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Intuizioni sconfinate
Singlossie di I. Apolloni
Carmen De Stasio
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Arrovellata nella scelta tra due attività di scrittura, l’una relativa all’indagine critica intorno a un romanzo di quest’ultimo anno – ahimè un déjà vu della letteratura, con funesti dettagli evidenzianti un patchwork di letture ricordate e concordate per frammenti, e comunque meritevole di attenzione - e il volume Singlossie, datato 1997, ho optato per quest’ultimo. Il motivo è nel testo, è nella sintesi complessa e poliforme della scrittura di Ignazio Apolloni.
Conosco Apolloni attraverso i suoi percorrimenti culturali, in sospensione tra alternanze visive e tattili, gesti (di) memoria e punte di ironia. Lo conosco per via di personaggi che solcano il terreno fertile di un’immaginazione provvidenziale a rendere saggio il suo percorso, simile ad un lunapark o a un deserto in quanto luoghi di enigmi e misteri in attesa di rivelazione; dove tutto sembra fermo e placido ed invece è detentore di un mondo sommerso da scoprire da qui all’infinito. Ed è già infinito.
Ignazio Apolloni rappresenta in sé una pagina a caratteri cubitali nel territorio della letteratura di ogni tempo. Ricercatore del vero e navigatore di conoscenze. Indomito savio che si affaccia con penna e mente esclusive a cogliere al volo - sovente in casualità - ciò che è essenza, spiegata in quella che potrebbe essere una riflessione in forma di prefazione a se stesso.
L’operazione visivo-poetica Singlossie non è didascalica, né sarcastica e accidiosa; piuttosto è un convincente gioco a nascondino adottato come metafora elaborata attraverso l’ironia come strumentazione di indagine; un canovaccio entro il quale egli districa il suo impegno con la cultura, intelligibile già dalla stessa copertina del libro, sintomatica, essenziale di uno stile mai stilizzato, innovativo rispetto a se stesso, che si diparte da un territorio del colore brunito della terra, luogo solcato da milioni di individui prima di noi e territorio che sarà attraversato anche da generazioni future. Simile ma non identico. Ripercorribile come un concetto naturale di adattabilità già affrontato anche dalla sottoscritta in diversa misura e in diversi ambiti. La finestrella adagiata in posizione centrale e superiore permette al lettore di accostarsi alla silhouette dell’autore, ripreso nel profilo enigmatico di un pensiero che prende mille forme, che ingloba e diffonde lettere dell’alfabeto da ordinare in parole; che non si lega ad una foto come sosia di una realtà univoca, perché una sola realtà, invero, non esiste. E questo mi induce a pensare all’etimologia del verbo esistere, ex – sistentia, un risalire a come sviluppo gestito e reso funzionante a partire da una condizione precedente, che si allinea fino ad un certo punto del proprio essere e che non preclude l’incontro successivo con ambienti in cui l’attualizzazione della scelta abbia occasioni svariate per rendersi riconoscibile.
Egli scrive innanzitutto a se stesso, stabilisce scenari che commistiona con un essere globalizzante e complesso mai pregiudiziale a nuove percorrenze.
Tutto discorre e tutto concorda perché la versatilità sia soggetto ed oggetto di un territorio intellettuale, parsimonioso nelle chiarificazioni, ma provvido e fecondo per le illimitate potenzialità. Lettore e studioso accanito, osservatore direttamente coinvolto nei casi della vita, Ignazio Apolloni assimila quei tracciati trasformandoli e veicolandone l’essenza attraverso efficaci valvole e filtri esterno-interno perché da quei pertugi possano sconfinare in altro.
