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Terre sognate
Mario Amato
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Il destino beffardo aveva voluto che gli fosse assegnato il nome John Milton, ma lui non aveva niente a che fare con il grande poeta, tuttavia i loro destini si erano in qualche modo incrociati, seppur a distanza di secoli.
Ora John Milton, marinaio e piccolo criminale, stava seduto nel banco degli imputati ed ascoltava il procuratore o l’avvocato, comprendendo ben poco delle belle parole sottolineate da ampi gesti delle mani. Più che ascoltare, John sentiva, perché il suo sguardo vagava oltre le grate della grande finestra, raffigurandosi il mare infinito, l’odore del sale sulla pelle, i salti dei delfini che sempre seguono le navi, le enormi balene, i voli dei gabbiani, il sole al tramonto o all’alba. La sua mente si concentrava sullo strano vascello che aveva visto qualche settimana prima ed anche sul suo nome.
John Milton, uomo di mare analfabeta, non aveva mai saputo che secoli addietro fosse vissuto un poeta suo omonimo, finché il capitano di una nave non glielo aveva rivelato. Il capitano gli aveva anche raccontato che John Milton, il poeta, aveva parlato di un paradiso perduto. Per qualche strano capriccio della fantasia, il marinaio si era messo in testa che quel poeta fosse un suo avo ed aveva voluto conoscere la storia del paradiso dal quale furono allontanati gli angeli, ma ciò che più lo colpì fu la nostalgia degli esseri celesti per la loro primigenia dimora.
John, il marinaio, iniziò a fantasticare di terre lontane, dove scorrono fiumi di latte e miele, dove basta raccogliere i frutti della terra per vivere e dove fanciulle bellissime sono sempre disposte a concedere l’amore. Egli sognava di questi mondi sia durante il giorno, ad occhi aperti, sia di notte quando dormiva. Riconosceva che erano soltanto chimere, ma con il passare del tempo si convinse che quelle terre esistessero, anche se a volte le confondeva con isole o profili di coste viste durante i suoi viaggi, che ormai non intraprendeva più, perché John Milton, il marinaio, era vecchio e non poteva più arrampicarsi fino in cima all’albero maestro e guardare il mare fino alla linea dell’orizzonte.
La nostalgia dell’antica vita diveniva ogni giorno più struggente; una vita trascorsa ora su una baleniera ora su un galeone ora su navi da crociera, ma anche in mille e mille taverne, ubriacandosi e partecipando a risse violente, rubando quanto poteva a piene mani. Sì, John Milton, non era mai stato un uomo onesto e la prospettiva di una nuova vita lo incantava. Nei suoi sogni nei nuovi mondi c’era la fonte dell’eterna giovinezza. A causa di questi sogni ora si trovava in tribunale, accusato di omicidio, perché per la prima volta aveva ucciso. Non era mai stato un uomo dabbene ma neanche un assassino.
Tutto era avvenuto in modo rapido: una sera, John Milton, il vecchio marinaio, si era recato all’osteria vicino al molo, dove entrava il noto caro odore della salsedine; si era seduto ad un tavolo ed aveva cominciato a bere uno dopo l’altro bicchieri di alcol. È risaputo che l’alcol scioglie la lingua e John aveva cominciato a parlare di una terra meravigliosa dove sarebbe andato presto a vivere; e descriveva questa terra con dovizia di particolari: alberi da cui pende pane ed ogni vettovaglia, ruscelli in cui basta affondare le mani per ritrarle colme di oro, animali che parlano con gli uomini offrendo loro servigi ed altre assurdità.
All’inizio gli avventori non avevano fatto caso a quell’uomo che parlava da solo, poiché in quel genere di taverne si è avvezzi agli ubriaconi, poi, con l’inoltrarsi della notte, qualcuno aveva iniziato a canzonare John Milton, dandogli del pazzo e del bugiardo. E più John parlava, più divenivano sonore le risate, finché il vecchio marinaio si era infuriato, si era alzato dalla sua sedia di scatto, perché l’ira gli aveva ridato l’antica forza, ed aveva pugnalato a morte il primo che gli si era parato davanti. John, ricorderete, non era mai stato un assassino e vedendo quell’uomo a terra, con il suo pugnale conficcato nel petto, precisamente dove batte il cuore, anzi dove pulsava poco prima, era stato preso dal terrore. Nella sordida bettola era sceso il silenzio, anche se si può immaginare che episodi simili fossero già accaduti, ma forse c’era la meraviglia che un uomo già abbastanza avanti con gli anni potesse compiere un simile delitto.
John non si guardò intorno, ma fuggì di corsa. Prima l’ira gli aveva dato forza, ora la paura aveva messo le ali alle sue gambe, nonostante l’ubriachezza. E dove corse John? Verso la sua vera casa, verso il molo, verso il mare; giunto qui si fermò e rimase a guardare verso l’oceano, ma le stelle non brillavano quella notte e la luna era assente dal cielo infinito; tutto era avvolto da una fitta nebbia.
