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A margine di un editoriale
Aldo Ettore Quagliozzi
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Gronda sconforto l'editoriale datato Gennaio 2003. E diversamente non potrebbe essere.
Passano ancora una volta sulla testa degli operatori scolastici decisioni e riforme prese nei luoghi allo scopo deputati, ma i cui occupanti poco si peritano a coinvolgere dovutamente la scuola in una discussione che si arricchirebbe di certo delle esperienze vissute sul campo. È una storia vissuta e ripetuta.
Sono stato uno di quelli che si infiammarono all'epoca della scuola della partecipazione, ovvero dei decreti delegati; intravedevo la cosiddetta società civile entrare nella scuola per farsi carico delle sue esigenze e dei suoi problemi. In verità rimanemmo ben presto in pochi, non solo a credere in quella scuola della partecipazione, ma rimanemmo anche in pochi a darle sostanza e visibilità. Che afflizione dovere essere sempre eletto ed essere sempre presente nei vari organismi elettivi, consigli di classe, consiglio di istituto, nei tempi in cui i miei figlioli frequentavano tutti i gradi dell'istruzione. Tempi beati quelli, certo, or sono uomini i miei figlioli. Io, uomo di scuola, destinato a dire di Rino Cammilleri nel suo "L'ombra sinistra della scuola", ad essere condannato a vivere nella scuola per un perfido destino come discente prima e come docente poi, vedevo la cosiddetta società civile squagliarsi come neve al sole, lasciando in rappresentanza dei genitori solo noi, dipendenti del ministero dell'allora pubblica istruzione.
È che la scuola non ha mai rappresentato per questo benedetto Paese una risorsa, non ha mai avuto una centralità se non nei vari fatti di cronaca, magari di cronaca nera, per poi scomparire non solo dalle prime pagine e dai notiziari radiotelevisivi, ma ahimè, anche dai pensieri e dall'immaginario collettivo. Un bene, un male; non lo so. Sarebbe bene che si riflettesse su tutto ciò, così come accoratamente si dice nell'editoriale.
Siamo ora da un pezzo entrati nella cosiddetta scuola dell'autonomia. Anche questa fase avrà gli sviluppi che ebbe la scuola della partecipazione? Altri sono stati i tempi politici di allora rispetto ai tempi politici dell'oggi. Ma ha grande importanza tutto ciò? Me lo chiedo e lo chiedo in giro a tutti coloro che hanno a cuore la scuola o che sono ancora alla disperata ricerca della scuola.
Sono convinto e me ne convinco sempre più che da qualsiasi sponda politica possano venire le riforme, o anche le controriforme, come ci premuriamo di definire quelle al momento in cantiere, esse saranno destinate ad un sonoro fallimento stante il disincanto degli operatori scolastici che se ne dovrebbero fare carico. È una storia antica e sulla quale non si è voluto aprire gli occhi, proprio per la marginalità della scuola nel pensiero collettivo del Paese.
L'invito pressante dell'editoriale per una "valutazione del comportamento delle categorie scolastiche (quella docente in primis) riguardo alle politiche intraprese dal governo in carica ..." mi torna proprio bene; ma è proprio questa fuga dalle responsabilità proprie della categoria che mi spaventa e che ha dato negli anni lo spazio alla improvvisazione e ad una forma di " qualunquismo " che ha destinato al fallimento tutte le tentate riforme scolastiche.
Allora, la questione centrale del mio ragionare è sempre stato, e tuttora rimane, questa: "chi e quando, in tutti questi anni, ha provveduto a verificare che le attitudini ad insegnare, a formare le nuove generazioni, a comunicare con esse siano ancora in possesso dei tanti docenti, se mai le abbiano possedute?"
È questo un nodo centrale attorno al quale ruotano e ruoteranno tutte le ipotesi di riforma della scuola italiana, da qualsivoglia versante politico saranno definite. E se il problema della Scuola e della formazione in generale è un tema centrale per lo sviluppo democratico, sociale ed economico del Paese, come è possibile che non si voglia partire da questa questione che è preminente su tutte le altre?
