si invitano le èlite economiche e politiche mondiali ad adottare come idea guida dello sviluppo il principio del Fattore 10 : più benessere con dieci volte meno energia e materiali. Il Factor 10 Club ha sede a Carnoules, vicino a Tolone; il suo ideatore è Friedrich Schmidt-Bleek, l'ex vicedirettore del Wuppertal Institut tedesco; molti dei suoi membri internazionali fanno parte anche del Club of Rome. Confrontiamo Francia, Germania e Italia, per esempio in campo automobilistico. E' proprio in Francia, il primo paese al mondo che sta adottando la settimana di 35 ore per legge, che la Toyota ha deciso di installare la sua fabbrica europea di automobili. Toyota è la prima azienda al mondo a mettere sul mercato nel 1998, inizialmente solo in Giappone, un'auto rivoluzionaria che fa 30 km con un litro, la Hybrid. Toyota è stata la prima a raccogliere la sfida lanciata da Greenpeace con la sua campagna "Metà si può" (stessi chilometri con metà carburante) e con il suo prototipo Smile, una Twingo modificata che consuma metà benzina dell'originale e percorre 30 km con un litro (v. Avvenimenti N. ....). Anche in Germania l'industria dell'auto comincia a muoversi: il più grande produttore europeo, il gruppo Volkswagen, ha annunciato per il 1998 un'auto da 30 km al litro e l'intenzione di battere i propri record del 1997: da molti anni il massimo aumento di fatturato, di auto prodotte e di profitti. Curiosità: questi traguardi sono stati raggiunti dalla VW dopo tre anni dall'introduzione della settimana di 29 ore per i 100.000 lavoratori di Wolfsburg. Anche un'altra innovazione europea nasce a nord delle Alpi: la Smart, la vetturetta realizzata insieme dalla svizzera Swatch e dalla tedesca Mercedes, viene costruita in Francia e verrà diffusa in Europa dal 1998. Che si trat ti di riduzione dell'orario di lavoro o di automobili meno dannose, il progresso sembra stare alla larga dall'Italia. Peccato, se si ricorda che in altri tempi l'Italia è stata anche un paese di pionieri industriali. Si pensi ad Adriano Olivetti o ad Aurelio Peccei, un grande manager FIAT. Oppure alla Piaggio che conquistò il mondo con un prodotto rivoluzionario come la Vespa. Non sarebbe difficile, proviamo a immaginare: Vispa 2000, una Vespa a quattro ruote e a due litri per 100 km, potrebbe essere questa la joint-venture FIAT-Benetton che darebbe filo da torcere alla Smart della Swatch-Mercedes. Una quattroposti da 8 milioni e 50 km con un litro, questo sì che sarebbe un'incentivo e non una sovvenzione statale. Un'auto sobria, meno inquinante, essenziale e simpatica, senza le cianfrusaglie che appesantiscono e rendono care le altre automobili. Una specie di Twingo che sia twingosa non solo nella carrozzeria ma anche nella tecnica, nel consumo e nell'impatto ambientale. Semplice e innovativa come fu la prima Vespa. Simpatica ed economica come un maglione Benetton. Pubblicizzata nel mondo da Oliviero Toscani. Ma questo è davvero sognare. Forse prima occorrerebbe, come usa nelle joint-venture industriali italiane, un bel matrimonio in Chiesa. Poi occorrerebbe che la FIAT smetta di predicare "più mercato e meno stato" e nello stesso tempo pretenda che sia proprio lo stato a sovvenzionare con gli incentivi alla rottamazione il consumismo automobilistico. Un'azienda che si affaccia al 2000 predicando il liberism o ma fondando le sue strategie sul monopolio privato, sulle sovvenzioni statali, sull'usa-e-getta, sui lunghi orari di lavoro e, unica azienda automobilistica al mondo, sulla proprietà e l'abuso dei giornali: forse non era questa l'idea di futuro industriale sostenibile che Aurelio Peccei aveva per l'Italia. Poca meraviglia che a trentanni dalla sua fondazione il Club of Rome abbia ormai così poco a che fare con il nostro paese.