John tremava, quando tra la caligine apparve una nave; “apparve” non è il termine adatto, perché i contorni del vascello si tracciarono lentamente dinanzi agli occhi del marinaio John Milton, sorti dal nulla o provenienti dalle ignote profondità del mare. Un uomo con la giacca da ammiraglio si sporse e salutò John; sul suo cappello c’era scritto “Capitan Angelos”. Il capitano chiese a John se avesse intenzione di salire a bordo e questo rispose a sua volta con una domanda: “Qual è la rotta?”; “La terra promessa” replicò l’altro; “Quando si salpa? ”; “Domani, c’è sempre un domani per ognuno di noi”.
Così com’era apparso, il vascello svanì nella nebbia. John rimase immobile, guardando nel nulla, impietrito: così lo trovarono i due poliziotti che giunsero ad arrestarlo all’alba. Il vecchio marinaio non oppose resistenza, ma disse soltanto: “Non posso venire con voi, devo partire”.
Alla stazione di polizia, in tribunale, quando veniva interrogato, John continuava a ripetere di dover partire. Il processo fu breve; è vero che nessuno degli avventori dell’osteria si presentò a testimoniare, ma la giovane cameriera Maria era religiosa e rispettava la legge e i comandamenti e non fece falsa testimonianza. Il giudice Recht condannò a morte John il marinaio.
Una settimana più tardi il suo corpo penzolava da una corda nella pubblica piazza. Anche prima di esalare l’ultimo respiro, i pensieri del vecchio marinaio furono rivolti al viaggio verso la terra promessa. Se credete che l’apparizione del vascello fosse dovuta all’alcool, ascoltate il seguito della storia, se la pazienza vi basta.
Maria uscì dal tribunale sconvolta, consapevole che le sue parole avevano decretato la morte di un uomo. Maria non era nata nel paese dove ora lavorava, ma in una terra lontana, dove l’unico spettacolo erano immense pianure eternamente innevate. Fin da bambina aveva una terra benedetta da un sole caldo e vicino, e appena giovinetta era fuggita da casa e aveva percorso a piedi migliaia di miglia, affondando i piedi nella neve, dormendo al freddo e al gelo, finché era giunta in una città di nave e si era imbarcata sulla prima nave diretta verso sud.
Aveva lavorato in molti paesi diversi cambiando mille mestieri. Non aveva ancora trovato la sua terra promessa e riteneva il lavoro nell’osteria presso il molo soltanto una tappa verso il mondo solatio sognato fin dall’infanzia. Ora desiderava ancor più continuare il viaggio, perché nella sua mente appariva l’uomo che lei aveva condannato con la sua testimonianza. La notte sognava John Milton appeso alla corda, ma il marinaio parlava e la invitava a seguirlo in una terra stupefacente, priva di assassini, di poliziotti, di giudici e – ahimè – di cameriere che non sanno tacere. Maria si recava sempre a lavoro; una sera due clienti chiacchieravano del crimine avvenuto nella bettola; Maria sentì scendere le lacrime sulle rosee gote e chiese il permesso di uscire per qualche minuto.
C’era la luna piena e le stelle splendevano; camminò fino in fondo al molo; si udiva soltanto il mormorio placido del mare e il singulto di Maria. Lo sguardo della fanciulla si spingeva fin dove l’orizzonte faceva incontrare mare e cielo, ma forse ella non vedeva nulla, perché i suoi occhi erano colmi di pianto. In quell’assoluto silenzio accadde ciò che anche John Milton aveva visto. Era forse il turbamento dell’anima? Era forse l’ossessione per la terra tanto desiderata? Il capitano Angelos promise anche a Maria la terra promessa, e subito si dileguò con il suo vascello. La giovane si sentì sollevata e pronta alla nuova avventura, quando un’onda, nata chissà da dove, la colpì facendola cadere in mare e trascinandola lontano.
Nessuno conobbe mai il destino di Maria.
Abbiate ancora un poco di pazienza, perché la storia non è ancora terminata.
Dovete sapere che il processo contro John Milton era l’ultimo presieduto dal giudice Recht. Dopo ci sarebbe stato soltanto il meritato riposo.
Il giudice Recht non avrebbe voluto terminare la sua carriera con una sentenza capitale, ma le prove contro il marinaio erano schiaccianti e la sincerità della cameriera era indubitabile. Spesso il magistrato aveva assistito alle esecuzioni capitali, ma non aveva avuto il coraggio di osservare quella del suo ultimo condannato. John Milton non si era arreso neanche dopo morto e spesso era apparso in sogno anche al giudice, parlandogli non con odio, bensì con dolcezza, raccontando della nave e del capitano Angelos e della terra promessa.
Il giudice, abituato a considerare la realtà dei fatti, non aveva dato peso a quel sogno, ma poiché esso era sempre più ricorrente, una notte aveva deciso di controllare se il vascello esistesse o fosse invece frutto degli ignoti profondi recessi dell’anima. Sul molo apparve anche al giudice il capitano Angelos che gli rivolse le medesime parole dette a John ed a Maria.
Il giorno seguente il giornale riportava la notizia del decesso del giudice Recht, trovato senza vita sul molo. Colpo apoplettico, infarto, riferiva il giornalista.
Potrei raccontarvi la storia di molti altri che trapassarono dopo aver visto il vascello, perché quella nave salpa ogni giorno verso la terra promessa, carica di anime e di sogni.
Quanto a me, non ho alcuna intenzione di imbarcarmi, perché la mia terra promessa è tra le righe di questo racconto …
luglio 2011
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