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Lettera aperta al ministro Moratti
la misura della civiltà
Mario Amato
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La civiltà è un bene pubblico e la misura della civiltà è la preoccupazione per il bene pubblico.
L'Italia, oggi 2002-11-03, piange i bambini e le maestre di San Giuliano di Puglia, nel Molise, in una terra povera come lo è ancora tutto il Meridione.
Povera è tutta l'Italia, povera di vera civiltà.
Le discussioni vertono sull'evitabilità della tragedia: la scuola era stata ristrutturata? Qualcuno aveva avvertito il sindaco, che ha perso una figlia sotto le macerie? Sono domande assurde! Sono domande poste da una nazione che non investe sul suo bene più prezioso e più vantaggioso, l'istruzione! Qui non si tratta di destra, sinistra o centro, la questione va al di là della politica e dei suoi schieramenti, la questione è di civiltà.
Vorrei rivolgere un invito al Ministro della Pubblica Istruzione: viaggi, Signor Ministro, attraverso l'Italia, visiti tutte le scuole e comprenderà che la tragedia di San Giuliano di Puglia era evitabile. Rimandi, Signor Ministro, gli incontri politici per favorire le scuole private e pensi a stanziare il denaro affinché i figli della nostra nazione possano studiare in luoghi sicuri e adatti, affinché i lavoratori della scuola possano svolgere la loro attività in edifici costruiti appositamente.
Signor Ministro, esistono in tutta Italia scuole che hanno classi site al terzo, al quarto, al quinto piano, disagevoli quindi per la loro stessa collocazione; trappole nel caso di un terremoto o un incendio o di qualsiasi altro disastro, che non oso immaginare.
Signor Ministro, chi nasce disabile in Italia nasce doppiamene sfavorito, perché la maggioranza delle scuole non ha strutture adatte e la civiltà di un paese si misura soprattutto dall'amore per i cittadini più sfortunati.
Signor Ministro, l'Italia è l'unico paese al mondo nel quale le scuole pubbliche pagano l'affitto ai privati.
Non è colpa Sua, Signor Ministro, poiché chi è stato al Suo posto prima di lei ha fatto poco per la Pubblica Istruzione, poiché nel nostro paese manca la cultura del bene pubblico. I nostri ragazzi scrivono sui muri delle scuole, sui banchi. I nostri giovani sono figli nostri, siamo noi che non diamo ai ragazzi la cultura del bene pubblico.
Chiediamoci da dove proviene questa mancanza. Perché un giovane dovrebbe rispettare ciò che lo Stato stesso tratta come un bene di secondaria importanza?
Io sono un insegnante, ho fatto, come tanti insegnanti, anni di precariato; come tanti, ho studiato all'Università, vivendo in maleodoranti stanze d'affitto, con lampadine di 15 watt; poi mi sono trovato ad insegnare in edifici insicuri, fatiscenti e maleodoranti, come tanti altri insegnanti. E mi creda, Signor Ministro, fra i docenti vi sono molte persone valide, che amano il compito difficile e nobile che hanno scelto.
I nostri figli, Signor Ministro, sono il bene più prezioso, rappresentano il futuro: non mandiamoli all'avventura, diamo loro la sicurezza fisica e la certezza di vivere in una nazione civile.
Un'idea, Signor Ministro! Lei proviene da una cultura imprenditoriale e sa che la formazione è la base della costruzione della vita. Se le industrie dessero una parte dei loro profitti per la ricostruzione e la costruzione di edifici scolastici agevoli, sicuri, adatti allo studio, ne avrebbero in futuro un tornaconto ragguardevole, ma anche l'Italia ricaverebbe un prezioso vantaggio. Parlo di scuola pubblica, Signor Ministro, perché la misura della civiltà è la cultura del bene pubblico.
Spero, Signor Ministro, che Lei possa leggere queste parole, scritte da un insegnante che, come tanti, ama il proprio lavoro e ama i propri alunni.
21 novembre 2002
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