La molteplicità della deterritorializzazione apolloniana produce diversità a partire da discrepanze linguistico-strutturali, oltre che immaginative, distanti da un noioso palindromo che ripercorre sempre gli stessi tracciati. Evoca un simultaneo affollamento di stimoli che risuona di concordanze filosofiche mai incanutite dal tempo, che permettono di fermarsi ad ogni pietra angolare che distingue l’essere pensante dall’essere che accoglie nel suo seno tutto quanto faccia indelebile ed inopinabile parte della propria esistenza. In accanita – ma sempre gentile - discussione contro il sostanziale surrogato esistenziale che nientifica l’essere stesso uomo, che si accredita, secondo un mio assioma, nell’esclusivizzante ambizione crescenziale, tipizzante, distributiva, traslante e scalena.
Soprattutto questa caratteristica mi preme definire all’interno del percorso delle Singlossie, fenomeni naturali in attesa che qualcuno ne determini il nome in quanto compendio di un’intrinseca e proiettiva vivacità.
Nella puntuale e multiforme immagine si riscontra una convessità che quindi dilata confini fin verso un orizzonte sulla cui linea immaginaria si staglia il complesso di suggestioni che l’autore riceve dall’esterno sentito, percepito, assommato, impilandone i segni e riscoprendone la verve cromatica attraverso bagliori che permettono all’intellettuale fantasmagorico di applicare tutte le opportunità per miscelare in maniera selettiva i sigilli magniloquenti del suo territorio.
… la storia procede per scarti…
(DALLA GNOSEOLOGIA ALL’IRONIA – Singlossie, pag. 7)
L’affermazione ha una valenza che supera le confinazioni diacronico-sincroniche e conferisce una visuale convergente che permette all’autore di portare a conciliare le sue osservazioni con i luoghi totali esteriori assimilati, comprensivi degli spazi strutturali antropici consolidati e frastagliati, dalle cui spigolosità viene ribadito il continuo risveglio (mentre altri dormono negli scarti). In tal senso scopro sottilmente la trama sotterranea che unisce soggetto, verbo, oggetto in un’immagine che è parola di pensiero, immagine di pensiero, pensiero traslato in immagine esaustiva di un’unione pertanto inscindibile nella misura in cui elimina le ampollosità, le distribuzioni eccentricizzanti, perché possa quindi essere suggellato un pensiero pensante in una parola parlante. In un oggetto-azione qualificante altresì per l’elemento grafico, forma dell’orientamento intenzionale dell’autore-artista, il quale supera in questo modo la visione reale, comprime contenuti concettuali e sensoriali in una geometria nella quale luce e cromia vanno ad integrarsi con una semantica emozionale comprensiva.
È dunque una multidimensionalità nella quale gli elementi strutturali non cedono alla sovrapposizione, ma ad un mescolamento obliquo, interferenziale, aereo, in equilibrio con le sollecitazioni generate da un impegno fortemente sociale, filosofico, pragmatico, ricercativo. In esso il Come apolloniano è una linea astrale che incrocia piani scientifici ed intuitivi, esperienziali, traghettati nel segno profondo dalla presenza silenziosa e vagheggiante di due figure umane riprese nell’azione di procedere da un qui ad un altrove, da un presente atemporale verso un orizzonte non rivelato, nell’attualizzazione di una rinnovabilità in cui ritrovare sensibilità ed energia intellettiva non già antitetici, quanto come luoghi di un’esperienza–conoscenza in progressione come basi per la costruzione di una neo-architettura ellittica, ipostatica, che distorce senza aggrovigliare; che si avvale di una sperimentazione linguistica tesa a comprimere in sé interessi profondi, traiettorie storiche edificanti e movimenti visibili e sotterranei da interpretare nell’equilibrio sinergico, simultaneo della varietà del punto di vista.