Mi soccorrono in questo mio ragionare, che è poi il ragionare di uno tra i tanti che nel quotidiano entra e vive nelle aule, illustri ricercatori che al tema hanno dedicato e dedicano tuttora le loro attenzioni e le loro grandi competenze.
Mi pare giusto allora riportare quanto ha scritto il professore Raniero Regni, professore della facoltà di Scienze della formazione della LUMSA di Roma che, parlando dello "stato motivazionale" degli insegnanti della scuola italiana ha scritto, sulla base di una indagine I.A.R.D.: "( ... ) un quarto di essi sembra avere introiettato profondamente alcuni tratti peculiari della marginalità: perdita dell'autostima, depressione, pessimismo etico, impoverimento del senso della partecipazione sociale, relativa deresponsabilizzazione, asservimento alle logiche burocratiche. Un altro quarto è composto da docenti di una certa età e di grande esperienza che hanno mantenuto un elevato impegno scolastico ed extrascolastico ( ... ). Gli altri due quarti sono costituiti dalla massa del corpo docente, che ha perso la sua tradizionale identità professionale ma che non ne ha acquistata ancora una nuova, che oscilla, con comportamenti ambigui e contraddittori, tra l'impellenza del cambiamento e il timore di perdere le poche ma sicure garanzie che potrebbero essere messe in discussione".
Ma il problema degli insegnanti italiani non rimane come sola e semplice" divagazione letteraria ed accademica" allorquando altre importanti istituzioni prendono in esame lo stato della scuola italiana per il versante più importante, ovvero quello degli insegnanti.
È di questi mesi la diffusione, anche attraverso Internet, di una ricerca condotta dalla A.S.L. Città di Milano coordinata dal dott. Vittorio Lodolo D' Oria. Dalla ricerca, che ha visto impegnate tante professionalità, è emerso uno spaccato "veramente straordinario" della scuola italiana e dei suoi protagonisti principali, gli insegnanti.
Dalla ricerca citata, che ha per titolo "Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti", si rileva con grandissima apprensione come "alcune categorie di lavoratori, a causa di particolari fattori stressogeni legati all'attività professionale, sono soggetti a rischio per la sindrome del burnout. Tale condizione è caratterizzata da affaticamento fisico ed emotivo, atteggiamento distaccato ed apatico nei rapporti interpersonali, e sentimento di frustrazione. Autorevoli studi hanno accertato che tale affezione rappresenta un fenomeno di portata internazionale, che ricorre frequentemente negli insegnanti ( ... )".
Ed ancora dalla ricerca: "( ... ) la categoria degli insegnanti è soggetta a una frequenza di patologie psichiatriche pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quello del personale sanitario e tre volte quello degli operatori."
Nella sua breve presentazione il dottor Lodolo D'Oria avverte: "È verosimile ritenere che la sindrome del burnout, quando trascurata, possa costituire la fase prodromica della patologia psichiatrica franca" e pertanto ritiene necessari" ( ... ) ulteriori approfondimenti epidemiologici, affiancati da contestuali interventi operativi volti a contrastare tempestivamente la sindrome del burnout negli insegnanti. Si ritiene necessaria l'apertura di un dibattito che coinvolga istituzioni, parti sociali, amministrazioni scolastiche, associazioni di categoria, studenti, famiglie e comunità medico-scientifica, in ragione della portata e della multidimensionalità del problema che interessa gli ambiti sanitario, sociale, culturale, economico e istituzionale."
È o non è questo un tema centrale su cui tutti noi siamo non invitati ma tenuti a riflettere, se rimane sempre vera la centralità della Scuola nel nostro Paese?
Quanto ho voluto riportare rafforza un convincimento espresso a chiare lettere anche nell'editoriale, laddove si denuncia che "la disgregazione dei lavoratori della scuola è un fatto non di oggi e le responsabilità per quanto è accaduto e sta accadendo sono molto più ampie e generalizzanti".
Forse potremmo imboccare la strada giusta solo se ci convincessimo che non è più possibile demandare ad altri soggetti le responsabilità di una crisi epocale che investe la scuola italiana ed i suoi principali protagonisti, ovvero gli insegnanti.
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