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“Welfare all'italiana”
EPIGRAMMI DI FRANCESCO DE NAPOLI
Ennio Gagliardi
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Francesco De Napoli, lucano di nascita (Potenza, 1954) ma ciociaro d’adozione (vive e lavora a Cassino) - fin da studente ginnasiale scoperto ed encomiato da critici quali Giampaolo Piccari, Antonio Lotierzo e Raffaele Nigro - ha pubblicato la sua terza raccolta di epigrammi, dal titolo “Welfare all’italiana” (Mondostudio Edizioni, Cassino, 2011, pag. 120), con Prefazione di Domenico Cara, il quale tra l’altro scrive:
“Francesco De Napoli sceglie, per il sicuro coinvolgimento, l’allusione come categoria del suo pensiero, finge – tra le varianti programmate – il divertimento, ma è azione che giunge dall’ombra di una vita da scriba (senza poteri né perversa vendetta), scrupolosa, sincera, necessaria, come un dovere di vita privata e collettiva nel contingente. Trovo formidabili le sue sapienti sferzate rifilate - e intagliate - adottando un metro misuratamente elastico, vedi la bruciante chiusura “Spaghetti welfare” dell’epigramma che dà il titolo alla raccolta, uno sberleffo pregno di virulenza ineccepibile che restituisce alla loro reale dimensione umana certe esaltazioni deviate del mondo della celluloide (“spaghetti western”), scadute a esagitati fenomeni di in/costume. L’obiettivo primario è spingere la sperimentazione linguistica - non un semplice “gioco di parole” -, condotta direttamente sul parlato, oltre ogni riduttiva e alienata significazione, facendone deflagrare le becere contraddizioni interne con un’im/mediata capacità di trascrizione. Sono inusuali figurazioni istantanee, perfettamente mirate e centrate, che fotografano un’epoca - la nostra - teatralmente lasciva e sfigurata. (…) “C’è, nel leit-motiv comico di questi attacchi satirici, in apparenza saltuari, un forbito e mai confuso movimento di erranza, che ricorda maestri e poeti d’archivio, da cui l’Autore riprende gli avvii, le intrinseche espressioni di graffio, proposte di disseminazione ironica che rendono il discorso agile per tutti, scritto a passi di danza, umoroso e amaro, frutto di riflessioni intime, rifiuti non certo disarmati di mondo, di tecniche adulterate dal benpensantismo, che incidono sul percorso della vita dal punto di fuga, sulla sintesi riscoperta, sullo slow estroso e familiare, sui risvolti consecutivi e decisi fino all’ultimo piccolo verso dei suoi assalti, concepiti come dissenso e risposta mai compiuta.”
In De Napoli il filone satirico-epigrammatico – in Italia mai sufficientemente in auge, forse perché la rozza suscettibilità degli italiani impedisce una sana funzione autocritica – consiste in coraggiosi atti d’accusa, in una franca e decisa condanna delle variopinte nomenklature partitiche, economiche e sindacali, viscidamente avvinghiate ad un sistema mediatico che, come una piovra, corrode e degrada, ma del quale il teatrino della politica non potrebbe fare a meno.
La raccolta, composta da oltre un centinaio di epigrammi, è una miniera di scoppiettanti provocazioni intellettuali, tutte originalissime, che colpiscono per la freschezza e la pregnanza delle trovate. Ecco qualcuno di questi componimenti.
WELFARE ALL’ITALIANA
Al Nord
dalla culla
alla bara.
Al Sud
dal bar
alla bara.
Spaghetti welfare.
MOCCIA
Creò una scuola
di scrittura
che ebbe
molti seguaci,
i mocciosi.
DONNE IN CARRIERA
Una volta
ragionavano
con l’utero.
Oggi usano
il comp-uter.
CONSOLAZIONE
Neanche all’erario
rende
l’impegno
letterario.
SAGGEZZA POPOLARE
Ieri:
“Si muore
a momenti”.
Oggi:
“Si campa
a momenti”.
DISFIDA CIOCIARO-PONTINA
Libero De Libero
fa sparlare
di sé.
Ignoto
resta
il Poeta.
CIOCIA / RIA
Labriola e Di Biasio
non figli,
figliastri.
Fu Restagno
il re
dello stagno.
maggio 2012
in recensioni e presentazioni: |
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