Non v’è dubbio che non si possa parlare di vera e propria amarezza nelle illustrazioni di Ignazio Apolloni, giacché egli presume il fatto senza scindere parametri essenziali all’integrità dell’azione di verbo-creazione in fantasiosa configurazione. Ogni condizione è condizione del totale, appartiene al totale, pur dilatandosi in ogni direzione al fine di incontrare altro e altro ancora. Perché così possa incontrare altro. È un percorso che si dilata per comprendere altre situazioni che insieme vengono a comporre una metafisica anti-statica che, pur mantenendo la struttura primordiale, raggiunge dimensioni mobili per la presenza di nuovi suggelli, nuovi suoni, nuove inter-.letture. Una questione dunque che resta costantemente aperta e che non giunge mai a conclusione definitiva. W B Yeats aveva a suo tempo, sebbene non fosse nemmeno il primo, conferito al processo vitale la forma dinamica simbolica del gyre, il cui movimento vorticoso alternato, ritmico, affrettato, rallentato implementa lo spazio allargando la visuale percettiva oltre il punto fermo, in bilanciata espansione nell’infinito orizzontale-verticale fino ad annullare qualsiasi effetto ipnotizzante, catalizzante. Paralizzante.
Una action painting in forma evolutiva anti-monolineare di
»= ambiente »= ambiente storico »= idea »= parola »= strategia »= luogo »= immagine »=<
Vento infinito-indefinibile dell’arte
Più che affermare ciò che possa essere, dunque, mi piace soffermarmi stranamente su quanto la Singlossia non é, ovvero annacquamento o struttura solidificata o impulsiva. Osservazione dell’osservazione. Meditazione provocatoria per nuovi ambiti. Potenziale di cultura che si riallaccia a diversità molteplici di trascorsi, esenti dal frastuono contemporaneo della società dei replicanti, che, anziché facilitare la variabilità prospettica, ambisce a raggiungere la centralità assoluta del particolare, distanziando quindi il soggetto dall’oggetto, eliminando elementi distintivi e strutturanti la convergenza, ottimizzando elementi di per sé fuorvianti, inutili.
Lo stesso Ignazio Apolloni, nell’introduzione al testo si sofferma sul valore demistificante, ossimorico dell’arte che ambisce a rappresentare il mondo (DALLA GNOSEOLOGIA ALL’IRONIA – Singlossie, pag. 7) .
Il consolidamento della grettezza prospettica, anziché diffondere la parola parlante-pensata-pensante, si evolve attraverso l’aggettivazione spicciola, presumibilmente ricercata, affettata e dunque anti-libera, che ricorre a fraseologia povera, demitizzata, gommosa, ridondante, autoreferenziale e suggellata dall’io dilagante,devastante in un territorio sabbioso intriso di rabbia, che pur si cela dietro l’ironia apolloniana, che domina il segno di amplificazione come volo di aquilone, come ebbi tempo fa a scrivere a sostegno di un’opera scultorea:
Ignazio Apolloni è uomo del Suo tempo, un tempo in cui la scientificità e il pragmatismo delle strutture mentali ambiscono a riconsiderare il visto-vissuto nell’alone di impurità. Egli ne fa affiorare divergenze e convergenze; elimina gli orpelli aggettivali e le vesti consumistiche e debilitanti e costruisce in essenze visivo-immaginative un teatrino sul cui palcoscenico viene sceneggiato l’anti elogio alla massificazione delle idee in un giardino allusivo, sintesi di astrazioni e distrazioni, con il proposito di viverlo con la destrezza-volontà di allontanarsene al fine di riceverne una percezione orizzontale e proiettiva, in essere stanziale e dinamico, con un legame indissolubile con territori e tempi aviti, appena trascorsi e di là da venire.
COME ESSERE POESIA >
> ESSERE COME POESIA >
> POESIA COME ESSERE >
> ESSERE POESIA COME
Il legame tra Ignazio Apolloni e il suo tempo conferisce unità ed unicità di riflessione: accanto alla allusione immediata egli configura la rinnovata-rinnovabile freschezza interna a immagini significative sfuggenti, che sottintendono una poesia nella duplice e distraente dimensione di struttura lineare, fagocitante o come tratto ermetico di maniera: nella neo poesia ermetica si riscontra uno scimmiottamento senza particolari approfondimenti di metodi che, applicati nell’oggi della cultura frantumata, ambiscono a rendere facili, fattibili, veloci = approssimativi quelle manifestazioni del pensiero. In tutto questo egli agisce con un senso di relatività che matura nella forma congeniale di un percorso che ha sempre un inizio soffuso e che in questa operazione di espressione culturale a base poetica si esprime e si confronta con l’immedesimazione dell’essere con il modo, con lo stile, nel quale maturare per poi sconfinare nell’adozione di ciò che è Cosa.
