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Dell’educare. 101
“Ricordati che…”.
Aldo Ettore Quagliozzi
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“(…). Ricordati che, proprio perché sono giovanissimi, ti temono persino quando fanno gli sfrontati, e che o ti fai stimare senza farti temere oppure hai fallito. Ricordati che non devi pronunciare nemmeno una parola che tu non sia in grado di giustificare a te stesso e a loro. Ricordati che ciò che insegni deve visibilmente appassionarti , altrimenti non ti daranno credito. Ricordati che niente – assolutamente niente – di ciò che insegni deve servire solo a tormentarli. Ricordati che, cautamente, dovrai chiarire che a molte delle loro domande non sai rispondere. Ricordati che ciascuno di loro vuole essere amato esattamente come tu vuoi essere amato da loro. (…).”
Ho tratto la breve, precedente citazione dallo splendido volume “Solo se interrogato” di Domenico Starnone. Ed il Suo ripetuto “ricordati che…” è rivolto sì all’insegnante nella sua quotidiana, meritoria (non sempre, in verità) attività, ma soprattutto è rivolta all’uomo (senza caratterizzazione di genere), ovvero alla sua sensibilità umana. Abbiamo a che fare con “persone” che ancora “annaspano” nella ricerca difficile e tormentata di una individualità a tutto tondo. È pur vero che essa, quella individualità tanto agognata, rimane moltissime volte appena “abbozzata” come se l’artigiano, per quanto bravo ed agisse di buzzo buono, non avesse potuto, per molteplici motivi, portare a termine l’opera sua. E l’artigiano della vita, di ciascuna vita, è la “persona” in quanto tale, che reca il pesante compito di dare compiutezza alla propria individualità. Ma il fare non è disgiunto dal contesto in cui la “persona” giovane vive ed opera poiché la famiglia, la società e la scuola operano sì a raddrizzare - spesso molto maldestramente – e ad indirizzare la barra di quella ricerca, che il più delle volte rimane in tutto o in parte incompiuta.
Queste brevi mie puntualizzazioni fanno da prologo ad un interessante lavoro di sintesi, che di seguito propongo in parte, che ha per titolo Ragazzi troppo insicuri” della giornalista Enza Loddo, lavoro di sintesi che ha preso in considerazione una indagine condotta dal C.N.R., sotto la direzione della dottoressa Patrizia Vermigli, su di un campione di 1.800 ragazze e ragazzi delle Scuole Medie Inferiori e Superiori. I dati che ne emergono fanno pensare alla grande responsabilità che grava sulla scuola affinché ai ragazzi venga offerta l’opportunità che la compiutezza della loro individualità si realizzi.
“(…). Solo l’11% degli studenti possiede una forte autostima rispetto alle proprie capacità scolastiche. (…). …gli insegnanti rischiano di giudicare i ragazzi più per le loro caratteristiche comportamentali, che per le loro capacità effettive. (…). ‘Un ragazzo che crede in se stesso (…) a scuola si rivela ottimista, fiducioso nelle proprie possibilità, con una notevole serenità anche nell'affrontare le situazioni negative’. (…) ...sul versante dei docenti lo studio dice che essi ‘ tendono a sottovalutare o sopravvalutare le capacità cognitive degli allievi a seconda che essi posseggano o meno quelle caratteristiche che rendono lo studente ricettivo rispetto agli stimoli offerti. Così un ragazzo troppo timido, il quale ‘è il risultato di una lentezza temperamentale nell’approccio a situazioni nuove’ inibisce le interazioni sociali e dà l’impressione ai docenti di avere poco interesse. ‘Non bisogna essere studenti eccezionali per andare bene a scuola’. (…). ‘Quello che un individuo riesce ad apprendere è funzione non tanto del suo livello di quoziente intellettivo ma di un insieme di fattori che sono riconducibili alla sua personalità ed è necessario valorizzarne i lati migliori’. E in questo è importantissimo l’apporto degli insegnanti e dei genitori. Dunque vi sono caratteristiche temperamentali che determinano oggettivamente il successo scolastico, come per esempio la perseveranza, la distraibilità, il livello di attività e vi sono altre caratteristiche quali l’adattabilità, l’approccio, l’umore, che influenzano la valutazione dell’insegnante. Dall’analisi dei dati emerge che il fattore imprescindibile per un buon rendimento scolastico è il livello di autostima mentre la motivazione allo studio ha un’influenza minore. Ciò significa che il rendimento deriva non tanto ‘dalle situazioni reali quanto dalla valutazione che di esse il giovane si è costruito’. Ciò che un docente e un genitore deve fare è cercare di dare ai ragazzi una immagine positiva di sé. L’autovalutazione risente fortemente del giudizio degli altri e nell’età scolare soprattutto hanno grande importanza i docenti. Un altro fattore indispensabile è ‘creare nei ragazzi dei punti di riferimento su cui far leva che possono essere rappresentati sia da fattori esterni quali famiglia, insegnanti, compagni, che da fattori interni come per esempio sentirsi competente in una particolare attività o capacità interpersonale’. Oltre alla bassa percentuale di autostima, anche altri fattori importanti per il successo scolastico sono poco considerati: le relazioni familiari, l’emotività e l’adattabilità sociale (…). …il 18.4% del campione ha espresso chiaramente un disagio nel rapporto con il proprio corpo. (…). Per l’ Istituto di Psicologia il ragazzo di successo è tale ‘non tanto per le sue doti naturali, ma soprattutto per il fatto che le sue capacità hanno avuto modo di estrinsecarsi e di essere raccolte’. Il contesto scolastico, secondo il C.N.R. dovrebbe diventare ‘un luogo in cui la trasmissione di conoscenze non prescinde dalla persona’.”
N.d.r. Nel virgolettato interno al testo sono riportate da Enza Loddo citazioni dell’Istituto di Psicologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma.
aprile 2012
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