In altri termini, nulla è lasciato al caos, giovandosi di un’organizzazione il cui punto iniziale è un Come = adozione di sistemi da parte di chi non accetta l’amorfismo e l’assenza motivazionale. Che richiede sempre una base del Come. Lasciando che il Come stesso si faccia poesia, che una parola diventi elemento di creazione a partire dall’ambiente esterno, da cui distanziarsi per evitare di Agire Come e soffermarsi sul Come dell’Agire.
Da qui il passaggio verso la definizione di Poesia è atto dovuto nell’esplicazione dei meta linguaggi e nella meta concentrazione dei livelli e degli stadi di approfondimento.
Come scardinare quella combinazione auto referenziale e oltranzista che dall’io si muove in senso elastico all’io stesso? Che dalla bocca si estende esclusivamente al suo ombelico?
Le traiettorie vagheggianti sull’argomento Poesia hanno una base di partenza: il mio Come si allarga a rendere universalmente riconoscibile e insieme opinabile-discutibile ad abbracciare o dissipare con risposte avversative-esortative, piuttosto che con frettolosi ostracismi e negazionismi livellanti.
Essere o poesia? Questo il bilemma
(pag. 79 – Singlossie)
Nella trama delle riflessioni rese in immagini allusive l’autore-artista-pensatore cela il suo profondo interesse per l’uomo, la cui forza propulsiva a riconoscere secondo il proprio afflato mentale, percettivo, poetico, infine, si pone a sostegno principale dell’impalcatura di senso e dissenso quali espressioni consolidanti il segno di vita. Dunque un Essere Per Essere diverso da un Essere Per Somigliare, dalla cui essenza scaturisce un essere che è già in sé una Poesia Da Svelare. Una sospensione costante che non pregiudica nulla, che è + il proprio contrario nel bilemma che si rafforza in quanto facilitatore di concrete visioni in un approccio sereno mai fuorviante, poiché
la poesia si vive anche quando si tace
(pag 94 - Singlossie)
La versatilità di scrittura è altresì parte di questo quadro esplicativo, in quanto essa configura le intonazioni e la ritmicità adeguata. Il segno diviene segnale di lettura e di interpretazione non meno che l’idea, punto di forza e intermediazione tra un movimento in dominanza che rinvigorisce esaltando la suggestione del significato. Esplode con una polisemantica applicata che indugia e scivola verso il territorio della velocità. Diviene sketch, scenetta sintetica e breve, ironico tratto di un pensamento che sembra avviarsi verso la conclusione, nel linguaggio mediato dalla pubblicità, che si districa nella realtà del tutto e subito di maniera, se ne appropria per scongiurarne la fine. Lo trasla infine secondo un proprio metodo che identifica la soggettività di chi la crea e si dilata verso la propagazione di nuovi orizzonti.
Un segno di libertà che appalesa condizioni di nuove libertà.
Sarà tutto questo la Singlossia?
Essere in divenire
Divenire essendo
Divenire dell’essere
L’idea illuminante lascia defluire il pensiero prima che le tenebre oscurino ed estinguano riflessioni. Azione proiettiva che si amplia in territorio vergine, dove la coscienza di nuove geografie possa avere realizzazione.
Un Dove nel quale l’impegno si storicizza con la reintegrazione del segno-significante di parola-immagine, manifestazione sommativa per imminenti rinascite.
ottobre 2011
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